18 Giugno 2021 di Ulrike Schmidleithner

Di ricette e comunicazione

Anni fa ho trovato a un mercatino delle pulci, in Austria, un quaderno con ricette di dolci trascritte intorno all’inizio del secolo scorso, con inchiostro nero, da un’amante della buona cucina. La calligrafia è quasi illeggibile perché in Kurrent (“un’antica forma di scrittura manuale tedesca basata sulla corsiva gotica”, come si legge su Wikipedia). Per qualcuno come me a cui piace il vintage, era un vero tesoro. Ero anche curiosa di provare qualcuna di queste ricette, ma prima dovevo superare l’ostacolo della scarsa leggibilità del testo. Su Internet ho trovato la traduzione dell’alfabeto della Kurrentschrift, ma continuava essere molto difficile decifrare le ricette, anche perché le cose scritte a mano non sono regolari come i testi stampati. Era come “La settimana enigmistica.”

Oggi lo userò come esempio per illustrare le difficoltà di comunicazione che durante la pandemia hanno dolorosamente evidenziato quanto sia controproducente non riuscire a comprendersi a vicenda.

La sconosciuta che ha trascritto le ricette di dolci ha usato un tipo di scrittura che aveva imparato a scuola, e che naturalmente anche gli altri erano in grado di leggere senza problemi. Il passare del tempo, connesso alla riforma della scrittura alle scuole tedesche nel 1941, ha ostacolato e per la maggior parte della persone distrutto il carattere comunicativo che è l’essenza delle parole scritte. Ovviamente gli storici e altri scienziati di determinate discipline devono conoscere questa antica scrittura per poter leggere documenti scritti in Kurrent.

Se non fossi stata interessata a comprendere quello che una donna sconosciuta vissuta un secolo fa ha scritto, il quaderno avrebbe per me solo un valore ornamentale, perché la Kurrentschrift è bella da vedere, soprattutto se abbinata all’aspetto vintage dei fogli. Un residuo di comunicazione ci sarebbe comunque, sapendo che si tratta di ricette trascritte da una donna che evidentemente amava cucinare i dolci. Naturalmente per lei il maggiore scopo era una comunicazione con se stessa: voleva ricordarsi le ricette che raccoglieva, per poterle rifare. Può darsi che abbia anche pensato che un giorno il quaderno, dopo la sua morte, sarebbe passato ad altri, ma molto probabilmente non immaginava che con il tempo i suoi scritti sarebbero diventati una specie di linguaggio cifrato.

In questo esempio si vede come sia possibile che delle semplici ricette in cui si parla di montare l’albume a neve, lavorare farina, uova, burro e zucchero, aromatizzare con la vaniglia, decorare con mandorle sbucciate diventino un enigma, indecifrabili per la gran parte delle persone.

Allora ci possiamo immaginare che cosa può succedere con informazioni infinitamente più complesse, come quelle scientifiche. Non c’è nemmeno bisogno che siano scritte con una calligrafia antica: sono già di per sé un enigma per la maggioranza delle persone anche se sono scritte in stampatello.

Ricetta n° 7. Vanille Kipferl, dolcetti tipici per Natale

La comunicazione viene ostacolata dal fatto che lo scienziato, che cerca di trasmettere una minuscola frazione del suo sapere sulla propria specializzazione, dovrebbe prima di tutto insegnare al pubblico le basi della scienza. Questo richiederebbe una preparazione specifica, del tempo e molta pazienza.

La gente non ascolterebbe perché lo troverebbe noioso e non ci vedrebbe alcun senso pratico. Ma senza le basi è molto difficile spiegare certi concetti a persone che non hanno nessuna preparazione.

È come dare in mano il vecchio quaderno di ricette a chi non conosce affatto la Kurrentschrift e dire: “Domani mi dovresti fare il dolce numero 7” (le ricette in quel libriccino sono numerate). Non saprebbe nemmeno quali ingredienti comprare. Eppure è solo una semplice ricetta di biscotti.

A volte ho la sensazione che i responsabili della comunicazione (inclusi i mass media) non abbiano ben presente che non si parla con persone che hanno sempre una preparazione culturale per comprendere concetti scientifici difficili. Purtroppo non basta che chi parla capisce quello che cerca di spiegare. È invece fondamentale che sia compreso dalle persone a cui la comunicazione è diretta. Se non si riesce a ottenere questo è come parlare con se stessi. Non solo è uno spreco di tempo, ma c’è un alto rischio di causare danni più gravi di quelli della pandemia stessa.

Se si spiega la ricetta di un dolce non c’è bisogno di raccontare con parole tecniche il procedimento con cui vengono prodotti gli ingredienti che servono: a chi ci ascolta basta indicare quanti grammi di burro, farina, latte e uova servono, qual è la sequenza dei vari passaggi (“sbattere i tuorli con lo zucchero fino a farli diventare una crema perfettamente montata”, “far sciogliere il cioccolato a bagnomaria” ecc.).

Allo stesso modo i cittadini hanno bisogno di avere informazioni pratiche, con spiegazioni chiare, frasi brevi e di facile comprensione, senza termini tecnici, un tipo di comunicazione che vada al sodo e spieghi quello che riguarda loro e la loro vita. Come nelle ricette – in cui di solito non si divaga ma si spiega passo passo quello che c’è da fare – bisogna trasmettere alle persone cose pratiche e farle sentire partecipi.

Se, al contrario, si fa credere alle persone che sono solo delle pedine in un gioco troppo grande per loro, non ci si deve meravigliare se le si perde per la strada e le ritroviamo poi nel seguito di personaggi strambi e poco raccomandabili, che però utilizzano una comunicazione di grande successo anche quando spiegano ricette che vedono tra gli ingredienti dei funghi velenosi.

A proposito di Kurrent e di comunicazione, ricordo il Poesiealbum (libretto delle amicizie) che la mia mamma aveva da bambina. Anch’io avevo un Poesiealbum, come tutte le mie amiche: era un modo simpatico per conservare per sempre il ricordo di persone che oggi non vediamo più, ma che almeno in quel periodo avevano un ruolo nella nostra vita.

Nel libriccino della mia mamma la mia bisnonna aveva scritto una dedica, proprio con questa calligrafia antica. Oggi la sua dedica mi sembra più attuale che mai.

“Quello che dici dev’essere vero,
come lo dici dev’essere chiaro,
il perché dev’essere saggio.
Altrimenti è meglio stare in silenzio.”

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“Das was du sagst, soll wahr sein;
das wie du’s sagst, soll klar sein.
Klug soll auch das warum sein,
sonst wär es besser stumm sein.”

Autore Ulrike Schmidleithner

Una mamma che segue dall’inizio del 2002 con grande passione la questione vaccini. In tutti questi anni ha approfondito ogni aspetto di questo tema. Conosce praticamente tutti gli argomenti usati dalle persone contrarie alle vaccinazioni. Ha controllato accuratamente ciascuno di questi assunti e ha scritto moltissimi articoli sul suo blog Vaccinar...SI’! e sulla pagina Facebook omonima, per spiegare in modo pacato e comprensibile anche a chi non ha studiato medicina come stanno realmente le cose secondo il parere della comunità scientifica. Ha sempre fatto controllare i suoi articoli da uno o più esperti per assicurare la correttezza scientifica, che è indispensabile per un tema così importante. Sul nostro sito cura “La rubrica della mamma” in cui si rivolge ai genitori stando al loro fianco.
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