Gli effetti del cambiamento climatico non minacciano soltanto la salute del nostro pianeta. Se in molte aree geografiche la vita degli uomini è già stata stravolta oppure è in grave pericolo a causa dell’impatto del riscaldamento globale [1], si stanno diffondendo studi che analizzano le conseguenze indirette del climate change.
Sono coinvolti il benessere psicosociale e la salute mentale. Semplice meteoropatia? No. Il costante aumento delle temperature ha già prodotto, per due milioni di persone nell’arco di dieci anni, un aumento del 2% di disturbi psichici e comportamentali [2]. A crescere è soprattutto l’ansia e i primi ad avvertire e manifestare angoscia e timori per il futuro dell’umanità sono i giovani. In particolare, questa condizione colpisce la Generazione Z.
I social, per il momento, rappresentano un crocevia di confronto e mutuo aiuto per far emergere una crisi che la classe politica adulta tende a sottovalutare. Anche nel nostro Paese, tuttavia, si diffonde l’eco-ansia: siamo pronti a prenderci cura della salute mentale in questo contesto?
Dottore, sta dicendo che esiste davvero l’eco-ansia?
Una definizione condivisa di questo termine sta emergendo solo di recente. Il termine è stato coniato nel 2011 dal filosofo australiano Glenn Albrecht per descrivere la “paura cronica dell’apocalisse climatica” [3]. Più in generale, si tratta dello stato ansioso associato a eventi estremi causati dall’azione dell’uomo.
Una paura esistenziale che non affligge soltanto chi è direttamente colpito dall’impatto dell’emergenza climatica. La visione sull’impatto della nostra specie sulla salute della Terra ha come conseguenza previsioni pessimiste sul futuro. Molte tra le persone più giovani vivono senza speranza, con un senso di impotenza.
Facciamo un passo indietro: cos’è l’ansia?
Possiamo definirla come una preoccupazione, talvolta un sentimento di paura eccessiva, che può avere manifestazioni leggere e passeggere oppure più gravi e croniche. Ci spaventa la sensazione di non poter controllare un’inquietudine che appare immotivata. Parliamo in questi casi di Disturbo d’Ansia Generalizzato (DAG). Può anche manifestarsi in relazione a un momento specifico, come l’attesa dell’esito di un esame medico, il compito a scuola, una scadenza lavorativa, il problema che affligge una persona cara.
L’eco-ansia non è tuttora riconosciuta come una condizione medico-psicologica. È assimilabile al DAG, in riferimento ai fattori di stress legati a problemi ambientali [4]. Gli effetti, lievi o gravi, si ripercuotono, in entrambi i casi, sul cambiamento nel modo di pensare, comportarsi, relazionarsi, nello studio come nel lavoro. Tra questi: stanchezza, preoccupazione, problemi di concentrazione, insonnia [5].
Dottore, sappiamo chi è colpito dall’eco-ansia o quali sono le categorie più a rischio?
Secondo uno studio condotto in dieci Paesi di diversi continenti su 10mila soggetti fra i 16 e i 25 anni, si è rilevato che oltre il 45% del campione lamenta malesseri legati al cambiamento climatico. Afferma che la propria vita quotidiana e le prospettive sul futuro sono influenzate dall’eco-ansia, con emozioni negative quali paura, rabbia, colpa, impotenza [6].
Quali sono i sintomi dell’ansia climatica, o eco-ansia?
I sentimenti appena citati possono avere esiti clinicamente importanti di salute mentale. Tra questi, depressione, disturbo post-traumatico da stress, fobie.
Coloro che soffrono emotivamente per i pericoli legati al clima avvertono che il loro benessere psicosociale è messo a dura prova da disturbi del sonno, tendenza all’isolamento, perdita di memoria, irritabilità, difficoltà a portare avanti impegni di studio o professionali. Non dimentichiamo che lo stress può indebolire il sistema immunitario, portando allo sviluppo di malattie più o meno gravi che possono colpire diversi organi.
In casi più estremi, si registra la tendenza ad abusare di alcol e sostanze e comportamenti rischiosi o tendenza al suicidio [2].
Dottore, esistono terapie specifiche per l’eco-ansia?
Non sono stati approntati protocolli specifici dal nostro Sistema Sanitario Nazionale. Si affronta questa condizione con i percorsi indicati per favorire il controllo dell’ansia.
Quindi: con la terapia psicologica individuale o di gruppo, con psicologo, psicoterapeuta o psichiatra. Se necessario, anche con un trattamento farmacologico, sempre sotto il controllo del medico specialista o di medicina generale.
Nel caso del DAG, tra le cure non farmacologiche, sono indicate le tecniche di rilassamento, l’attività sportiva, smettere di fumare e ridurre l’assunzione di alcol o caffeina.
Allora come scegliere il percorso più adeguato?
Parlare con il medico di medicina generale è sempre il primo passo. Un punto di riferimento importante per i cittadini che temono di soffrire per disturbi mentali è il Centro di Salute Mentale (CSM), una rete di servizi sul territorio per la prevenzione e la cura di patologie psichiatriche.
Possiamo intanto affidarci al sostegno della famiglia, degli amici o trovare risposte nei social network?
In assenza di disturbi che necessitano di sostegno specialistico, l’associazione degli psicologi americani ha formulato delle raccomandazioni. Possono essere utili per dare un senso all’inquietudine e per sentirsi responsabili e attivi per il futuro del pianeta.
Fra le raccomandazioni rivolte ai più giovani: restare connessi con le proprie reti sociali e la comunità, coltivare la resilienza e l’ottimismo, chiedere alle istituzioni più attenzione alla salute mentale, scegliere con consapevolezza le fonti di informazione [4].
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