Il morbillo nel primo anno di vita
Uno degli “argomenti” contro la strategia vaccinale per l’eliminazione del morbillo è che oggi, rispetto all’era pre-vaccinale, il rischio di contrarre questa malattia per i bambini molto piccoli sia aumentato, e che siano i vaccini ad aver creato questa situazione. Ma è veramente così?
Prima dell’introduzione della vaccinazione contro il morbillo, praticamente tutti si ammalavano da bambini o adolescenti. Perciò la gran maggioranza delle donne aveva un alto tasso di anticorpi da trasmettere al bambino nelle ultime settimane di gravidanza, proteggendolo nei primi mesi di vita da questa malattia.
Da quando è stata introdotta la vaccinazione e soprattutto da quando la quota di vaccinati è aumentata, sempre più donne non si sono ammalate di morbillo per uno dei seguenti motivi:
- Sono immuni al virus del morbillo perché sono state vaccinate.
- Se invece sono suscettibili, non hanno ancora avuto contatto con il virus che grazie al crescente numero di bambini protetti dalla vaccinazione circola con sempre più difficoltà. Questo effetto si chiama immunità di gruppo (o gregge) e quando la quota di persone immuni raggiunge o supera il 95% è possibile eliminare il morbillo quasi del tutto.
Nel primo caso le donne trasmettono gli anticorpi al bambino, come nell’era pre-vaccinale, ma in una concentrazione un po’ più bassa, anche perché sono esposte meno ai richiami naturali, visto che il virus non circola più ampiamente come nel passato. Questo significa che la protezione passiva nel bambino svanisce prima se confrontato con quella dell’era pre-vaccinale.
Nel secondo caso il bambino non riceve alcuna protezione passiva perché una donna che non ha mai sviluppato gli anticorpi contro il morbillo non ha niente da potergli trasmettere. A tutti gli effetti è quindi una persona che può ancora ammalarsi e trasmettere la malattia ad altre persone. Questa situazione è assolutamente da evitare perché pericolosa per la donna stessa e per il suo bambino, soprattutto quando si vive in un Paese in cui il morbillo è ancora presente, come in Italia.
Chi usa questa situazione per convincere i genitori che il programma vaccinale elaborato dagli esperti abbia un effetto deleterio per la popolazione, fa generalmente credere che nell’era pre-vaccinale solo molto raramente un bambino di meno di un anno si ammalasse di morbillo, mentre oggi questo numero è aumentato.
Come molti degli argomenti antivaccinali, anche questo contiene un granello di verità.
È corretto dire che oggi la percentuale dei casi di morbillo nei bambini di meno di un anno è aumentata rispetto al passato, ma solo in rapporto al totale dei casi segnalati. Sia il numero totale dei casi sia quello riferito ai bambini da 0 a 12 mesi è oggi enormemente diminuito. Basta confrontare le notifiche di alcuni decenni fa con quelle di oggi.
Per esempio, negli anni recenti – che sono stati anni epidemici, cioè ad alta circolazione del virus del morbillo nella popolazione -, in Italia è stato registrato il seguente numero di casi in bambini di meno di 1 anno:
- dal 1/1/17 al 31/12/17: 282 casi (circa il 6% del totale dei casi segnalati) [1]
- dal 1/1/18 al 31/12/18: 161 casi (circa il 6% del totale dei casi segnalati) [2]
Invece nell’era pre-vaccinale, cioè negli anni che hanno preceduto l’introduzione della vaccinazione di massa – che in Italia è avvenuta nel 1976 – e nel periodo successivo in cui la copertura vaccinale era ancora bassissima, sono stati notificati all’ISTAT ogni anno in media 1.300 casi di morbillo in bambini di meno di 1 anno, in media circa il 3% sul totale dei casi segnalati (Dr. D’Ancona – Istituto Superiore di Sanità, comunicazione personale). C’è da considerare la sottonotifica che era più accentuata nel Sud Italia e che registrava, per motivi demografici, più casi in questa fascia di età [3].
Nei primi decenni del secolo scorso, quando praticamente nessuno sfuggiva al morbillo, si notava che generalmente i neonati non si ammalavano nei primi mesi di vita. Ma già a partire dal terzo mese si poteva osservare una graduale riduzione dell’immunità passiva, All’inizio del secolo scorso, un ricercatore, Herrman C. ha raccolto dati sulla percentuale di bambini da 0 a 9 mesi che si sono ammalati dopo essere venuti a contatto con un malato di morbillo [4].
- Nel primo mese di vita: 0%
- Nel secondo mese di vita: 0%
- Nel terzo mese di vita: 5%
- Nel quarto mese di vita 10%
- Nel quinto mese di vita 25%
- Nel sesto mese di vita 45%
- Nel settimo mese di vita 66%
- Nell’ottavo mese di vita 88%
- Nel nono mese di vita 98%
Questo dimostra che anche molto tempo prima che il vaccino venisse sviluppato, la protezione passiva dovuta agli anticorpi materni è durata solo qualche mese e di conseguenza moltissimi bambini sotto l’anno di vita erano a rischio. Il loro contributo alla mortalità registrata per il morbillo era considerevole.
Un’altra osservazione di Herrman dimostra che un lattante di pochi mesi, mentre è ancora parzialmente protetto dagli anticorpi materni, può essere infettato in una forma asintomatica. Molto interessante è il seguente esempio di una famiglia con sette figli, di cui il primo nato nel 1901 e l’ultimo nel 1914. In questa famiglia, dal 1903 al 1915 ci sono stati quattro episodi di morbillo ma solo cinque dei bambini si sono ammalati. Il secondo e il quinto, anche se esposti al morbillo in più occasioni (cioè quando uno o due dei fratelli più grandi avevano il morbillo) non hanno mai manifestato i sintomi tipici. Questi due bambini avevano rispettivamente 3 mesi e mezzo e 3 mesi quando hanno avuto per la prima volta contatto con il virus. Apparentemente non si sono ammalati né in quella né nelle successive due-tre occasioni. Sono diventati immuni senza mostrare i sintomi della malattia [4].
In quel periodo questa osservazione veniva giudicata positivamente, ma solo perché non si sapeva ancora che il virus del morbillo è responsabile della terribile PESS (la panencefalite subacuta sclerosante, in inglese SSPE, è una rara ma terribile complicanza del morbillo che si manifesta alcuni anni – in media sette – dopo la malattia, ed è sempre mortale). La relazione tra PESS e morbillo è stata scoperta solo molti decenni dopo, nel 1969. Purtroppo più piccolo è un bambino quando subisce l’infezione da morbillo, anche se in forma asintomatica, più alto il rischio di sviluppare anni dopo la PESS. Se un bambino viene infettato con il virus nel primo anno di vita il rischio è 1 su 600. Contrarre il morbillo nei primi 5 anni di vita comporta un rischio di 1:1700 – 1: 3300. Per farsi un’idea, in Germania, nel 2006 su 313 casi notificati di morbillo in bambini da 0-12 mesi tre hanno sviluppato la PESS.
A una parte non trascurabile dei casi di PESS non è mai stato diagnosticato il morbillo e alcuni di loro sono stati vaccinati perché i genitori e il pediatra ignoravano che in realtà erano già stati infettati silenziosamente quando avevano pochi mesi di vita. Ma finora in tutti questi sfortunati pazienti di cui si è fatta una biopsia cerebrale o un’autopsia, è risultato che il virus responsabile della PESS era quello selvaggio, del genotipo che circolava nella zona dove i bambini si trovavano durante il primo anno di vita. Finora non si è mai trovato il virus vaccinale nel cervello dei pazienti con PESS.
Oggi le famiglie non sono così numerose come all’inizio del ventesimo secolo, e i bambini piccoli hanno meno occasioni di contagio, ma può per esempio capitare quello che è stato riportato il 4 febbraio 2019 dalla TV statale austriaca ORF2 (5). L’11 gennaio 2019 a Graz, in Austria, un 15enne non vaccinato ha passato un’ora nella sala d’aspetto dell’ambulatorio pediatrico della clinica universitaria. I suoi sintomi erano febbre e tosse, e solo successivamente gli è stato diagnosticato il morbillo. Nella stessa sala d’aspetto c’erano numerosi lattanti. Il rischio di contagio rimaneva alto anche per chi è entrato fino a due ore dopo che il ragazzo malato di morbillo è uscito, perché i virus rimangono sospesi nell’aria ancora per un po’ di tempo. 28 neonati hanno quindi dovuto passare la notte nell’ospedale e subire una fastidiosa infusione con immunoglobuline con cui si riduce del 20% il rischio di infezione.
Se il 15enne e tutti quelli che hanno contribuito a far arrivare il virus a lui fossero stati vaccinati, molto probabilmente la catena di infezione sarebbe stata spezzata. Lui frequentava una scuola cosiddetta alternativa dove la copertura vaccinale era particolarmente bassa.
Nel bollettino Informazioni virologiche del Centro di virologia dell’università di medicina di Vienna si legge: “Dall’inizio dell’anno circa 60 bambini che hanno avuto contatto con il morbillo sono stati ricoverati in ospedale per ricevere le immunoglobuline. Ciò significa, a parte i costi, un grande carico emotivo per i bambini e i loro genitori” [6].
Su di loro grava ora il rischio di sviluppare la PESS.
Infine, per mettere nella giusta relazione la diversa distribuzione dell’età dei casi rispetto all’era pre-vaccinale, guardiamo la situazione negli USA, dove grazie alla strategia vaccinale con due dosi di MPR, nel 2000 la circolazione del morbillo è stata interrotta. Da allora, fino a oggi, si sono registrati solo focolai causati dal virus importato, di solito da viaggiatori non vaccinati, da Paesi dove il virus è ancora endemico (cioè sempre presente). In queste occasioni, se la persona che ha importato il virus frequenta molte persone non vaccinate, il virus vive un periodo di recrudescenza ma, in mancanza di un numero sufficiente di nuove vittime, solo per poco tempo. In parte perché la maggioranza della popolazione è vaccinata ma anche perché gli ufficiali sanitari attuano un piano di contenimento, vaccinando il maggior numero di persone suscettibili, soprattutto i contatti che potrebbero essere stati infettati. Un esempio di queste importazioni del virus è l’epidemia del 2015 che è partita da Disney World e ha causato 147 casi [7,8].
Negli USA il numero più basso di casi di morbillo si è registrato nel 2004 con 37 segnalazioni (su una popolazione totale di circa 300 milioni!). La distribuzione per età dei 35 casi confermati in laboratorio era come segue [9]:
- < 12 mesi: 5 casi
- 1-4 anni: 18 casi
- 5-19 anni: 7 casi
- 20-34 anni: 5 casi
Come si può vedere da questo esempio è evidente che usare lo spostamento dell’età come “argomento” per dimostrare un effetto deleterio delle strategie vaccinali non è soltanto falso, ma può diventare una profezia che si autoavvera perché spinge i genitori a non vaccinare i propri figli. Di conseguenza il pool di suscettibili (bambini, adolescenti e adulti) cresce anno dopo anno, e questo a sua volta aumenta il rischio per i bambini di meno di un anno di essere infettati.
L’effetto deleterio lo provoca invece chi spinge i genitori a non vaccinare i propri figli raccontando ad esempio che le vaccinazioni di massa siano responsabili di un aumentato rischio per i bambini di meno di un anno. Come ho dimostrato è vero il contrario: più alta è la percentuale di vaccinati in una popolazione, più basso il rischio che corrono i bambini piccoli di ammalarsi perché protetti dalla cosiddetta immunità di gruppo. Ne avrebbero bisogno comunque, anche se le loro mamme avessero sviluppato gli anticorpi a seguito della malattia e non grazie alla vaccinazione.
Bibliografia
2) Morbillo & Rosolia News. Rapporto N° 48 – Gennaio 2019
3) R. Santoro et al., Measles Epidemiology in Italy. International Journal of Epidemiology, Vol. 13 n. 2 (1984)
4) Prof. Dr. B. De Rudder, Die akuten Zivilisationsseuchen. Masern – Pocken – Keuchhusten – Scharlach – Diphtherie – Epidemische Kinderlaehme. Ihre Epidemiologie und Bekaempfung. Georg Thieme Verlag Leipzig, 1934
5) “Thema”: Masern – Wird Impfskepsis zum Problem? Am 4. Februar um 21.10 Uhr im ORF 2
6) Heidemarie Holzmann, Virologische Informationen n° 3/19. Zentrum fuer Virologie – Medizinische Universitaet Wien. Aus aktuellem Anlass: Die wichtigsten Fakten zu den Masern
7) Measles Outbreak — California, December 2014–February 2015. Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR). Centers for Disease Control and Prevention. February 20, 2015 / 64(06);153-154
8) Measles Cases and Outbreaks. Centers for Disease Control and Prevention
9) Measles — United States, 2004. Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR). Centers for Disease Control and Prevention. December 9, 2005 / 54(48);1229-1231
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