Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi la causa di morte più comune a livello globale, con le patologie di origine ischemica, come l’infarto miocardico, a farla da padrone [1]. Sebbene siano stati fatti enormi passi in avanti nella gestione di questi episodi, infatti, le probabilità di sopravvivenza restano legate alla possibilità di sottoporre i pazienti a cure mediche entro pochi minuti.
C’è quindi un elemento che può fare la differenza – senza esagerazioni – tra la vita e la morte: la capacità di riconoscere rapidamente i primi sintomi di un infarto. Proprio poche settimane fa sono stati presentati i risultati di uno studio che ha mostrato come questa capacità si associ a una probabilità maggiore di essere sottoposti a interventi salva-vita e, di conseguenza, a esiti clinici migliori.
In occasione della Giornata mondiale del cuore (#WorldHeartDay) – campagna organizzata ogni 29 settembre dalla World Heart Federation (WHD) – vale quindi la pena fare un ripasso sui sintomi che possono essere indicativi di un infarto miocardico in atto. Il motto dell’edizione 2023 della Giornata è proprio “Use heart, know heart” (“Usa il tuo cuore, conosci il tuo cuore”), a sottolineare l’importanza di una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini.
“In un mondo in cui la conoscenza sulla salute del cuore è limitata e le politiche sono insufficienti o carenti” si legge nella pagine dedicata del sito della WHD “miriamo ad abbattere le barriere e a dare agli individui la possibilità di assumere il controllo del proprio benessere”.
Dottore, ma cos’è un infarto miocardico?
In genere un infarto miocardico, spesso chiamato “attacco cardiaco”, si verifica quando il flusso di sangue al cuore viene gravemente ridotto o bloccato dalla presenza di un’ostruzione a livello delle arterie coronariche. Sulle pareti delle arterie possono infatti formarsi degli accumuli di grasso (es. colesterolo) o di altre sostanze che, rompendosi, possono portare alla formazione di coaguli in grado di bloccare il passaggio del sangue.
Questa assenza di flusso sanguigno può danneggiare o distruggere parte del muscolo cardiaco, compromettendo la sua capacità di pompare sangue. In alcune situazioni specifiche un infarto miocardico può però verificarsi anche in assenza di un’ostruzione delle coronarie, nei casi in cui l’apporto di sangue al cuore è troppo basso o è troppo elevata la richiesta di ossigeno da parte del muscolo cardiaco [2]. A prescindere dal meccanismo sottostante l’evento, un infarto miocardico può causare, al pari di altre condizioni cardiache e altre non cardiache, un arresto del cuore.
È quello che può accadere in caso di una polmonite, un’infiammazione dei polmoni causata da infezioni batteriche o virali, che può compromettere anche gravemente lo scambio di ossigeno tra l’aria inspirata e il sangue. Quando le aree dei polmoni non ricevono sufficiente ossigeno il cuore deve lavorare più duramente per pompare il sangue ricco di ossigeno al corpo.
Situazione simile quando in seguito ad un’emorragia, ovvero una perdita di sangue, si riduce l’emoglobina disponibile e quindi la capacità del sangue di trasportare ossigeno. Anche per far fronte a questa situazione il cuore svolge un super lavoro che rischia di causare l’infarto anche in assenza di un’ostruzione coronarica.
Quali sono i sintomi dell’infarto miocardico?
Il sintomo più frequente – presente nell’80% dei casi – è una sensazione negativa a livello del petto, che può essere descritto dai pazienti in termini di dolore, pressione, rigidità, pesantezza o bruciore. Esistono però anche altri sintomi che possono essere indicativi di un infarto miocardico in corso, come:
- respiro corto;
- elevata sudorazione;
- dolore alla spalla o al braccio;
- dolore nella parte alta dell’addome (simile a quello causato da un’indigestione);
- dolore al collo o alla mascella;
- dolore nell’area compresa tra le due scapole;
- palpitazioni;
- fatica;
- nausea;
- vomito;
- vertigini [3].
Come indicato nelle ultime linee guida della Società europea di cardiologia sulla gestione di questi casi, pubblicate meno di un mese fa, alcuni sintomi possono manifestarsi con frequenza diversa negli uomini e nelle donne. Mentre sintomi quali il dolore al petto, la sudorazione, il dolore all’addome e al braccio si presentano comunemente in entrambi i sessi, altri sono più frequenti nelle donne, come le vertigini, la nausea, il vomito, le palpitazioni, la fatica, il dolore al collo o alla mascella e quello nell’area compresa tra le due scapole [3].
Come ci si deve comportare in presenza dei sintomi di un infarto miocardico?
Chi ha questi sintomi o li riconosce in un’altra persona deve chiamare immediatamente il 118 e seguire le indicazioni degli operatori del servizio d’emergenza. In caso di infarto miocardico, infatti, il paziente deve essere portato il più rapidamente possibile in ospedale per essere sottoposto a un intervento utile a rimuovere l’ostruzione a livello delle arterie coronariche e ripristinare il flusso sanguigno [4]. Tale riapertura può anche essere fatta utilizzando una terapia farmacologica, ma solo in casi selezionati e comunque sempre in un contesto ospedaliero.
Sono invece inutili, e quindi pericolose, tutte le pratiche di intervento “fai da te” di cui si trova notizia online. Periodicamente, ad esempio, torna a circolare in rete la bufala che suggerisce di tossire in modo energico per autosomministrarsi un massaggio cardiaco (per altro utile solo in caso di arresto). Questa pratica, come tutte quelle che non prevedono l’intervento tempestivo di un medico, ha il solo effetto di ritardare il ricorso al 118 e ridurre quindi le probabilità di sopravvivenza.
“È importante che la consapevolezza dei sintomi associati alle sindromi coronariche acute sia elevata nella popolazione generale in particolare per sintomi quali il dolore toracico prolungato (>15 min) e/o ricorrente entro un’ora, che dovrebbe spingere i pazienti o chi è presente a cercare assistenza medica urgente”, si legge nelle linee guida europee. “Formazione continua, promozione e advocacy sono importanti per fare in modo che queste informazioni siano il più ampiamente disponibili alla popolazione generale” [3].
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