Negli ultimi anni il ricorso alle diagnosi effettuate con la TAC è aumentato in modo significativo, sollevando interrogativi sui potenziali rischi legati all’esposizione alle radiazioni. Di recente uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine ha rilanciato il tema, stimando scenari futuri in cui l’uso eccessivo di esami diagnostici potrebbe aumentare il rischio di tumori.
È un pericolo fondato? Nonostante i toni allarmistici apparsi sulla stampa, lo studio suggerisce di ricorrere a tecniche come la TAC con consapevolezza, considerando i notevoli benefici e i potenziali rischi.
Dottore, cosa dice lo studio?
È fondamentale premettere che non si tratta di uno studio su casi reali e attuali di tumori legati alle radiazioni emesse dalla tomografia computerizzata. È un’indagine volta a rispondere a un quesito proiettato nel futuro: “Quanti tumori potrebbero verificarsi a causa dell’esposizione alle radiazioni durante gli esami annuali di tomografia computerizzata (TAC) negli Stati Uniti?”. Secondo i risultati, pubblicati sulla rivista Jama Internal Medicine, le radiazioni assorbite durante le TAC potrebbero aumentare il rischio di sviluppare tumori e, in particolare, a polmoni, seno, vescica, tiroide, sangue. Il rischio previsto sarebbe inoltre notevolmente maggiore sui neonati.
Questo scenario si verificherebbe qualora si continuasse a effettuare un numero crescente di esami, in linea con le tendenze degli ultimi anni, nei quali il ricorso a esami diagnostici radiologici è costantemente aumentato. Si tratta, tuttavia, solo di un possibile scenario. Lo confermano gli stessi autori, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sul corretto utilizzo delle indagini mediche con radiazioni [1].
Come funziona la TAC e quando occorre farla?
La tomografia assiale computerizzata (TAC) è un esame diagnostico per immagini che consente di visualizzare in dettaglio gli organi e i tessuti interni del corpo. Il macchinario utilizza radiazioni ionizzanti (raggi X) che attraversano la zona da esaminare, mentre un computer elabora immagini a sezioni, ricostruibili anche in tre dimensioni. In alcuni casi può essere somministrato un mezzo di contrasto per migliorare la visibilità di determinati tessuti o vasi sanguigni.
Le immagini ottenute vengono interpretate da un medico radiologo, che redige un referto da condividere con il medico curante o lo specialista di riferimento. La TAC è utilizzata in numerosi ambiti clinici, tra cui neurologia, oncologia, ortopedia, cardiologia, ginecologia e angiologia. Il suo principale vantaggio è permettere un’indagine approfondita senza la necessità di interventi chirurgici esplorativi, quindi in modo non invasivo. L’esame è indolore e, salvo casi particolari, consente di riprendere le normali attività subito dopo la sua esecuzione [2].
Dottore, le radiazioni sono sempre pericolose?
L’impiego delle radiazioni comporta un rischio. Basso, ma non nullo. Questo varia secondo la dose di radiazioni impiegata e in base ad altri fattori: la regione corporea esaminata, il sesso, la corporatura e l’età del paziente, il tipo di strumento e il fine per il quale si esegue l’esame. L’obiettivo della TAC è proteggere la salute, soprattutto quando si sospetta un tumore, grazie a una diagnosi precoce e precisa. Per questo, ogni accertamento va valutato attentamente dal medico, in relazione a un preciso dubbio da indagare, e se ne cerca di limitare l’uso nei bambini e nelle donne in età fertile [1,2].
Grazie al progresso tecnologico, la dose di radiazioni si è ridotta negli anni. L’American College of Radiology ha dichiarato che “non esistono studi pubblicati che colleghino direttamente le scansioni TAC (anche multiple) al cancro”, consigliando ai pazienti di non rinunciare ai benefici quando necessario [3].
Ci sono tecniche diagnostiche alternative più sicure?
Sì, esistono diverse tecniche di imaging che non utilizzano radiazioni ionizzanti. La più comune è la risonanza magnetica (RM), che impiega campi magnetici e onde a radiofrequenza [4]. Tuttavia, non è adatta a tutti: pazienti portatori di protesi metalliche, pacemaker o schegge metalliche residue non possono sottoporsi in sicurezza a questo tipo di esame. In questi casi, la TAC può rappresentare un’alternativa più sicura.
Tecnologie emergenti, come la TAC fotonica (o a conteggio di fotoni), ancora poco diffuse, promettono una riduzione significativa della dose di radiazioni pur mantenendo un’elevata qualità diagnostica, e possono essere particolarmente utili nei soggetti che richiedono controlli frequenti [5]. In ogni caso, è il medico a valutare e prescrivere l’esame più idoneo, tenendo conto del quadro clinico, della storia del paziente e del quesito diagnostico.
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