Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’inattività fisica rappresenta il quarto fattore di rischio – in ordine di importanza – per la mortalità a livello globale. Fare sport in modo regolare, infatti, comporta numerosi vantaggi per la salute: riduce, ad esempio, il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete, tumori del colon e del seno, depressione e obesità. Tuttavia, sottoporsi a quantità esagerate di attività fisica può avere, al contrario, delle conseguenze negative. In particolare, può verificarsi quella che viene definita “sindrome da sovrallenamento”: una condizione, questa, particolarmente diffusa tra gli atleti di alto e medio livello – specie nell’ambito degli sport di resistenza – ma che può verificarsi anche in individui che svolgono un’attività sportiva non agonistica.
Cosa si intende per “sovrallenamento”?
Nella moderna pratica sportiva la competizione può essere così alta, o la motivazione così forte, da spingere alcune persone ad allenarsi a ritmi elevatissimi, tali da determinare un disequilibrio tra la quantità di energie spese e quelle recuperate. Le manifestazioni fisiologiche associate a una situazione di questo tipo, in buona parte ancora sconosciute (Cardoos, 2015), si verificano frequentemente in presenza di fattori di stress psicologico, quali un elevato grado di monotonia nel tipo di allenamento, un’eccessiva competizione e problemi relazionali o occupazionali. I sintomi della cosiddetta sindrome da sovrallenamento coinvolgono tuttavia sia aspetti fisiologici che psicologici (Fry, 1991). I più frequenti sono: intensa sensazione di fatica, indolenzimento muscolare, elevato numero di infortuni, appetito ridotto, disturbi del sonno, alterazioni del tono dell’umore, deficit a livello del sistema immunitario e difficoltà di concentrazione (Kenttä, 1998).
Quali possono essere le conseguenze di una situazione di questo tipo?
La ricerca scientifica nell’ambito del sovrallenamento è resa difficoltosa dall’impossibilità di realizzare studi clinici randomizzati (Case, 2017). Tuttavia, sono comunque disponibili molti dati relativi agli effetti sulla salute associati a tale condizione, provenienti dall’analisi di casi singoli e da studi epidemiologici o longitudinali, i quali – nel loro complesso – non possono essere ignorati (Lehmann, 1993). In particolare, sembra che un eccessivo allenamento possa avere delle conseguenze rilevanti sulla salute cardiovascolare. Ad esempio, può associarsi allo sviluppo di condizioni quali fibrillazione atriale, aritmie ventricolari e coronaropatie: malattie queste che possono anche portare a eventi cardiaci potenzialmente fatali. Paradossalmente, un livello moderato di attività fisica funge invece da fattore protettivo per molte patologie cardiovascolari, tanto da essere frequentemente prescritto dai medici cardiologi.
Dottore, ma come posso capire se mi sto allenando troppo?
Secondo il cardiologo John Mandrola, tra gli autori di The Haywire Heart – libro che indaga proprio la relazione tra allenamento e salute cardiovascolare – è innanzitutto utile prestare attenzione alle sensazioni che si associano all’attività fisica. Una sindrome di sovrallenamento, infatti, si verifica solitamente in soggetti che hanno alle spalle diversi anni di sport e che sono quindi abituati a riconoscere le percezioni fisiche associate a un buon livello di pratica atletica. Tutto ciò che ricade al di fuori di questa categoria può invece essere sintomo di un problema associato a un eccessivo allenamento e richiede quindi di essere analizzato da uno specialista: ad esempio – per quanto riguarda la salute cardiovascolare – tachicardia, dolore o pressione al petto, difficoltà respiratorie e svenimenti. Altri indizi, meno preoccupanti, possono invece essere un calo della performance sportiva, la presenza di palpitazioni, una ridotta potenza muscolare, un senso esagerato di fatica e un’eccessiva irritabilità o instabilità del tono dell’umore.
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