Inizialmente, la prudenza era d’obbligo. Come in ogni sperimentazione sui farmaci, le donne in allattamento, così come quelle in gravidanza e tutti i minorenni, non sono state coinvolte nei primi studi condotti per ottenere l’autorizzazione dei vaccini anti Covid-19. Come è giusto e come sempre accade, la sicurezza e l’efficacia dei nuovi prodotti su questi gruppi di persone particolarmente vulnerabili sono state indagate solo dopo aver verificato che la somministrazione non si associasse a rischi significativi nella popolazione generale adulta.
Per questo, in un primo momento, le agenzie regolatorie sottolineavano l’assenza di prove di sicurezza sulle donne in allattamento come per quelle in dolce attesa. Il fatto che non ci fossero dati a supporto della mancanza di effetti indesiderati gravi non significava tuttavia che esistessero timori al riguardo. Semplicemente, per correttezza, era giusto sottolineare che per questa particolare condizione non esistevano dati. Le ricerche successive, e l’esperienza sul campo, hanno poi permesso di passare a messaggi più chiari e rassicuranti: a oggi non esistono ragioni per controindicare la vaccinazione alle donne che allattano, né per suggerire a quelle che desiderano vaccinarsi di interrompere l’allattamento [1].
Anche le donne in gravidanza possono vaccinarsi contro Covid-19 (puoi approfondire con la nostra scheda “La vaccinazione contro Covid-19 è sicura in gravidanza?”).
Dottore, quali potrebbero essere i rischi della vaccinazione durante l’allattamento?
Oltre al fatto che non sono stati segnalati problemi di nessun tipo nei bambini allattati al seno da mamme sottoposte a vaccinazione, non esiste nemmeno una teoria plausibile di come questo potrebbe accadere. I vaccini contro Covid-19 autorizzati in Europa non contengono virus, per cui possiamo escludere al 100% l’ipotesi che il lattante possa essere infettato attraverso il latte di una mamma vaccinata di recente. Tra l’altro, anche per le donne positive al virus e potenzialmente contagiose, le linee guida non consigliano più, come dicevano all’inizio della pandemia i medici cinesi, di rinunciare all’allattamento. Perfino se la mamma è sintomatica, i vantaggi di attaccarsi al seno superano largamente anche i possibili rischi di infettare il neonato: questi non dipendono dal latte, ma dal contatto ravvicinato con la madre positiva, e possono essere prevenuti con attente misure igieniche e l’uso della mascherina da parte della donna (mai del neonato!). I pochi casi in cui i piccoli si sono infettati dalla mamma SARS-CoV-2 positiva, inoltre, non hanno avuto sintomi, o ne hanno avuti molto pochi [1].
Questo discorso però non vale per i vaccini che, come si è più volte ripetuto, non contengono virus. Che altro potrebbe accadere? Se si pensa a come funzionano questi vaccini, è difficile ipotizzare che passino nel latte, sebbene a tutt’oggi non esistano dati ufficiali per escluderlo, come ci tiene a precisare anche Pfizer-BioNtech [2,3]. I prodotti sono iniettati nel muscolo deltoide del braccio, dove entrano nelle cellule tramite i loro diversi vettori (nanoparticelle di grasso per i vaccini a mRNA e virus inattivati e innocui per i vaccini a adenovirus: scopri di più nella nostra scheda “Ci sono differenze tra i vaccini anti Covid-19?”). Queste cellule sono istruite a esprimere sulla loro superficie la stessa proteina spike che serve a riconoscere il nuovo coronavirus SARS-CoV-2. Nel braccio, quindi – con al più il coinvolgimento dei linfonodi ascellari che per questo si possono ingrossare – si innesca la risposta del sistema immunitario, che induce la produzione di anticorpi. Le ghiandole mammarie deputate a produrre il latte non vengono in nessun modo coinvolte da questo fenomeno, e non dovrebbero quindi essere in grado di produrre proteine spike da riversare nel latte.
L’unica conseguenza potrebbe essere, in caso di una reazione importante con febbre molto alta e conseguente disidratazione, la difficoltà della mamma ad allattare per qualche ora: per precauzione, nei giorni precedenti alla vaccinazione, si può quindi tirare un po’ di latte da tenere di scorta, solo per questa eventualità. Se, come spesso accade, la procedura non provoca effetti indesiderati o lascia solo un po’ di dolore al braccio, non c’è nessuna ragione per non proseguire con tranquillità l’allattamento con le solite modalità.
Quali potrebbero essere i mancati benefici?
I primi dati raccolti dall’Università di Harvard lasciano trasparire che anche le donne in allattamento, come quelle in gravidanza, producono una risposta immunitaria vivace alla vaccinazione, maggiore di quella registrata nelle donne che si ammalano di Covid-19 mentre aspettano il loro bambino. Non solo: anticorpi contro SARS-CoV-2 sono stati trovati nel sangue del cordone ombelicale e nel latte delle donne vaccinate, lasciando ipotizzare un possibile trasferimento di immunità, seppur parziale, anche ai neonati [4]. Anche recentemente, il dato è stato confermato: il bambino allattato al seno potrebbe essere protetto anche dagli anticorpi passati attraverso il latte, ritrovato sia nel latte stesso, insieme a importanti citochine, sia nei campioni di feci dei piccoli [5].
“La plausibilità biologica suggerisce che in un bambino allattato al seno il rischio derivante dalla vaccinazione materna contro Covid-19 è estremamente basso, mentre, sull’altro lato, l’interruzione dell’allattamento porta sicuramente alla perdita di benefici ben documentati” hanno dichiarato congiuntamente in un documento pubblicato sull’Italian Journal of Pediatrics le principali società scientifiche italiane interessate al tema: Società Italiana di Neonatologia, Società Italiana di Pediatria, Società Italiana di Medicina Perinatale, Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia, Associazione Italiana dei Ginecologi e Ostetrici Ospedalieri e Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali [6,7].
Scheda aggiornata il 18.02.2022
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