Sulla base delle indicazioni delle autorità europee (ECDC ed EMA), il Ministero della Salute italiano, in una nota congiunta con l’Istituto Superiore di Sanità e l’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA), ha deciso di raccomandare un secondo richiamo di vaccino anti Covid-19 solo agli anziani dagli 80 anni in su e alle persone con elevata fragilità che ne abbiano già compiuti 60, cioè ai soggetti più vulnerabili alle forme più gravi della malattia. Sebbene in calo, infatti, la circolazione del virus in Italia all’inizio di aprile 2022 è ancora elevata e provoca un discreto numero di decessi quotidiani [1,2].
Queste indicazioni non si estendono a chi ha già contratto l’infezione dopo il primo richiamo, dopo cioè quella che viene comunemente definita “terza dose”, perché in questi casi si ritiene che il contatto con il virus possa aver già risvegliato le difese dell’organismo.
Dottore, che cos’è la “quarta dose”?
Se parliamo di quarta dose occorre prima di tutto chiarire che questa ulteriore vaccinazione è davvero la quarta solo per chi ha avuto un ciclo primario di due dosi, con un vaccino a mRNA o con quello di AstraZeneca, seguito da un primo richiamo (“terza dose”). Per chi ha ricevuto il vaccino di Janssen, il cui ciclo primario è costituito da un’unica dose, quella di cui si parla sarebbe quindi solo la terza. Ancora diverso è il caso delle persone gravemente immunocompromesse, per esempio i trapiantati, a cui è già stata data una terza dose addizionale a completamento del ciclo primario e una quarta dose come primo richiamo.
È chiaro che in uno scenario così sfaccettato è facile fare confusione. Per questo, più che di quarta dose, sarebbe meglio discutere di “secondo richiamo”, da effettuare ad almeno quattro mesi dal primo, con un vaccino a mRNA, Comirnaty di Pfizer o Spikevax di Moderna, ai dosaggi previsti per i richiami (rispettivamente 30 e 50 microgrammi).
Perché questa decisione è diversa da quella di altri Paesi?
La scelta europea è stata molto restrittiva rispetto a quella presa negli Stati Uniti, dove la Food and Drug Administration ha autorizzato, giudicandolo sicuro, il secondo richiamo con un vaccino a mRNA per tutti coloro che hanno compiuto 50 anni [3]. I Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) sottolineano tuttavia che, a sottoporsi al richiamo, dovrebbero essere soprattutto le persone dai 65 anni in su, e chi, dopo i 50, presenta una o più condizioni di rischio [4].
Come si spiega questa discordanza? Sulla base dei dati disponibili, provenienti soprattutto da Israele, dove la quarta dose è già stata somministrata a più di un milione di persone, si può affermare con serenità che un ulteriore richiamo del vaccino Comirnaty non produce effetti collaterali più rilevanti di quelli osservati con le dosi precedenti [5]. I dubbi non riguardano quindi la sicurezza, ma l’utilità di questo intervento in relazione ai suoi costi economici e organizzativi. Oltreoceano si sta aspettando con una certa apprensione l’arrivo della sottovariante BA.2 di Omicron, per cui risollevare la barriera anticorpale di coloro che rischiano forme gravi potrebbe tradursi nelle prossime settimane in un minor carico di ricoveri ospedalieri, oltre che di decessi [6]. In Europa, dove l’ondata è in calo, una nuova campagna vaccinale su una fascia di popolazione più ampia rischierebbe di estendersi a un periodo in cui i comportamenti legati alla bella stagione riducono già spontaneamente in maniera significativa le possibilità di contagio.
A questo si aggiungono probabilmente altri fattori, che ci ricordano come, sulla base degli stessi identici dati scientifici, in diverse parti del mondo si possono prendere decisioni strategiche diverse: davanti all’estrema contagiosità di Omicron, e in particolare di BA.2, la Cina continua a perseguire la sua politica “zero Covid-19”, nonostante i costi enormi che ciò sta provocando, per esempio con il severissimo lockdown di una megalopoli con oltre 26 milioni di abitanti come Shanghai. Molti Paesi occidentali, al contrario, data la difficoltà di contenere il virus, hanno deciso di abbandonare qualunque restrizione [7].
Quali sono le basi scientifiche di questa raccomandazione?
I dati scientifici stessi sono in continua evoluzione, a mano a mano che si raccolgono nuove prove. Per questo il documento congiunto delle agenzie europee esordisce così: “Questa dichiarazione si basa sull’evidenza scientifica attualmente disponibile e, come tale, può essere soggetta a cambiamenti nel momento in cui saranno disponibili ulteriori dati”. Quelli che abbiamo sulla reale necessità, efficacia e soprattutto durata della protezione conferita da una nuova iniezione sono infatti ancora poco solidi.
Fin dalla fine del 2021, infatti, è stato osservato in studi indipendenti condotti dalle autorità sanitarie di molti Paesi, tra cui l’Italia, un calo della protezione contro l’infezione da Omicron e, in minor misura, contro la malattia, anche in chi aveva già avuto tre dosi di vaccino [8,9,10]. Nei mesi scorsi sono state contagiate molte persone che avevano ricevuto il richiamo, pur con un rischio di forme gravi e ricovero molto inferiore (per saperne di più leggi la nostra scheda “I vaccini proteggono anche dalla variante Omicron?”).
Israele, Paese che per primo ha iniziato le campagne vaccinali e che quindi altrettanto precocemente ha potuto osservare il calo di protezione, ha quindi iniziato una campagna rivolta inizialmente ad anziani e operatori sanitari. Almeno due studi condotti su persone dai 60 anni in su hanno dimostrato una riduzione del rischio di infezione, malattia grave e mortalità dopo un secondo richiamo [11,12]. L’effetto di questo nuovo stimolo è tuttavia molto transitorio, e dopo poche settimane la protezione torna a calare [13].
Per questo un ulteriore richiamo serve oggi soprattutto a prevenire i rischi per le persone fragili da qui all’estate. Su quali siano le strategie che si potranno adottare in autunno, invece, c’è ancora molto dibattito: i vaccini ad ampio spettro che sarebbero dovuti arrivare in primavera non si sono ancora visti e le aziende non sembrano avere fretta di produrre nuove versioni del vaccino mirate contro Omicron, col rischio che nel frattempo si selezioni una variante o ricombinante diversa, buttando via un vaccino che ancora protegge bene dagli esiti peggiori dell’infezione. Per il momento, quindi, si pensa soprattutto al presente, anche se gli esperti sanno bene che le decisioni per il futuro andrebbero prese ora, per non farsi trovare troppo impreparati [14].
Argomenti correlati:
CoronavirusVaccinazioniVaccini