Il sushi ha conquistato anche gli italiani. Soprattutto gli “sperimentatori”, quelli che hanno piacere a fare scoperte anche a tavola, come riportato da un’indagine della piattaforma Uber Eats. Nello specifico il sushi conquista gli italiani per il gusto (59%), per la sua varietà e forma (42%) e perché adorano che sia esotico (23%) [1]. Evidentemente, l’alimentazione degli italiani è molto esposta all’influenza asiatica, se è vero che anche gli spaghetti arrivano da laggiù.
Il sushi è nato in Cina, lungo il fiume Mekong, nell’Asia meridionale, per poi arrivare in Giappone [2]. Nasce più o meno intorno al XV secolo come pesce intero fermentato conservato in riso salato non commestibile, quando le persone nella regione montuosa dell’Asia meridionale confezionavano il pesce con il riso e lo pressavano con il peso per conservarlo. Il processo di fermentazione durava un anno e a quel punto era possibile mangiare solo il pesce, scartando il riso.
È stata la cucina giapponese a ridurre il tempo di fermentazione e successivamente ad aggiungere aceto al riso, finendo col mangiare sia il riso sia il pesce. Nell’Ottocento, i ristoranti di sushi divennero popolari in Giappone e la pietanza iniziò ad essere servita con zenzero sottaceto e salsa di soia.
La popolarità del sushi, in Italia come negli Stati Uniti, mostra che la nostra dieta sta cambiando?
L’alimentazione è un’espressione culturale ed è anche molto influenzata dalle dinamiche commerciali ed economiche. Pensiamo per esempio al consumo crescente di pesce crudo: è una moda, in parte sostenuta da un falso senso di sicurezza indotto dal ritenere che il pesce sia un cibo sano, tanto più se consumato “al naturale”.
Dottore, intende dire che mangiare sushi fa male?
Non sto dicendo che fa male, ma bisogna tenere presente che se non consumato con attenzione e moderazione può essere dannoso per la salute, soprattutto se si cerca di ridurre il sodio e gli zuccheri [2]. Otto roll di tonno piccante possono contenere fino a 1.000 mg di sodio, quasi la metà dell’assunzione giornaliera raccomandata di sodio. E, in più, circa 15 grammi di zucchero aggiunto, che equivalgono a tre cucchiaini di zucchero [2]. Se contiamo pure la salsa di soia e lo zenzero sottaceto si fa presto ad arrivare a 2.000 mg di sodio. Il sito della Johns Hopkins University avverte che preparazioni come gli involtini di tempura di gamberetti o i dragon roll, che prevedono condimenti ancora più saporiti e “aggressivi”, rischiano di mandare all’aria qualsiasi buon proposito dietetico [2].
Va detto però che l’inchiesta prima citata offre elementi che possono tranquillizzarci [1]: il consumatore di sushi si riconosce soprattutto nella definizione di “pianificatore” perché sa riconoscere la giusta quantità per non esagerare (18%). Anche se il 12% è un “pozzo senza fondo” e il 7% si definisce “compulsivo” ordinando tutto quello che c’è sul menu.
Quindi l’unica preoccupazione riguarda il sale e la linea?
Non proprio. Il sushi a base di pesce crudo può essere una fonte di batteri o altri parassiti come la tenia e la salmonella. Le donne in gravidanza e in allattamento non dovrebbero consumare pesce che spesso contiene mercurio (pesce spada, sgombro o tonno). Alcuni studi hanno provato a misurare l’impatto del consumo di sushi sull’esposizione al mercurio con risultati che suggeriscono di fare attenzione, ma si tratta di ricerche non esenti da problemi di tipo metodologico che suggeriscono di considerare i risultati con prudenza [3]. Esiste poi il rischio dell’anisakis…
Dottore, cos’è l’anisakis?
Come leggiamo sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità [4], l’anisakidosi o anisakiasi è un’infezione parassitaria del tratto gastrointestinale causata dall’ingestione “di pesce crudo o non sufficientemente cotto contenente le larve di parassiti (nematodi) appartenenti alla famiglia anisakidae (che include i generi anisakis, pseudoterranova e contracaecum)”. Secondo le statistiche giapponesi relative ad alimenti e salute, tra il 2013 e il 2015 si sono verificati 294 casi di intossicazione alimentare da anisakis, con 301 individui interessati, e con lo sgombro come fonte più comune dell’infezione (62 incidenti, 21%). I filetti marinati, più che il sashimi stesso (pesce crudo), hanno causato casi di intossicazione alimentare legati al consumo di sgombro [5].
Che strano: mi avevano detto che il sushi era perfetto dal punto di vista nutritivo…
Lo dicono (e lo scrivono) in molti. Anche una università americana prestigiosa come quella di Cleveland scrive sul proprio sito che i pesci scelti per il sushi contengono i grassi omega 3, che riducono il rischio di malattie cardiovascolari o di malattie circolatorie. E la famosa Scuola di medicina statunitense si spinge oltre garantendo che gli ingredienti del sushi fanno bene alla mente e hanno proprietà antinfiammatorie [6].
Comunque sia, più o meno tutti gli alimenti hanno proprietà positive e negative. Consideriamo che perché un nutriente possa apportare i benefici per i quali alcuni lo raccomandano dovremmo consumarne… un camioncino per chissà quanti giorni di seguito. La scienza dell’alimentazione è una disciplina complessa che sconta le difficoltà di condurre ricerche rigorose: bisogna fare affidamento su studi osservazionali molto spesso influenzati da fattori confondenti che ne compromettono la credibilità. Riguardo il sushi, però, concluderemmo con una raccomandazione di buon senso – preferiamo fornitori o ristoranti conosciuti e dei quali possiamo fidarci – e con una segnalazione positiva: tre nutrizionisti statunitensi su quattro lo ritengono un alimento raccomandabile [7].
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