Il condizionale è d’obbligo, ma – tra tanti pericoli di diversa natura con cui i cambiamenti climatici minacciano la salute umana – potrebbe esserci anche il fungo Candida auris, chiamato così perché isolato per la prima volta nell’orecchio (in latino, “auris”) di una donna giapponese nel 2009 [1]. Dello stesso genere della più comune Candida albicans, causa del “mughetto” orale dei bambini e vaginale delle donne, Candida auris è capace di provocare nei soggetti molto fragili una malattia invasiva ad alta letalità resistente ai farmaci [2].
Rispetto ad altri virus, batteri e funghi emergenti, questo ha subito mostrato una proprietà unica, che ha lasciato i ricercatori disorientati. La nuova infezione non è infatti dilagata a partire da un unico punto del pianeta bensì, nello stesso periodo di tempo, da tre diversi continenti: l’analisi del DNA di campioni di Candida auris provenienti da diverse parti del mondo ha mostrato che negli stessi anni, tra il 2012 e il 2015, in maniera del tutto indipendente tra loro, tre diversi progenitori della stessa specie di fungo – che fino ad allora vivevano nel terreno, in ambienti paludosi – hanno dato origine a tre diverse stirpi (in termini tecnici “cladi”), rispettivamente nel subcontinente indiano, in Sudafrica e in Venezuela, tutte resistenti ai più comuni farmaci antimicotici, gli azoli, così chiamati a partire dal suffisso dei loro nomi (ad esempio il fluconazolo) [3].
La comparsa di Candida auris può dipendere dagli antifungini usati in agricoltura?
I ricercatori hanno iniziato a pensare che la simultaneità del fenomeno richiedesse una o più cause comuni, insorte di recente in contesti così differenti. Per prima cosa è stata esclusa l’ipotesi che semplicemente questi funghi non fossero stati individuati prima: da un’analisi a posteriori, a parte un singolo caso nel 1996 e uno nel 2008, Candida auris non è stata ritrovata in nessun campione precedente al 2009, compresa una collezione di oltre 15.000 campioni prelevati negli anni in quattro continenti.
Più verosimile è che alla selezione di ceppi resistenti ai medicinali abbia contribuito l’uso di sostanze antifungine nella cura degli esseri umani, negli animali o nell’ambiente: ciò tuttavia non spiega perché tutt’a un tratto questo fungo abbia acquisito in tutto il mondo la capacità di infettare gli esseri umani.
Inoltre, altre specie di candida hanno acquisito resistenza ai farmaci antimicotici già da molti anni prima che comparisse Candida auris e non sembra esserci una correlazione tra i luoghi in cui è emerso questo fungo con quelli in cui, proprio a causa dell’uso di azoli in agricoltura, sono emersi ceppi resistenti agli antimicotici di un altro fungo (Aspergillus). E l’aspergillosi provocata da questo fungo esisteva già prima che subentrasse la resistenza alle cure: la capacità di infettare gli esseri umani (patogenicità) e la resistenza ai farmaci sono due proprietà diverse, da non confondere tra loro.
Dottore, il nostro sangue caldo ci protegge dai funghi?
I mammiferi sono infestati da funghi molto meno spesso di piante e altri animali, sia a causa delle difese messe in atto da un sistema immunitario evoluto, sia per la loro capacità di termoregolazione, che li fa definire animali “a sangue caldo”, come gli uccelli e diversamente da rettili, anfibi, pesci o insetti. È stato addirittura ipotizzato che proprio la temperatura corporea potrebbe aver protetto mammiferi e uccelli da una pandemia fungina che avrebbe sterminato i rettili alla fine del Cretaceo, così come accaduto alla fine del secolo scorso con gli anfibi, di cui si sarebbero drasticamente ridotte oltre 500 specie, con la probabile estinzione di una novantina [4,5].
Per cercare di comprendere il possibile ruolo delle temperature è stata quindi messa a confronto la resistenza al calore di Candida auris e di altre specie molto simili, scoprendo che la maggioranza di queste in effetti non sopravvivevano alle temperature tipiche dei corpi dei mammiferi [6]. La stessa Candida auris d’altronde è stata individuata per la prima volta nel canale esterno dell’orecchio e in genere colonizza la pelle degli esseri umani, ma non si trova nell’intestino, dove la temperatura è più alta.
Da queste osservazioni è nata l’ipotesi che il fungo abbia acquisito la capacità di infettare gli esseri umani perché selezionato a sopravvivere a temperature più elevate dal riscaldamento del terreno che, a causa dalla crisi climatica, si è verificato negli ultimi decenni in diverse parti del globo. Si tratta, è bene ripeterlo, di una semplice ipotesi che per ora non è stata provata. Ma è un’ipotesi plausibile, che non esclude la concomitanza di altri fattori [7].
Candida auris può infettare gli esseri umani a causa del riscaldamento del terreno dovuto alla crisi climatica?
Secondo questa teoria Candida auris era originariamente un saprofita che si nutriva di piante in decomposizione in ambienti paludosi: il riscaldamento di queste aeree insieme all’aumento della loro salinità avrebbe permesso la sopravvivenza dei soli ceppi di funghi in grado di resistere alle nuove condizioni. Come nel caso dell’influenza aviaria, uccelli acquatici potrebbero aver trasportato le spore dei funghi in aree rurali dove è facile il loro contatto con esseri umani.
Candida auris, tuttavia, non provoca alcun disturbo in soggetti sani, con un sistema immunitario valido. Si limita a colonizzare la pelle, dove può restare per mesi, così come le spore in cui si racchiude possono persistere sulle superfici per settimane. Il fungo può così venire a contatto con individui fragili, il cui sistema immunitario non è in grado di creare una barriera efficace al passaggio del fungo al sangue e agli organi interni. Ciò accade tipicamente negli ospedali o nelle residenze per anziani, dove possono verificarsi focolai.
Dottore, negli ultimi anni i casi di Candida auris sono aumentati?
Di Candida auris si è parlato recentemente perché i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie del governo statunitense hanno lanciato l’allarme: negli Stati uniti, dal 2019 al 2021, i casi di pazienti colpiti dalla micosi sono triplicati. Se poi si considerano anche i soggetti sani e senza sintomi sulla cui pelle è stato scoperto il fungo a seguito di controlli di screening, l’incremento risulta ancora più vertiginoso [8,9].
In Italia il primo caso di infezione invasiva è stato segnalato nel 2019, ma è soprattutto nei primi due anni della pandemia (2020-2021) che le strutture sanitarie sono state messe in allerta, dopo che un focolaio nato in Liguria ha cominciato a diffondersi in altre Regioni del nord [10]. È difficile dire se Covid-19 abbia influito sulla diffusione del fungo, ma è probabile che le difficoltà in cui si sono trovate le strutture sanitarie, sovraccaricate dalle successive ondate di pazienti critici, abbia da un lato aumentato il numero di soggetti suscettibili e dall’altro abbia provocato una minore attenzione, o addirittura l’impossibilità di mettere in atto le misure igieniche di contenimento delle infezioni ospedaliere [11].
Dottore, sembra di essere in una serie televisiva…
È importante ricordare che una persona in buone condizioni di salute non è a rischio di contrarre questa grave infezione che può uccidere dal 30 al 60% dei pazienti colpiti dalla forma invasiva. Nonostante le somiglianze con il presupposto narrativo della serie televisiva “The Last of Us”, al momento non ci sono le condizioni per cui questa micosi possa rappresentare una minaccia per la popolazione generale. A livello di strutture sanitarie, però, si aggiunge ai tanti microrganismi resistenti agli antimicrobici che possono colpire gli individui fragili negli ospedali e nelle residenze per anziani, e per questo richiama alla necessità di rispettare in maniera rigorosa le indicazioni igieniche prescritte in questi contesti [12].
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