Posso dare il cellulare a mio figlio piccolo?

22 Ottobre 2019 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Oggi persino i bambini in età prescolare hanno spesso accesso a un telefono cellulare, e crescono in un ambiente pervaso da Internet, computer e videogiochi, che con molta forza catturano la loro attenzione. Secondo uno studio americano la percentuale di bambini di età compresa tra 0 e 8 anni che utilizza dispositivi multimediali è aumentata dal 38% nel 2011 al 72% nel 2013. Se si pensa ai bambini di età inferiore ai 2 anni l’incremento è stato persino maggiore, passando dal 10% al 38% [1]. Le conferme arrivano da un altro studio, condotto su 350 bambini dai 6 mesi ai 4 anni sulle abitudini in ambito tecnologico: quasi tutti (96,6 %) utilizzano media device e molti di loro (92%) iniziano a usarli nel primo anno di vita e all’età di due anni li utilizzano giornalmente [2]. In Italia sono disponibili pochi dati riguardo l’utilizzo dei media device da parte dei bambini, ma uno studio recente ha evidenziato che il 20% dei bambini usa uno smartphone per la prima volta durante il primo anno di vita e che l’80% dei bambini tra i 3 e i 5 anni è capace di usare il cellulare del genitore [3].

Mettere il cellulare in mano al proprio figlio, però, sembrerebbe essere dannoso. Soprattutto perché i genitori spesso li danno ai loro bambini quando devono occuparsi delle faccende di casa, per distrarli nei luoghi pubblici, a tavola e per metterli a letto. In aggiunta, i genitori spesso usano il cellulare come “pacificatore”, dandolo al proprio figlio per calmarlo durante il primo (30%) e il secondo (70%) anno di vita [3].

Posso dare il cellulare a mio figlio piccolo

Non dimentichiamoci, inoltre, che è tipico dei bambini volere anche per sé gli oggetti del desiderio degli adulti e sono ben pochi i genitori che riescono a dire di no. Come scrive Sherry Turkle, professoressa di Sociologia della scienza e della tecnologia al Massachusetts Institute of Technology di Boston, che da anni studia la psicologia degli uomini in relazione con la tecnologia, “che siano mamme intente ad allattare o papà che spingono passeggini, raramente il loro cellulare non è bene in vista. Nuovi studi mettono addirittura in correlazione il numero crescente di smartphone con l’aumento di incidenti nei parchi dove i bambini giocano, perché genitori e baby-sitter, quando sono al parco, rivolgono la loro attenzione al telefono” [4].

Che conseguenze può avere sui bambini l’uso del cellulare e dei media device?

Nel giugno del 2018 è uscita una ricerca della Società Italiana di Pediatria (SIP) che ha mostrato che una precoce e prolungata esposizione alla tecnologia digitale ha effetti dannosi sui bambini, soprattutto sullo sviluppo neuro-cognitivo, sull’apprendimento, sul benessere, sulla vista, sull’udito e anche sulle funzioni metaboliche e cardiocircolatorie.

Inoltre, recenti studi hanno dimostrato che l’utilizzo da parte dei genitori di media device influenza la sicurezza del bambino, il suo benessere psichico e le interazioni familiari. Questi strumenti, infatti, interferendo nella relazione diretta tra bambino e genitore possono avere un impatto sullo sviluppo cognitivo, linguistico ed emotivo [5]. In particolare, secondo la ricerca SIP:

  1. apprendimento: l’uso dei touchscreen potrebbe interferire con lo sviluppo cognitivo dei bambini che necessitano di un’esperienza diretta e concreta con gli oggetti e con gli strumenti in modo da affinare il pensiero e la capacità di risolvere i problemi. Per di più non esiste alcun sostituto dell’interazione diretta con i genitori. Un bambino di età inferiore ai 3 anni può apprendere nuove parole attraverso video solo se c’è qualcuno con lui che aggiunge altre informazioni verbali e non verbali durante lo svolgimento delle varie sequenze;
  2. sviluppo: un’elevata quantità di tempo speso davanti allo schermo è correlata a scarsi risultati nei compiti, a bassi livelli di attenzione e anche a povere relazioni con i pari;
  3. benessere: l’utilizzo di strumenti elettronici durante l’infanzia per più di due ore al giorno è associato a un aumento del peso corporeo e a problemi comportamentali. Alcune evidenze suggeriscono anche una correlazione tra l’utilizzo di tablet e il dolore posturale soprattutto a collo e spalle;
  4. sonno: l’uso dei dispositivi multimediali può interferire con la qualità del sonno a causa dei contenuti stimolanti guardati o dell’esposizione alla luce chiara.

Dottore, allora cosa devo fare?

Innanzitutto, è fondamentale sapere che una adeguata interazione genitore-bambino è essenziale per lo sviluppo del sistema comportamentale e neuro-cognitivo del bambino. L’uso del cellulare o di altri media device, invece, comporta poche interazioni verbali e non verbali tra le due parti, conflitti, reazioni insolenti e oppositive e comportamenti non emozionali. La Società Italiana di Pediatria, in accordo con l’Associazione Americana di Pediatria e con le linee guida australiane, ha dato, sulla base di evidenze cliniche, alcune indicazioni ai genitori [5]:

  1. Nei bambini di età inferiore ai 2 anni raccomandiamo l’astensione, durante i pasti e nell’ora prima di andare a dormire, dalla visione di programmi frenetici e rapidi, con contenuti distraenti o violenti, e dall’utilizzo di media device come pacificatori per mantenere calmi i bambini in luoghi pubblici.
  2. Per i bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni suggeriamo di limitare l’esposizione a meno di un’ora al giorno, mentre per i bambini di età compresa tra i 5 e gli 8 anni a meno di 2 ore al giorno – in ogni caso consigliamo programmi di alta qualità e solo in presenza di adulti.
  3. I genitori devono seguire i bambini nell’uso dei dispositivi per promuovere l’apprendimento e le interazioni e monitorare il contenuto dei media e delle app che vengono scaricate.
  4. Per essere certi della sicurezza dei media device utilizzati, i genitori dovrebbero confrontarsi con i pediatri su cosa stanno vedendo i bambini e su tutte le ricerche associate.
  5. I genitori dovrebbero limitare il loro stesso utilizzo dei media device perché i bambini sono grandi imitatori. Un ulteriore legame con i bambini può essere ottenuto interagendo, abbracciando e giocando con loro anziché utilizzare cellulari o altro. Le interazioni volontarie tra bambino e genitore, infatti, rimangono sempre la migliore strategia per una crescita sana.

“In un momento di quiete, i bambini dovrebbero avere l’alternativa di potersi rivolgere alla loro vita interiore, invece vengono allontanati da volti e voci umane, lasciando che siano degli schermi a fare quello che un tempo erano delle persone a fare, per esempio leggergli qualcosa e giocare con loro”, scrive Sherry Turkle. “Giocare a dama con i nonni è un’occasione per parlare; giocare a dama con un programma per computer è un’occasione per concentrarsi su strategie e forse essere lasciati vincere” [4].

Posso dare il cellulare a mio figlio piccolo“Naturalmente” conclude la sociologa del MIT “esistono diversi modi di utilizzare il computer che spronano i bambini a lavorare in modo creativo: per esempio quando i bambini non si limitano semplicemente a giocare con i videogame, ma imparano anche a programmare, così da realizzare da soli i loro giochi. Se però diamo per scontato il fatto di vedere dei bambini immobili davanti a uno schermo, ecco che quel fatto diventa la nuova norma, e smettiamo di fare attenzione ai dettagli, cioè smettiamo di vedere esattamente che cosa compare sugli schermi dei nostri figli. Quello che dobbiamo fare è invece smettere di considerare un bambino e uno schermo di computer come naturali compagni di giochi. Solo allora riusciremo a fare un passo indietro e a notare che cosa si vede esattamente su quegli schermi” [4].

Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
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