I lavaggi nasali sono efficaci contro il raffreddore?

27 Settembre 2024 di Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)

Fra le malattie tipiche del periodo autunnale e invernale il raffreddore è una delle più comuni, specialmente nei bambini. I sintomi principali comportano abbondante produzione di muco, congestione o rinorrea (sensazione di “naso chiuso” o “naso che cola”) e tosse [1]. Anche se si tratta di sintomi lievi, che tendono a risolversi spontaneamente nel giro di una decina di giorni, possono risultare spiacevoli e, specialmente se riguardano neonati o bambini piccoli, possono interferire con il normale svolgimento della routine quotidiana.

Per alleviare il fastidio dovuto soprattutto all’ostruzione delle vie respiratorie, non è raro che i genitori si sentano raccomandare il ricorso ai lavaggi nasali [2]. Tuttavia, le evidenze scientifiche a favore dell’efficacia di questa pratica nel trattamento del raffreddore sono limitate.

Cosa sono i lavaggi nasali?

I lavaggi, o irrigazioni, nasali consistono nell’introdurre una soluzione di acqua e sale nelle narici, allo scopo appunto di “lavare” il naso, facilitando la fuoriuscita di muco e crosticine. Si tratta di un’antica pratica di cura del tratto respiratorio superiore, originaria della tradizione medica ayurvedica e diffusa in occidente dalla fine del XIX secolo.

I lavaggi nasali possono essere utilizzati da soli o in aggiunta ai farmaci prescritti contro il raffreddore, di solito decongestionanti nasali, antipiretici e antibiotici (sebbene l’utilità di questi ultimi sia praticamente nulla nel caso di raffreddori causati da virus). Decongestionanti nasali che, ricordiamo, non vanno utilizzati nei bambini sotto ai 12 anni.

Dottore, perché sarebbero utili contro il raffreddore?

Non è ancora del tutto chiaro perché i lavaggi nasali potrebbero avere un impatto positivo sul decorso clinico del raffreddore. Si pensa principalmente a un processo di tipo meccanico: la soluzione salina introdotta nelle narici avrebbe la funzione di ammorbidire il muco, che in questo modo verrebbe più facilmente eliminato, portando non solo a un miglioramento della funzionalità respiratoria, ma anche a una diminuzione della carica microbica e del processo infiammatorio, accelerando così i tempi di guarigione.

Dottore, ma è davvero così?

Una revisione Cochrane – un documento che raccoglie, sintetizza e valuta criticamente le evidenze scientifiche presenti in letteratura su un determinato argomento – ha concluso che, nel complesso, le evidenze attuali non sono sufficienti a giustificare queste raccomandazioni [3].

Nonostante alcuni studi abbiano effettivamente riscontrato una maggiore efficacia clinica dei lavaggi nasali rispetto alle terapie farmacologiche nel trattamento del raffreddore comune e di altri disturbi che interessano naso e faringe per un breve periodo di tempo, lo scarso numero di pazienti, la soggettività con cui sono state raccolte le prove e altri limiti metodologici che caratterizzano questi studi impediscono di generalizzare i risultati ottenuti.

Dopo la pubblicazione della revisione Cochrane, altri ricercatori sono arrivati alle stesse conclusioni: è possibile che i lavaggi nasali offrano giovamento ad alcuni pazienti, specialmente neonati e bambini che ancora non riescono a soffiarsi il naso [4], ma affinché diventino una terapia standard nel trattamento del raffreddore, è necessario sapere in che modo e con quale frequenza andrebbero eseguiti, e per questo servono nuove ricerche [5,6].

Se non sono utili a guarire dal raffreddore, possono almeno aiutare a prevenirlo?

Nonostante vengano consigliati anche a chi non ha il raffreddore, al semplice scopo di prevenirlo, al momento non esistono studi scientifici sufficientemente robusti che abbiano valutato l’efficacia dei lavaggi nasali in termini di prevenzione. Anzi, è possibile che irrigazioni nasali eseguite senza tener conto di alcune basilari norme igieniche possano favorire anziché prevenire le infezioni alle alte vie respiratorie.

Sta dicendo, Dottore, che i lavaggi nasali potrebbero essere pericolosi?

Anche in condizioni fisiologiche, le cellule delle cavità nasali producono una piccola quantità di muco, allo scopo di intrappolare le sostanze irritanti e i microbi che raggiungono le narici. Lavare regolarmente il naso con acqua e sale può ostacolare la funzione protettiva di questo rivestimento, una delle prime barriere di difesa dell’organismo contro gli agenti patogeni, e aumentare così il rischio di infezione. Anche introdurre grossi volumi d’acqua o acqua a temperature troppo basse o troppo alte può comportare lievi effetti collaterali, tra cui la spiacevole sensazione di bruciore che può essere avvertita alle narici.

Un altro problema è legato al rischio di contaminazione batterica, più elevato se l’irrigazione nasale viene eseguita a casa. Per minimizzare il più possibile l’evenienza che l’acqua salata introdotta nel naso porti con sé batteri o altri microrganismi che potrebbero provocare un’infezione – tra cui l’ameba (abbiamo già parlato del rischio di contrarre infezioni in piscina) – sarebbe preferibile usare acqua sterilizzata od opportunamente filtrata (se si usa l’acqua del rubinetto, bisogna almeno assicurarsi che sia stata bollita nelle 24 ore precedenti) ed eseguire il lavaggio con siringhe sterili, avendo cura che ciascun membro della famiglia abbia la propria [7].

Vale la pena ricordare che, soprattutto nei bambini più piccoli, bisogna fare attenzione anche ad altri rimedi per il raffreddore. Molti trattamenti o oli essenziali, infatti, non si possono utilizzare nei neonati o nei bambini sotto i 2-4 anni di età perché possono avere effetti collaterali anche gravi. Per questo è sempre opportuno consultare il pediatra anche per rimedi che sembrano innocui.

Autore Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)

Sara Mohammad ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Si occupa principalmente di ricerca, neuroscienze e salute mentale. Scrive su MIND, LeScienze, Rivista Micron, Il Tascabile, e collabora con Mondadori Education e Il Pensiero Scientifico Editore. Oltre a lavorare nell'ambito della comunicazione scientifica, insegna scienze alle scuole superiori.
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