Il bisfenolo A fa male alla salute?

13 Ottobre 2023 di Roberta Villa

Il bisfenolo A è una sostanza chimica molto usata da decenni per produrre plastiche e resine. Si trova soprattutto nel policarbonato, un diffuso tipo di plastica rigida trasparente con cui si fanno contenitori di liquidi, per lo più acqua, e in altri materiali con cui si rivestono barattoli e lattine per bibite e alimenti. La maggior parte delle bottiglie e bottigliette di plastica per acqua e bibite, invece, sono in PET (polietilene tereftalato), che non contiene bisfenolo A [1].

Si ritiene che questa sostanza possa interferire con la fertilità e con il sistema immunitario. La sua molecola è molto simile a quella dell’estradiolo, il più importante ormone estrogeno femminile, e perciò può interagire stimolando o bloccando vari recettori che nell’organismo mediano l’azione di questo e altri ormoni. È pertanto considerato un “interferente endocrino” [2].

Il passaggio di questa sostanza nelle bevande e negli alimenti in genere è minimo e non produce danni immediati. Per il timore tuttavia che anche l’assunzione di piccolissime quantità, se prolungata per anni, potesse minacciare la salute soprattutto dei più piccoli, fin dal 2011 la Commissione europea ha vietato l’uso di bisfenolo A nella produzione dei biberon di policarbonato [3].

Dottore, negli ultimi mesi è stato lanciato un allarme sul bisfenolo A?

La Commissione europea stabilisce norme come questa dopo aver sentito il parere di diverse agenzie tecniche, incaricate di fornire ai decisori gli elementi scientifici su cui basare i loro provvedimenti. Di bisfenolo A si sono occupate a oggi soprattutto l’Agenzia europea per l’ambiente (European Environment Agency, EEA) e l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Agency, EFSA).

Quest’ultima, ad aprile 2023, ha aggiornato una precedente valutazione del rischio, che risaliva al 2015. Dopo aver esaminato centinaia di studi pubblicati da allora ha abbassato la “soglia giornaliera tollerabile”, cioè la quantità di bisfenolo A che non provocherebbe danni significativi alla salute nemmeno se fosse ingerita quotidianamente per tutta la vita. Questa situazione, improbabile per la maggior parte delle sostanze, non è così poco plausibile per il bisfenolo A, data la sua larghissima diffusione nei materiali di uso domestico e nell’ambiente.

Alla luce delle ultime ricerche, l’EFSA ha quindi stabilito che la quantità di bisfenolo A assunta ogni giorno considerata tollerabile fino a pochi mesi fa non poteva più essere considerata sicura, e l’ha abbassata di circa 20.000 volte: da 4 microgrammi (4 milionesimi di grammo) per chilogrammo di peso corporeo al giorno, a 0,2 nanogrammi (0.2 miliardesimi di grammo) sempre per chilogrammo di peso corporeo al giorno, una quantità che di fatto corrisponde a bandire la sostanza.

Già da molto tempo, comunque, laddove è stato possibile, il bisfenolo A è stato sostituito con due molecole analoghe, bisfenolo F ed S, che tuttavia sono a loro volta guardate con sospetto, perché potrebbero facilitare l’insorgenza di obesità e diabete [4].

Dottore, sono tutti sono d’accordo?

La linea di massima precauzione adottata dall’EFSA non è stata condivisa da un altro importante organismo tecnico, l’Agenzia europea per i medicinali (European Medicine Agency, EMA). Quest’ultima è coinvolta nel dibattito perché il bisfenolo A si può trovare nei materiali usati per la confezione dei farmaci, nei loro contenitori e nelle sacche di plastica che contengono i prodotti per la nutrizione parenterale [5].

Riconoscendo che pareri discordi potevano creare confusione nel pubblico, rappresentanti delle due agenzie si sono incontrati per discutere la possibilità di raggiungere una posizione comune, a cui purtroppo tuttavia non si è arrivati. Secondo i rappresentanti di EMA, infatti, i dati più importanti tra quelli che hanno spinto l’EFSA a modificare i suoi criteri si basano solo su ricerche condotte su topi e altri animali da laboratorio, ma non ci sono prove altrettanto solide che l’esposizione a cui sono sottoposti gli esseri umani nella loro vita quotidiana possa provocare i medesimi effetti. Gli esperti dell’EFSA si sono inoltre affidati a indicatori surrogati di un possibile danno, per esempio la conta di particolari cellule immunitarie nella milza o il numero di follicoli nell’ovaio degli animali, invece di valutare l’asma o l’infertilità che queste alterazioni potrebbero in teoria provocare.

L’EMA inoltre richiede prove di causalità più stringenti per determinare il rapporto di causa ed effetto tra una sostanza, che nel suo caso è per lo più un farmaco, e un evento avverso che ne può conseguire, mentre l’EFSA si concentra sullo stabilire dosi sicure nonostante un’esposizione prolungata e per tutta la popolazione (tra cui anche soggetti eventualmente più suscettibili, come le donne in gravidanza).

Dottore, ma a quanto bisfenolo A siamo esposti ogni giorno?

La posizione di EFSA sembra giustificata anche dai risultati di uno studio condotto in 11 Paesi europei nell’ambito di un progetto di biomonitoraggio della salute umana (Human BioMonitoring for EU, HBM4EU), i cui risultati sono stati resi pubblici a metà settembre 2023.

I ricercatori hanno misurato la concentrazione di bisfenolo A, S ed F nelle urine di quasi 3.000 adulti di Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Islanda, Lussemburgo, Polonia, Portogallo e Svizzera, trovando livelli superiori al consentito in una percentuale variabile dal 70 al 100% delle persone esaminate. Il risultato sarebbe già preoccupante, ma per limiti tecnici legati al metodo gli esperti ritengono plausibile che di fatto la totalità delle persone testate avesse valori superiori alla soglia [6].

Argomenti correlati:

Medicina

Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
Tutti gli articoli di Roberta Villa