Le canzoni di Natale fanno bene all’umore?

23 Dicembre 2025 di Maria Frega (Pensiero Scientifico Editore)

Cantare in gruppo, in famiglia o tra amici, fa parte delle tradizioni natalizie e i canti di Natale, compresi i tormentoni attuali, coinvolgono ed emozionano un po’ tutti. Alcune persone percepiscono anche un miglioramento dell’umore: ma è davvero così?

Un motivetto familiare potrebbe aiutare a rilassarsi o rallegrarsi, a controllare ansia e stress, anche nel più burbero dei Grinch. A meno che quel ritornello non diventi un tormentone fastidioso che “resta in testa” per giorni…

Le canzoni di Natale fanno davvero bene all’umore?

I benefici della musica, anche soltanto ascoltata, sull’umore e sulla salute mentale sono ampiamente studiati. Ascoltare melodie e apprezzare i testi è uno stimolo positivo per il benessere cognitivo fin dai primi giorni di vita. E molti percepiscono la musica come una cura. I meccanismi alla base degli effetti positivi del canto corale sono diversi e si riflettono su mente e corpo.

Consideriamo, però, che la maggior parte degli studi in questo campo raccoglie impressioni e racconti riferiti da coloro che cantano; si tratta, dunque, di indagini qualitative [1]. La musica, sia ascoltata che cantata, è comunque associata a un miglioramento, anche se a breve termine, della qualità della vita.

Tra i benefici registrati [2, 3]:

  • rilassamento;
  • riduzione dell’ansia;
  • aumento della consapevolezza di sé;
  • migliore capacità di adattamento;
  • capacità di combattere lo stress.

Nel caso del canto corale, si evidenziano spesso le influenze positive sulle relazioni sociali: diventa più semplice stringere legami, empatizzare ed evitare l’isolamento sociale.

Dottore, come si spiega questo fenomeno?

Si ritiene che il canto, la musica in generale, influiscano su neurotrasmettitori e ormoni: aumentano i livelli di ossitocina (l’ormone del legame sociale), di immunoglobulina A (che rafforza il sistema immunitario) e delle endorfine (che generano sensazioni di benessere e felicità).

Sembra che il canto influisca anche su funzioni organiche fondamentali, come la respirazione profonda. Si attiva una sorta di allenamento che, oltre alle corde vocali, coinvolge il sistema cardiorespiratorio e i suoi muscoli [4].

Cantare insieme sincronizza il respiro e, in parte, i ritmi cardiaci, e questo facilita gli stati emotivi positivi, facendo percepire meno ansia (compresa quella da prestazione di chi si ritiene stonato). Per questo, i cori vengono spesso attivati nei programmi terapeutici per pazienti con depressione e altri disturbi dell’umore [1].

Un gruppo di ricerca danese ha provato a cercare lo “spirito natalizio” nelle scansioni delle risonanze magnetiche al cervello. Esisterebbero, infatti, alcune aree cerebrali più attive nelle persone che seguono le tradizioni delle feste. Si tratta, tuttavia, di un tema non ancora esplorato a fondo [5].

I canti natalizi possiedono certamente un fascino particolare, collegato alla memoria di momenti magici e spensierati nell’infanzia. Se si tratta di brani appresi da piccoli, l’effetto sull’umore è più marcato rispetto alle canzoni prive di una storia così significativa o collegate a ricordi più recenti [3].

Alcune canzoni però “entrano in testa” diventando persino fastidiose…

È vero: i ritornelli natalizi facilmente si trasformano in tormentoni irritanti. Si tratta del fenomeno che per le neuroscienze e la psicologia cognitiva si definisce “earworm”, cioè tarlo nell’orecchio. La spiegazione è da rintracciare ancora una volta nella memoria, che è più forte se radicata nel passato, nell’infanzia, quando i bambini familiarizzano con motivi orecchiabili e ripetitivi.

Le atmosfere festose del Natale possono amplificare questo effetto. Del resto, “White Christmas”, eseguita da moltissimi artisti, è nel Guinness dei Primati come canzone più venduta di tutti i tempi. I tormentoni, però, nascono anche dalla ripetizione ossessiva di brani recenti, soprattutto se diventano virali su TikTok e Instagram. Anche in questo caso, il cervello attiva involontariamente il circuito dell’attenzione, fissandosi su determinati frammenti musicali e collegandoli a ricordi ed emozioni [2].

Dottore, non tutti i canti natalizi sono gioiosi…

Il periodo delle feste non per tutti è felice. E certe melodie possono diventare un trigger, uno stimolo che scatena involontariamente ricordi dolorosi. Provare, o riprovare, a unirsi in coro può essere una buona idea, anche per tenere a bada il malumore che rischia di trasformarci in Grinch. Del resto, cantare è un’attività che non presenta alcuna controindicazione.

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Autore Maria Frega (Pensiero Scientifico Editore)

Maria Frega è sociologa, specializzata in comunicazione, e scrittrice. Si occupa di scienza, innovazione e sostenibilità per un'agenzia di stampa e altri media. Sugli stessi temi cura contenuti per testi scolastici e organizza eventi di divulgazione con associazioni ed enti pubblici. È inoltre editor di saggistica e tiene corsi di scrittura anche nelle scuole e in carcere. I suoi ultimi libri sono Prossimi umani e Filosofia per i prossimi umani, con Francesco De Filippo per Giunti Editore.
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