***AGGIORNAMENTO DEL 18 GENNAIO 2022***
A giudicare dalle statistiche riguardanti la pandemia di Covid-19 si direbbe che l’infezione da SARS-CoV-2 possa avere solo due esiti possibili: la morte o la guarigione. La situazione, invece, sembra essere più complicata di così. Nel corso dei mesi si sono infatti moltiplicate le testimonianze di persone guarite dalla Covid-19 che continuano ad avere problemi di salute di vario genere, anche a distanza di tempo. In alcuni casi, poi, questi strascichi sono tanto gravi da impedire alle persone affette di ritornare veramente a una vita normale. Il problema, emerso già nei primi mesi dell’epidemia in alcuni gruppi di pazienti sui social network [1], è stato definito “long Covid” o, in modo meno colloquiale, “sindrome post Covid-19”. Sebbene sia presto per stabilire quanto a lungo possa durare questa condizione, è evidente che di fronte all’elevatissimo numero di casi di infezione da SARS-CoV-2 il long Covid rappresenta un problema con conseguenze sanitarie potenzialmente enormi.
In cosa consiste il long Covid?
“L’esperienza suggerisce che un numero considerevole di pazienti sviluppa una sindrome post-virale che può debilitarli sotto molti aspetti per settimane e settimane dopo la cosiddetta guarigione e l’eliminazione del virus”. Così sosteneva all’inizio dell’estate scorsa Anthony Fauci, capo della task force statunitense per la gestione della pandemia di Covid-19 [2]. Nei mesi successivi, poi, il numero di pazienti che riportavano problemi di salute nonostante non risultassero più positivi all’infezione da SARS-CoV-2 è cresciuto a tal punto da diventare un argomento di discussione sempre più presente all’interno della comunità scientifica.
I sintomi sono i più vari. Uno studio italiano pubblicato la scorsa estate, basato sui dati relativi a 147 pazienti guariti dalla Covid-19, riportava che quelli più comuni erano – dal più frequente al meno frequente – la stanchezza, il respiro corto, i dolori articolari e quelli al petto [3]. La stanchezza è risultata essere il sintomo più diffuso anche in un recente studio dell’Università di Washington che ha valutato lo stato di salute di 177 persone guarite dall’infezione da SARS-CoV-2 fino a nove mesi di distanza dall’inizio della malattia, seguita dalla perdita del senso del gusto e dell’olfatto [4]. Ma altri sondaggi realizzati nel corso del 2020 hanno fatto emergere anche molte altre manifestazioni, dai brividi al mal di testa, dalla tosse ai problemi gastro-intestinali [2].
Un altro sintomo riportato molto frequentemente dai pazienti guariti dalla Covid-19 è una sorta di nebbia mentale, con problemi di memoria e concentrazione in aggiunta alla costante sensazione di stanchezza. Secondo alcuni autori questo gruppo di sintomi sarebbe riconducibile a una condizione nota col nome di “encefalomielite mialgica” o “sindrome da stanchezza cronica”, che in molti casi si manifesta proprio in seguito a un’infezione [5]. I meccanismi che portano allo sviluppo di questa condizione, tuttavia, non sono ancora del tutto chiari.
Una recente revisione, pubblicata a dicembre del 2021, riporta che più di 100 sintomi persistono dopo la fase acuta di Covid-19 e evidenzia l’importanza di conoscerli per poter supportare i pazienti con cure e prescrizioni adeguate. La maggior parte degli studi considerati in questa revisione riportava sintomi analoghi a quelli evidenti nell’infezione acuta da Covid-19 (cioè sintomi respiratori), ma è emerso uno spettro più ampio di sintomi, da sintomi cardiovascolari a disturbi dermatologici [6].
In generale, però, dopo più di un anno di studi condotti sull’argomento, possiamo dire che le manifestazioni cliniche del long Covid sono molto variabili e ad oggi non esiste un consenso sulle loro caratteristiche poiché i sintomi attribuiti a questa condizione sono numerosi ed eterogenei e possono riguardare soggetti di qualunque età e con varia gravità della fase acuta di malattia. La grande variabilità di sintomi e segni clinici, infatti, possono presentarsi sia singolarmente che in diverse combinazioni, possono essere transitori o intermittenti e possono cambiare la loro natura nel tempo, oppure possono essere costanti. In generale si considera che più grave è stata la malattia acuta, maggiore rischia di essere l’entità dei sintomi nel tempo [7].
Quanti pazienti sviluppano il long Covid?
Difficile dirlo con certezza. Secondo una revisione pubblicata a gennaio 2021 la percentuale di pazienti guariti dall’infezione da SARS-CoV-2 che sviluppa sintomi da long Covid varia tra il 5% e il 50,9% [8].
Ad agosto del 2020 un gruppo di ricerca inglese stimava che il persistere di questi sintomi interessasse circa il 10% dei pazienti guariti dalla Covid-19 [9]. Più o meno nello stesso periodo lo studio italiano citato in precedenza riportava invece dati ben più preoccupanti: ben 125 dei 147 pazienti (87%) da loro presi in considerazione – di età compresa tra i 19 e gli 84 anni – presentava ancora dei sintomi a due mesi dall’inizio della malattia [3]. Secondo altre stime, invece, la percentuale di persone guarite dall’infezione da SARS-CoV-2 che hanno bisogno di assistenza sanitaria a distanza di settimane o mesi dalla negatività al test per la Covid-19 si aggirerebbe intorno al 45-50% [10,11].
Questo dato lo confermerebbe anche uno studio più recente, da cui è emerso che la percentuale di persone guarite dall’infezione da SARS-CoV-2 che necessita di assistenza sanitaria anche a distanza di settimane o mesi dalla negatività al test si aggirerebbe intorno al 50% (quindi una persona su due fa esperienza di questa patologia) [12].
Anche in termini di durata dei sintomi è difficile dare risposte definitive. In un documento pubblicato a fine dicembre l’Office for National Statistics britannico ha stimato, sulla base delle risposte a un sondaggio nazionale, che nel 20% dei casi i sintomi del long Covid durano fino a 5 settimane mentre nel 10% dei casi fino a 12 settimane [13]. Un’analisi pubblicata solo qualche settimana fa su Nature Medicine, basata su più di 4.000 pazienti guariti dall’infezione da SARS-CoV-2, suggeriva invece che il 13,3% delle persone coinvolte presentava sintomi del long Covid per più di 28 giorni, il 4,5% per più di 8 settimane e il 2,3% per più di 12 settimane [14].
Dottore, perché i risultati degli studi sono così diversi tra loro?
La definizione di long Covid al momento è ancora piuttosto nebulosa e non ne esiste una versione univoca e condivisa da tutta la comunità scientifica. Basti pensare alla revisione di cui abbiamo parlato che ha associato al long Covid una lista di circa 100 sintomi relativi a praticamente tutti gli organi del corpo. È evidente, quindi, che con una definizione così generica e omnicomprensiva è difficile capire se uno specifico sintomo sia realmente conseguenza dell’infezione da SARS-CoV-2 o imputabile a qualche altro disturbo. Inoltre alcune persone non sviluppano alcun sintomo durante l’infezione o subito dopo essere guarite, ma iniziano a soffrirne dopo alcune settimane o mesi di benessere, rendendo difficile giudicare se si possa parlare o meno di long Covid.

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