Il paracetamolo in gravidanza causa l’autismo?

25 Settembre 2025 di Roberta Villa

La risposta ufficiale è arrivata dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA): “Nell’Unione Europea il paracetamolo (noto anche come acetaminofene) può essere utilizzato per ridurre il dolore o la febbre durante la gravidanza se clinicamente necessario. Attualmente non ci sono nuove evidenze che richiederebbero modifiche alle attuali raccomandazioni dell’UE per l’uso” [1].

La precisazione si è resa necessaria dopo le dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha più volte raccomandato di fare qualunque cosa, letteralmente “lottare” per non prendere il medicinale nel corso della gestazione, senza dimenticare di tornare ad accusare i vaccini [2, 3]. Nessuno si è stupito di questo secondo riferimento, per quanto infondato dal punto di vista scientifico, dal momento che sia Donald Trump sia il suo segretario alla Salute, Robert F. Kennedy jr hanno più volte dimostrato a parole e nei fatti scetticismo, quando non franca ostilità, nei confronti di questi importantissimi presidi preventivi. Da oltre trent’anni i vaccini sono accusati, tra le altre cose, proprio di favorire i disturbi del neurosviluppo, nonostante i moltissimi studi, anche recenti, che dimostrino il contrario [4].

Più sorprendente è stato per molti il richiamo al Tylenol, nome commerciale statunitense dell’acetominofene, in Italia paracetamolo, un farmaco che come tutti gli altri può avere effetti indesiderati in caso di abuso, ma che in generale è considerato tra i medicinali più maneggevoli per tutti, anche in circostanze delicate come è la gravidanza.

Ci sono studi che associano il paracetamolo all’autismo?

L’idea che l’uso di paracetamolo in gravidanza possa contribuire all’insorgenza nel nascituro di disturbi del neurosviluppo, in particolare quelli dello spettro autistico, non è nuova.

Nel 2014, uno studio pubblicato su JAMA Pediatrics riferì di un aumento del rischio di disturbi da deficit di attenzione e iperattività (ADHD, quindi, non autismo) nei nati da donne che avevano assunto il farmaco durante la gestazione, con un rischio che sembrava aumentare al crescere della dose complessiva, legata alla frequenza di assunzioni in varie fasi della gravidanza [5].

L’osservazione era stata raccolta su un numero significativo di casi, quasi 65.000 coppie di mamme e bambini nati in Danimarca tra il 1996 e il 2002, ma si trattava di un’associazione statistica, che non dimostrava un legame di causa ed effetto: molte donne assumono paracetamolo per un mal di testa o per la febbre senza prescrizione medica e quelle cui è consigliato dal medico (e quindi registrato) potrebbero avere altre caratteristiche da cui potrebbe dipendere il fenomeno [6].

Per cautela, comunque, l’anno successivo, la Food and Drug Administration statunitense aveva raccomandato prudenza nell’uso dell’antipiretico e antidolorifico in gravidanza, pur ribadendo che non vi erano prove solide che potesse alterare il neurosviluppo [7].
Anche altri studi hanno poi trovato dati sospetti, che riguardavano nello specifico i disturbi dello spettro autistico e che sembravano chiamare in causa anche la somministrazione di paracetamolo ai bambini piccoli, non solo in gravidanza [8]. La questione è stata infine risollevata di recente da una metanalisi di 46 studi precedenti, che di nuovo ha riscontrato un leggero aumento del rischio nei figli di donne che avevano assunto paracetamolo [9].

Dottore, ma allora perché si dice che è sicuro?

L’idea che il paracetamolo possa in qualche modo influire sul neurosviluppo quindi non può essere banalmente etichettata come una bufala o addirittura una narrazione fraudolenta come quella che chiama in causa i vaccini. Eppure, la comunità scientifica è convinta di poter rassicurare le giovani coppie e le loro famiglie. I risultati pubblicati sulle riviste mediche, infatti, non hanno tutti lo stesso peso. L’analisi di studi deboli dal punto di vista metodologico può trarre conclusioni falsate.

Al contrario, gli esperti considerano molto più affidabile una ricerca svedese che ha preso in considerazione tutti i bambini e le bambine nati nel paese scandinavo dal 1995 al 2019, in tutto quasi due milioni e mezzo. Da questo gruppo iniziale sono stati estratti i dati dei 185.000, le cui madri sicuramente avevano preso il farmaco, e dal confronto tra questi e gli altri è emersa di nuovo una frequenza leggermente maggiore di ADHD e autismo, come in alcuni altri lavori precedenti. In una seconda fase dello studio, tuttavia, sono state considerate coppie di fratellini o sorelline nati da persone che in una gravidanza avevano preso il farmaco e nell’altra no: in questo caso la differenza spariva, a riprova che con ogni probabilità l’associazione tra farmaco e disturbi dello sviluppo dipende da altri fattori, genetici o di altra natura, ancora da accertare, ma non dal paracetamolo [10].

Dottore, che cosa causa l’autismo?

I disturbi dello spettro autistico – è bene ricordarlo – non sono da considerare malattie, ma condizioni nelle quali il cervello funziona in maniera diversa rispetto alla maggioranza delle altre persone. Ciò è indipendente dalle capacità cognitive dell’individuo, che in alcuni casi possono essere gravemente compromesse, in altri nella media, in altri (un tempo chiamati “Asperger” o “autistici ad alto funzionamento”) perfino superiori ai livelli standard.

A oggi non conosciamo nei dettagli come, e soprattutto perché, esista questa variabilità, anche se un recente studio pubblicato su Nature suggerisce che si possa interpretare questo fenomeno come effetto collaterale della pressione evolutiva che ha portato gli esseri umani a una maggiore plasticità di apprendimento [11].

Quel che sappiamo è che la componente genetica è molto forte, per cui avere un fratello con una diagnosi di autismo è il fattore che incide di più sulla probabilità di avere la stessa condizione, e non è raro che nella stessa famiglia vi siano più persone con varie forme di autismo. D’altra parte, non si esclude che possano intervenire anche altri fattori all’origine (per esempio l’età avanzata dei genitori), o provenienti dall’ambiente, per esempio l’inquinamento, di cui avevamo parlato nella scheda “L’inquinamento provoca l’autismo?”.

Le prove, tuttavia, non sono ancora definitive, così come sono ancora più deboli quelle che negli ultimi anni hanno associato l’autismo all’uso di paracetamolo. Per questo esperti e società scientifiche hanno preso posizione contro le affermazioni perentorie di Trump, che, oltre a distorcere i fatti, rischiano di diventare pericolose, dati i rischi per la gestante e il nascituro di una febbre alta non trattata o di un dolore forte non controllato [12-14].

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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