Qualunque vaccino stimola una risposta immunitaria. È abbastanza comprensibile quindi che chi già soffre di una malattia cronica dovuta a una reazione eccessiva o mirata contro un bersaglio sbagliato – come nel caso delle malattie autoimmuni – si preoccupi che, nel tentativo di proteggersi da Covid-19, possa peggiorare la sua situazione di base, o innescare nuovi meccanismi patologici [1]. Può capitare che anche gli stessi medici in queste situazioni si mostrino incerti, instillando dubbi nelle persone che a loro si sono rivolte.
Non sono situazioni così rare. Malattie autoimmuni come tiroiditi, connettivopatie, artriti, psoriasi o malattie infiammatorie intestinali (malattia di Crohn e colite ulcerosa) nel loro insieme riguardano una fetta non trascurabile della popolazione, che tuttavia non può essere definita “antivax” solo perché esita a prenotare la prima dose. L’ipotesi che i vaccini potessero essere più pericolosi per queste categorie di pazienti è infatti stata presa molto sul serio e verificata da decine di gruppi di ricercatori nelle diverse discipline in ogni parte del mondo.
Dottore, quindi se ho una malattia autoimmune posso vaccinarmi contro Covid-19 o no?
La Società europea di reumatologia (EULAR), per esempio, ha aperto un registro per raccogliere tutti i dati relativi ai pazienti a mano a mano che questi venivano vaccinati, e ha potuto così verificare che reazioni autoimmuni dovute a un “risveglio” delle difese innescato dal vaccino anti Covid sono rare [2].
Sulla base degli studi pubblicati finora, e che ormai comprendono decine di migliaia di pazienti, anche tutte le altre principali società scientifiche concordano sul fatto che i benefici della vaccinazione contro Covid-19 con i prodotti a oggi disponibili superino comunque qualsiasi rischio teorico, compresa l’ipotesi che vi possa essere una recrudescenza della malattia di base [3-7]. Sebbene questi pazienti possano essere vaccinati anche quando la malattia è in fase attiva, in generale e nei limiti del possibile si suggerisce tuttavia di preferire periodi di remissione clinica o almeno di bassa attività, se questa è raggiungibile in breve tempo.
Considerazioni simili si applicano anche ai pazienti con sclerosi multipla, un’altra malattia infiammatoria su base autoimmune che esula dal campo di quelle reumatiche. In questi casi la vaccinazione è fortemente raccomandata [8]. Per quanto riguarda il timore di recrudescenze della malattia, uno studio condotto in diversi centri italiani non ha riscontrato, in oltre 200 pazienti, una maggior frequenza di ricadute nei due mesi successivi alla vaccinazione contro Covid-19 rispetto ai due precedenti [9].
Dottore, i farmaci che prendo potrebbero influire?
Una completa revisione sui rapporti tra malattie autoimmuni e Covid-19 pubblicata su Lancet Rheumatology pochi mesi fa ha sottolineato che il rischio legato al contagio in questi pazienti dipende, più che dal tipo di condizione, dai farmaci assunti per controllarlo: gli steroidi possono peggiorare l’evoluzione dell’infezione, mentre gli inibitori delle citochine, usati anche nella cura delle forme gravi di Covid-19, se già prese abitualmente possono evitare le conseguenze peggiori della polmonite, quelle indotte dalla cosiddetta “tempesta citochinica” [10].
Alcuni di questi farmaci, come il metotrexate, rendono purtroppo meno efficace la vaccinazione, soprattutto nei più anziani [11,12]. In questi casi, si dovrebbe sempre concordare con il medico il momento più adatto per prenotare il vaccino, in relazione all’andamento della malattia e al conseguente uso e dosaggio dei farmaci presi per controllarla. In questi casi è stato inoltre dimostrato che una terza dose addizionale può aumentare le probabilità di una risposta protettiva [13].
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