Da dove nasce questa idea?
Il timore che vaccinando i bambini piccoli si possano scatenare disturbi dello spettro autistico è una delle paure più comuni tra i genitori. Siccome l’accusa riguarda in particolare il vaccino che protegge da morbillo, parotite e rosolia (MPR), la diffusione di questa convinzione, a partire dalla fine degli anni Novanta, ha contribuito ad allontanare di anno in anno dalla Regione europea l’obiettivo di eliminare il morbillo e la rosolia congenita, che infatti non è ancora stato raggiunto.
Salta quindi agli occhi la sproporzione tra conseguenze così rilevanti, quantificabili nel numero di morti e nel carico di disabilità dovuti negli anni a queste malattie, e l’apparente irrilevanza del suo fattore scatenante: uno studio condotto alla fine degli anni Novanta su soli 12 bambini, 8 dei quali avevano ricevuto una diagnosi di autismo nelle ore, settimane o mesi successivi alla vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia.
Andrew Wakefield, il gastroenterologo inglese che lo aveva condotto, descriveva in questi bambini disturbi intestinali, ipotizzando che un fattore ambientale (forse la vaccinazione?) potesse collegare le due cose. Il legame tra la vaccinazione e la comparsa dei sintomi non era basato su riscontri oggettivi, ma solo sul ricordo delle famiglie che i bambini erano stati vaccinati. L’ipotesi, solo accennata nel lavoro pubblicato sull’importante rivista inglese Lancet, venne sottolineata con forza dall’autore nel corso della conferenza stampa, ripresa da tutti i media, che diedero grande rilievo alla notizia.
Perché ha attecchito?
Il legame ipotizzato dal medico inglese e mai dimostrato da studi successivi trovò molti consensi per varie ragioni. Prima di tutto riguardava una malattia come l’autismo le cui cause, soprattutto nel secolo scorso, erano ancora in gran parte sconosciute. Fino a pochi anni prima circolavano teorie che ne attribuivano la responsabilità al carattere e al comportamento delle madri, definite addirittura “frigoriferi”. Comprensibile quindi che una nuova teoria che le liberasse da un ingiusto stigma e da un devastante senso di colpa venisse accolta con favore.
Anche la definizione della malattia era poco chiara. L’allargamento del concetto di autismo dalle sue forme più invalidanti a una ampia gamma di condizioni più o meno gravi ha contribuito negli ultimi decenni a far salire costantemente il numero di nuove diagnosi nei Paesi più ricchi. Questo incremento, parallelo a quello della diffusione del vaccino contro morbillo parotite e rosolia (ma anche ad altro, come il consumo di alimenti biologici negli Stati Uniti, vedi grafico) rinforzò l’idea che tra i due fenomeni ci fosse un legame causale, e non solo occasionale.
Nello stesso tipo di errore logico, che attribuisce un significato causale a una relazione esclusivamente temporale, si cade per il fatto che la diagnosi di queste condizioni spesso si pone nel secondo anno di vita, quando il piccolo comincia normalmente ad avere maggiori relazioni con il mondo esterno. I comportamenti diversi dalla norma nei bambini autistici quindi si rendono spesso evidenti nelle settimane successive alla vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia, che si fa in genere tra il 13° e il 15° mese di vita. Oggi invece sappiamo che, in quanto malattia genetica, le cause sono già presenti, per quanto non riconosciute, fin dalla gestazione e dalla nascita e alcune manifestazioni del disturbo, con apposite metodiche, si possono riconoscere già nei primi mesi di vita.
Più l’idea di questo ipotetico legame si è diffusa, più è stato facile poi per i genitori ricordare che nei mesi precedenti alle prime manifestazioni della malattia il piccolo era stato effettivamente vaccinato. Lo stesso sarebbe accaduto che si fosse attribuita la responsabilità del disturbo alla presenza in casa di un peluche: la maggior parte delle famiglie avrebbe individuato la presenza di questo fattore di rischio, anche se la frequenza dell’autismo sarebbe stata la stessa anche nelle case in cui questo tipo di giocattoli non era mai entrato.
Cosa la smentisce?
Lo stesso tipo di confronto è stato effettuato in molti studi tra bambini che avevano ricevuto questo vaccino e altri che non lo avevano ricevuto. Uno ha preso in considerazione anche possibili altri fattori predisponenti, di tipo genetico e ambientale, esaminando l’incidenza di disturbi dello spettro autistico anche tra i fratellini di bambini già diagnosticati, vaccinati e no, senza trovare tra i due gruppi differenze significative nell’incidenza di disturbi dello spettro autistico.
Un altro esperimento condotto nella vita reale è stato quello del Giappone, dove nel 1993 il vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia è stato sostituito con uno bivalente per morbillo e rosolia o con vaccini singoli. Da allora la frequenza dei disturbi dello spettro autistico è continuata ad aumentare, esattamente come negli altri Paesi avanzati.
Intanto un giornalista inglese, Brian Deer, indagava su alcuni elementi sospetti dello studio firmato da Wakefield e su Wakefield stesso. I bambini non erano capitati casualmente nel reparto dell’ospedale londinese dove la ricerca era stata condotta, ma erano stati selezionati tra i figli di famiglie appartenenti ad associazioni contro i vaccini.
Un’indagine durata molti anni dimostrò che lo studio era stato costruito a tavolino, sia per sostenere le attività di questo studio legale, specializzato nella richiesta di indennizzi post vaccinazioni, sia per screditare il vaccino trivalente con l’obiettivo di lanciarne poi sul mercato un altro, brevettato dall’autore pochi mesi prima della pubblicazione.
Nel corso del lavoro il gastroenterologo aveva inoltre sottoposto senza ragione i bambini a test invasivi e fastidiosi. Il lavoro, di cui erano state ormai svelate non solo l’inconsistenza scientifica, ma anche la natura fraudolenta, venne quindi ritratto dalla rivista Lancet che l’aveva pubblicato. Wakefield venne radiato dall’Ordine dei Medici e diffidato dall’esercitare la professione in tutto il Regno Unito. Continua la sua attività negli Stati Uniti, dove è riuscito comunque a fare fortuna, scrivendo libri e parlando in conferenze a pagamento, oltre a essersi improvvisato regista di un film, in cui rilancia questa e altre bufale sui vaccini.
In tutto il mondo, intanto, per fronteggiare la paura instillata ai genitori, ingenti investimenti in denaro e personale specializzato sono stati distratti da altre linee di ricerca per verificare se nell’ipotesi di Wakefield non ci fosse proprio niente di vero. L’ultima metanalisi, che nel 2014 ha passato al setaccio centinaia di ricerche, dovrebbe rassicurare in maniera definitiva i genitori: il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia, come qualunque altro farmaco, può provocare rarissimi effetti collaterali, ma di un legame con i disturbi dello spettro autistico non c’è proprio nessuna traccia.
Dove approfondire?
- Medbunker – Le scomode verità: vaccini e bufale
- Vaccinar…sì!
- BUTAC – Attualmente vaccini
- Grignolio A. “Chi ha paura dei vaccini?”, Codice edizioni. Torino, 2016