Seguiamo tutti con attenzione, e spesso con preoccupazione, l’andamento delle vaccinazioni contro Covid-19 nelle diverse regioni italiane. E non solo: guardiamo con curiosità anche a quello che accade in altre nazioni vicine alla nostra. La European Medicines Agency (EMA) ha pubblicato il 7 aprile un aggiornamento in merito alla sicurezza di Vaxzevria (Oxford/AstraZeneca) [1]:
“Il comitato per la sicurezza ha concluso oggi che gli insoliti coaguli di sangue associati ad una riduzione delle piastrine devono essere classificati come effetti collaterali molto rari. Nel giungere a questa conclusione, il comitato ha preso in considerazione tutte le prove attualmente disponibili, compreso il parere di un gruppo di esperti nominati ad hoc.”
Nel comunicato, EMA raccomanda agli operatori sanitari e alle persone alle quali il vaccino viene somministrato di tenere presente la possibilità che l’effetto collaterale oggetto di segnalazioni (al 22 marzo 2021 erano 86 casi complessivi su circa 25 milioni di vaccinazioni) si possa verificare entro due settimane dalla vaccinazione. Ad oggi – precisa EMA – la maggior parte dei casi segnalati si è verificata in donne di età inferiore a 60 anni entro due settimane dalla vaccinazione, ma sulla base delle prove attualmente disponibili, non sono stati evidenziati specifici fattori di rischio. Rispetto al numero dei casi, una nota in calce allo stesso comunicato dell’EMA precisa che al 4 aprile 2021 i casi di trombosi venosa dei seni cerebrali erano diventati 169 e quelli di trombosi della vena splenica erano 53.
La conclusione alla quale è pervenuta EMA giunge dopo una valutazione condotta in modo costante nelle ultime settimane. Già lunedì 29 marzo l’Agenzia europea aveva convocato una riunione del gruppo di esperti per approfondire la valutazione in corso sul vaccino Vaxzevria. In un comunicato del 31 marzo 2021 numerosi esperti esterni all’agenzia e indipendenti dalle industrie, competenti in discipline e specialità mediche diverse, compresi medici ematologi (ovvero specialisti nelle malattie del sangue), neurologi ed epidemiologi, avevano discusso specifici aspetti clinici dei casi segnalati, formulando ipotesi sui possibili meccanismi che potrebbero aver determinato la formazione di coaguli di sangue (trombi) nelle vene di alcune persone sottoposte a vaccinazione [2].
Come abbiamo detto, il comitato dell’EMA ha focalizzato la propria attenzione sulla possibilità di identificare dei fattori di rischio preesistenti che potrebbero aver favorito questi eventi avversi in determinate persone anche per definire, eventualmente, delle raccomandazioni mirate che avrebbero potuto sconsigliare questo vaccino a popolazioni più a rischio. Anche per questo, un altro importante compito del gruppo di esperti è stato quello di richiedere all’Agenzia stessa i dati aggiuntivi necessari per caratterizzare ulteriormente gli eventi osservati e il rischio potenziale. Il risultato del lavoro di ogni commissione di esperti viene sempre successivamente discusso dal comitato per la valutazione dei rischi in tema di farmacovigilanza dell’EMA, il Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC), organismo che ha redatto il comunicato diffuso il 7 aprile [1].
A quali persone, allo stato attuale delle cose, è suggerito l’uso del vaccino Vaxzevria (Oxford/AstraZeneca)?
Successivamente al parere del gruppo di lavoro del Consiglio Superiore di Sanità, una circolare del Ministero della Salute dell’8 marzo 2021 aveva permesso l’uso del vaccino Oxford/AstraZeneca a tutti i cittadini, a eccezione delle persone che soffrono di patologie che le rendono estremamente vulnerabili [3]. Questa circolare è stata aggiornata e superata da quella del giorno 8 aprile 2021 della Direzione generale della prevenzione sanitaria dello stesso Ministero, che conferma che il vaccino Vaxzevria è da intendersi “approvato a partire dai 18 anni di età” ma che:
“sulla base delle attuali evidenze, tenuto conto del basso rischio di reazioni avverse di tipo tromboembolico a fronte della elevata mortalità da Covid-19 nelle fasce di età più avanzate, si rappresenta che è raccomandato un suo uso preferenziale nelle persone di età superiore ai 60 anni. In virtù dei dati ad oggi disponibili, chi ha già ricevuto una prima dose del vaccino Vaxzevria, può completare il ciclo vaccinale col medesimo vaccino” [4]
Questa indicazione è stata formulata sulla base delle evidenze scientifiche raccolte successivamente all’approvazione del vaccino: quindi, facendo riferimento ai dati che si stanno raccogliendo in tutto il mondo. Va detto che i dati acquisiti dopo la conclusione degli studi che hanno portato all’approvazione del vaccino – come si suol dire: dati del mondo reale – restituiscono stime di efficacia del vaccino superiori a quelle precedentemente riportate, e una migliore capacità di indurre una risposta immunitaria nelle persone di età superiore ai 55 anni.
Cosa può dirmi, dottore, dei casi di effetti avversi segnalati dopo alcune vaccinazioni?
Come ha spiegato la commissione dell’Agenzia europea approfondendo i “segnali di sicurezza”, una spiegazione plausibile della combinazione di trombosi dovute a coaguli di sangue e riduzione della quantità di piastrine potrebbe essere in una risposta immunitaria che porterebbe a una condizione simile a quella osservata a volte nei pazienti trattati con eparina. Ma è un’ipotesi ancora oggetto di studio.
È importante sottolineare, però, l’importanza di un trattamento medico specialistico tempestivo. L’attività di farmacovigilanza dei sistemi sanitari ha permesso di allertare i professionisti sanitari, mettendoli nella condizione di intervenire di precocemente nel caso i loro assistiti presentassero un quadro clinico compatibile con quello che è stato oggetto di segnalazione.
Il Ministero della Salute riferisce che:
“la maggior parte dei casi è stata segnalata in soggetti di età inferiore ai 60 anni e prevalentemente nelle donne. Tali eventi sono stati osservati per lo più entro 14 giorni dalla somministrazione della prima dose di vaccino. Al momento non esistono dati sul rischio correlato alla seconda dose in quanto al momento essa è stata somministrata solo ad un numero limitato di soggetti” [4].
Cos’è un “segnale di sicurezza”?
Si tratta dell’informazione su un evento avverso nuovo o non completamente documentato che è potenzialmente causato da un medicinale o da un vaccino, e che richiede ulteriori indagini. In questi casi le segnalazioni sono sottoposte alla valutazione del PRAC. Una volta completata la revisione, il PRAC formula le raccomandazioni necessarie per ridurre al minimo i rischi e proteggere la salute dei pazienti. Le raccomandazioni sono inviate al Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP), che formula il parere dell’Agenzia.
Ad oggi, 8 aprile 2021, cosa sappiamo sul vaccino Vaxzevria (Oxford/AstraZeneca)?
L’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha ribadito che i rischi connessi alle vaccinazioni sono di gran lunga inferiori a quelli legati alla Covid-19. In altri termini, il rapporto tra rischi e benefici dei vaccini non è da mettere in discussione. Le conclusioni dell’EMA sono state confermate dal Ministero che ha precisato che:
“sulla base delle attuali stime di incidenza che indicano l’estrema rarità degli eventi sopra descritti, il bilancio beneficio/rischio del vaccino Vaxzevria si conferma complessivamente positivo, in quanto il vaccino è sicuramente efficace nel ridurre il rischio di malattia grave, ospedalizzazione e morte connesso al Covid-19. Attualmente tale bilancio appare progressivamente più favorevole al crescere dell’età, sia in considerazione dei maggiori rischi di sviluppare Covid-19 grave, sia per il mancato riscontro di un aumentato rischio degli eventi trombotici sopra descritti nei soggetti vaccinati di età superiore ai 60 anni” [4].
È normale che le autorità sanitarie cambino spesso opinione?
Sì, anche se ci permetteremmo di correggere la sua domanda perché non si tratta di “opinioni” ma di raccomandazioni formulate dopo un’attenta valutazione delle prove scientifiche disponibili. “Capisco l’esitazione di fronte a messaggi contraddittori, che generano incertezza” ha dichiarato Alberto Mantovani al Corriere della Sera [5]. Il medico e ricercatore della università Humanitas ha proseguito riprendendo alcuni concetti che prima abbiamo esposto:
“Bene che si analizzino tutti i dati disponibili su possibili eventi avversi in giovani donne, a protezione della salute pubblica. I casi gravi di trombosi osservati in relazione al vaccino potrebbero essere forse causati, secondo una recente pubblicazione, dalla formazione di autoanticorpi, come succede, in rarissimi casi, durante trattamenti con eparina: una condizione definita Vaccine induced prothrombotic immune thrombocytopenia (VIPT). Se confermata, l’osservazione potrebbe guidare la diagnosi e la terapia di questi, pur molto rari, eventi avversi”.
In presenza di sospetti sulla sicurezza di un vaccino, non converrebbe utilizzare solo quelli che sembrano essere più sicuri?
Le decisioni di politica sanitaria devono sempre tenere conto di un insieme di fattori. Tanto più in un momento come quello attuale, durante il quale il mondo intero sta confrontandosi con una pandemia che si è tradotta in un’emergenza sanitaria, sociale ed economica senza precedenti. Tutte le nazioni stanno cercando di mettere d’accordo la necessità di vaccinare la popolazione più rapidamente possibile, seppur con una disponibilità ancora inadeguata di scorte di vaccini. Pertanto, “qualsiasi sforzo per stabilire una sorta di ‘classifica’ dei vaccini deve tenere conto non solo della loro efficacia dichiarata, ma anche delle forniture, dei costi, della logistica di implementazione, della durata della protezione che offrono e della loro capacità di proteggere dalle varianti virali emergenti” [6].
Eppure, non dovrebbe essere difficile stabile quali siano i vaccini “migliori” …
“È un’idea allettante, ma semplicemente non è possibile confrontare direttamente l’efficacia dei vaccini solo sulla base dei risultati presentati alle agenzie regolatorie al momento della richiesta di approvazione” ha detto David Kennedy alla rivista Nature [6]. Kennedy, che studia l’ecologia e l’evoluzione delle malattie infettive alla Pennsylvania State University negli Stati Uniti, non ha potuto non ricordare che “ogni misura di efficacia è accompagnata da un grado di incertezza e gli studi potrebbero essere condizionati dalla diversa classificazione di aspetti importanti nella determinazione della malattia”. Basti pensare alla difficoltà di definire il livello di gravità della Covid-19 (da grave a moderato) che è uno dei criteri guida nella valutazione della protezione offerta dai vaccini.
Perché il vaccino Oxford/AstraZeneca era inizialmente sconsigliato agli anziani e ora potrebbe essere addirittura loro riservato?
È un possibile risultato dell’attività di farmacovigilanza. Dobbiamo sottolineare, infatti, che la ricerca in ambito farmacologico – ma più in generale in ambito terapeutico – non si arresta al momento dell’approvazione di un medicinale o di una tecnologia.
Quindi, l’adattamento delle strategie vaccinali ai dati raccolti costantemente è una notizia che dovrebbe tranquillizzarci. In tanti Paesi del mondo, la ricerca sta lavorando per mettere a punto le migliori strategie vaccinali, anche in termini di dosi, programmi e combinazioni di vaccini. Non si conosce ancora con sicurezza la durata dell’immunità mediata dal vaccino o l’impatto che potranno avere le vaccinazioni sulla diffusione del Coronavirus. “Non si tratta solo di rendere disponibili i vaccini il più velocemente possibile”, afferma Mark Jit, epidemiologo e studioso di vaccini presso la London School of Hygiene & Tropical Medicine “ma di assicurarci che, man mano che questi farmaci vengono utilizzati, siano portati avanti studi di sorveglianza per stabilire come agiscano nei diversi scenari” [6].
Stiamo osservando la pandemia e le strategie di prevenzione e di protezione in tempo reale: alla fine del prossimo mese, gli scenari potrebbero essere diversi. Ma occorre avere fiducia che il cambiamento possa essere positivo. Il requisito fondamentale è che i dati raccolti dai ricercatori siano ottenuti correttamente e comunicati in maniera trasparente, fugando ogni dubbio sulle difficoltà di comunicazione che si sono verificate nelle ultime settimane. Infatti, il 23 marzo è stato comunicato dall’Istituto statunitense per le allergie e le malattie infettive che il comitato di monitoraggio incaricato di garantire la sicurezza e l’accuratezza degli studi sul vaccino Oxford/AstraZeneca aveva espresso la preoccupazione che i risultati potessero fornire una visione incompleta dell’efficacia della somministrazione [7]. L’industria produttrice del vaccino ha assicurato la revisione dei dati e l’accuratezza delle successive informazioni [8].
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