Quando parliamo di psicofarmaci parliamo di una classe di farmaci eterogenea, che comprende principi attivi – vale a dire le sostanze capaci di indurre un effetto sull’organismo – approvati dalle autorità sanitarie con l’indicazione terapeutica comprendente disturbi psichici: dai cosiddetti “tranquillanti” (più propriamente definiti “ansiolitici”) ai “sonniferi” (ipnoinducenti), dagli antidepressivi ai neurolettici, principalmente utilizzati per il trattamento delle psicosi, della schizofrenia, del disturbo bipolare.
Chi deve prescrivere gli psicofarmaci: lo psichiatra o il medico di medicina generale?
“Tutti i medici possono prescrivere psicofarmaci, se la prescrizione è effettuata sulla base di corrette indicazioni diagnostiche”, spiega Cesario Bellantuono, psichiatra e psicofarmacologo. “In genere, la classe degli ansiolitici-ipnotici è maggiormente utilizzata dai medici di medicina generale. È un dato comprensibile se si tiene conto che nell’ambito delle cure primarie viene diagnosticata e trattata la maggior parte dei disturbi d’ansia o ansioso-depressivi” [1].
Più di un terzo delle viste svolte da un medico di medicina generale comporta la discussione di problemi riconducibili a un disagio psichico [2] e il 90 per cento dei pazienti in Gran Bretagna a cui il medico di medicina generale prescrive uno psicofarmaco non vedrà anche un medico specialista in psichiatria [3].
La competenza dei medici di medicina generale nei confronti del riconoscimento e del trattamento farmacologico dei disturbi psichici è sicuramente maggiore oggi che in passato, anche per effetto dei programmi di aggiornamento e di educazione continua che sono stati condotti negli ultimi decenni.
Quando è consigliabile rivolgersi invece allo specialista psichiatra?
“Un invio del paziente allo psichiatra o una supervisione specialistica sono necessari quando le caratteristiche del disturbo da trattare rivestono particolare gravità o nei casi in cui non sia chiaro l’orientamento diagnostico”, aggiunge Bellantuono. È comunque sempre molto importante stabilire un canale aperto di comunicazione e collaborazione tra il medico di medicina generale e lo specialista, così che sia possibile garantire alla persona sofferente la migliore assistenza, anche al di là dell’appropriatezza della prescrizione farmacologica.
Cosa si intende per “appropriatezza della prescrizione”?
Una prestazione è appropriata se – oltre ad aver dimostrato di essere efficace negli studi clinici rigorosi nei quali è stata valutata – viene proposta a quelle persone che ne possono realmente beneficiare, con la modalità assistenziale più idonea e con le caratteristiche (di tempestività, di continuità ecc.) necessarie a garantirne effettivamente l’utilità.
Nel caso di un medicinale – ma anche di una psicoterapia, per restare all’ambito dei disturbi psichici – dovrebbe essere prescritto rispettando il quadro clinico del paziente e le indicazioni per le quali quella medicina in quei dosaggi si è dimostrata efficace, nel momento giusto e secondo il regime organizzativo più adeguato. Sia il medico di medicina generale, sia il collega specialista troveranno supporto alla loro scelta nella consultazione di linee guida, di percorsi diagnostici e terapeutici e delle migliori conoscenze scientifiche, ma sulle sue decisioni dovranno pesare anche variabili diverse, come le richieste del paziente, i suoi valori e le sue aspettative.
Gli psicofarmaci possono essere prescritti da uno psicoterapeuta?
Quella di psicoterapeuta è una professione che può essere svolta sia da un medico psichiatra, sia da uno psicologo. Si tratta di percorsi formativi che portano a competenze differenti: vale la pena sottolineare che lo psicologo non è un medico, mentre lo specialista psichiatra è laureato in Medicina e successivamente specializzato in Psichiatria. Solo il medico psichiatra può prescrivere psicofarmaci.
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