Il 9 febbraio l’agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha presentato il rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID-19 che copre il periodo dal 27/12/2020 al 26/12/2021 [1].
Qualche giorno dopo mi è capitato di leggere sui social media il commento di un’associazione contraria alle vaccinazioni che riguardava il nuovo rapporto dell’AIFA. L’argomento con cui si cerca di mettere in cattiva luce le vaccinazioni contro il Covid-19 è paragonarle a un vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia (MPR), il Morupar, che in Italia non viene più usato dal 2006. La riflessione a voce alta è praticamente questa: “Perché si accettano ora, secondo il nuovo rapporto sulla sicurezza dei vaccino anti-Covid, ben 117.920 segnalazioni di eventi avversi di cui 19.055 gravi, 758 fatali (22 di questi giudicati direttamente correlati ai vaccini), quando nel 2006 l’AIFA ha ritirato il Morupar perché aveva causato 5 casi di gravi reazioni di tipo allergico?”.
L’importanza di considerare tutte le circostanze
Certo, se si mettono a confronto questi numeri nudi e crudi, questa critica può sembrare sensata e giustificata, frutto di attente riflessioni, almeno agli occhi di un non addetto ai lavori.
Avevo già approfondito questo problema nell’articolo “Vaccinazioni e il bilancio beneficio/rischio”, dicendo che:
“tutti dovremmo imparare a chiederci sempre che cosa rappresenta esattamente un numero che ci viene fornito, perché i numeri di per sé sono neutrali. Il passo successivo è mettere i dati in contesto per valutare il loro peso relativo. Questo approfondimento ci aiuta a prendere decisioni ragionate e non dettate da un impulso irrazionale o basate su informazioni distorte o inventate. Certo, richiede più tempo e fatica rispetto alla cieca accettazione di un’affermazione, ma ne vale la pena, soprattutto quando si tratta della salute dei propri figli.”
Nell’esempio che sto usando ci sono tutti gli elementi tipici dell’argomentazione distorta su cui si basa l’antivaccinismo. Penso perciò che sia utile parlarne per diventare più scettici in futuro, soprattutto quando si tratta di opinioni che si discostano in modo significativo dalle opinioni prevalenti.
I numeri menzionati nel commento corrispondono tutti a quello che si legge nel rapporto. Suonano minacciosi soltanto perché manca il contesto dal quale sono stati strappati in modo arbitrario.
Ma prima dobbiamo recuperare un dato molto importante che manca nel commento che stiamo usando come esempio: il numero totale di dosi vaccinali che hanno prodotto le segnalazioni di sospetti eventi avversi.
Per quanto riguarda quelli contro il Covid, dal 27/12/2020 al 26/12/2021 sono state somministrate 108.530.987 dosi di vaccino.
Il numero delle dosi vendute di Morupar, a cui fanno riferimento le segnalazioni di gravi reazioni allergiche, si può trovare nella comunicazione dell’AIFA del 16 marzo 2006:
“Dal 1° gennaio 2004 al 28 febbraio 2006, infatti, sono state segnalate complessivamente 4 reazioni anafilattiche e 3 da ipersensibilità successive alla somministrazione di Morupar, rispetto ad oltre un milione di dosi vendute. Per gli altri due prodotti in commercio, invece, sono state segnalate complessivamente uno shock anafilattico e tre reazioni da ipersensibilità, rispetto a oltre 2.800.000 dosi vendute. Tutti i casi descritti si sono risolti senza esiti.” [2]
Quindi i numeri riguardo ai vaccini anti-Covid si basano su più di 108 milioni e gli eventi avversi del Morupar su poco più di 1 milione.
Inoltre il Morupar è una singolo vaccino (trivalente, come spiegato sopra) di un tipo per cui in Italia all’epoca erano in commercio altre due specialità equivalenti con cui si era in grado di coprire il fabbisogno, cioè era possibile vaccinare comunque i bambini, senza esporli al rischio delle malattie che questi vaccini prevengono. Senza questa alternativa il Morupar non sarebbe stato ritirato, perché il bilancio rischio/beneficio sarebbe stato favorevole al suo utilizzo: sull’altro piatto della bilancia infatti non ci sarebbero stati due altri vaccini MPR ma i virus del morbillo, della parotite e della rosolia, che provocano in un’importante percentuale dei pazienti gravissimi danni (pensiamo per esempio all’encefalite da morbillo, o alla rosolia congenita) e anche la morte. In questo caso sarebbe stato meglio un rischio molto remoto di una grave reazione di tipo allergico, tanto più che autolimitante, cioè senza esiti.
Ecco perché un numero da solo non significa niente, se non viene contestualizzato.
Ridurre il rischio
I vaccini anti-Covid a cui si riferisce il nuovo report sono tutti quelli che, nel periodo in osservazione, sono stati in commercio in Italia, cioè quattro prodotti. Seguendo il ragionamento della critica, l’AIFA dovrebbe quindi ritirare tutti in blocco e lasciare chi non è ancora stato vaccinato ad affrontare il Sars-Cov-2 senza protezione e senza alcuna alternativa?
Un’ulteriore differenza è che il Covid-19 è una pandemia e richiede quindi una protezione nei tempi più brevi possibili, preferibilmente con tre dosi, per decine di milioni di persone – considerando solo l’Italia – cioè quasi tutta la popolazione comprendente bambini, adolescenti, adulti e anziani. Lo stesso vale per il mondo intero, e purtroppo in molti Paesi la gran parte degli abitanti non ha ancora ricevuto nemmeno una dose! Come si fa a suggerire di ritirare tutti i vaccini anti-Covid dal commercio, prendendo come esempio il ritiro del Morupar che si riferiva a un contesto completamente diverso? Una volta smesso di usare Morupar il rischio di eventi avversi, già remoto, diventava ancora più remoto, perché i due vaccini alternativi provocavano meno reazioni allergiche. La cosa fondamentale era proteggere in ogni caso i bambini dai tre tipi di malattie virali, e questo era garantito anche dopo il ritiro di Morupar.
Ma ritirare anche solo uno dei quattro vaccini trattati dal report senza che ci sia un valido motivo significherebbe ridurre notevolmente la disponibilità di vaccini per chi ne ha bisogno, con la conseguenza che la situazione mondiale si aggraverebbe ulteriormente. Figuriamoci allora ritirare tutti e quattro insieme, sarebbe una follia totale. Bisogna sempre pensare a quello che c’è sull’altro piatto della bilancia. Dal momento che da una parte c’è il virus selvaggio, ritirando i vaccini si sceglierebbe un rischio infinitamente più alto, e la conseguenza sarebbe un aumento di casi gravi e mortali causati da SARS-Cov-2, che continua a circolare ampiamente.
Cosa si nasconde dietro ai numeri crudi?
Guardiamo ora l’incidenza delle segnalazioni degli eventi avversi dopo le vaccinazioni anti-Covid-19. Bisogna anzitutto sempre ricordare che si tratta di sospette reazioni. Al momento della segnalazione l’unica cosa sicura è un legame temporale. Solo gli esperti hanno gli strumenti per poter decidere quanto è alta la probabilità che si tratti di una reazione davvero causata dal vaccino, oppure di un evento non correlato. Se in una popolazione si somministrano più di 100 milioni di dosi, è solo logico che dopo una vaccinazione – o anche prima – si verifichino eventi, sia negativi che positivi, con la stessa frequenza dei decenni precedenti. Soltanto quando si nota che un determinato evento avviene più spesso dopo una vaccinazione se paragonato alla frequenza attesa si parla di un segnale di allarme, che viene approfondito per scoprire se il vaccino in questione abbia avuto un ruolo causale oppure, come è più probabile, se si tratta solo di un aumento casuale, perché il sospetto non viene confermato da ulteriori indagini.
Nel rapporto dell’AIFA si legge che il totale delle segnalazioni di sospette reazioni è 1,9 per 1.000 dosi. Se si guardano solo quelle considerate gravi sono 0,176 per 1.000 dosi e i decessi 0,007 per 1.000 dosi. Ripeto: queste segnalazioni coprono una frequenza di eventi attesi nella stessa popolazione se non ci fosse stata nessuna pandemia, e quindi nessun vaccino anti-Covid. Questo “rumore di fondo” non deve essere interpretato automaticamente come conseguenza delle vaccinazioni. Come già detto, gli esperti hanno gli strumenti per estrapolare quegli eventi avversi per cui la probabilità che la vaccinazione abbia avuto un ruolo diretto è più o meno alta. Per esempio per quanto riguarda i 758 casi di decesso segnalati con la farmacovigilanza (di cui ad oggi ne sono stati valutati 580), soltanto 22 sono stati giudicati come correlati. Di questi 22 casi di morte 10 sono da considerare fallimenti vaccinali: queste persone si sono ammalate di Covid-19 il quale purtroppo ha causato la morte, quindi il vaccino non è riuscito a proteggerli da un decorso grave della malattia. Per fortuna nella maggior parte dei casi in cui una persona completamente vaccinata si infetta, è comunque protetta da un esito fatale. Rimangono 12 segnalazioni di decessi che dagli esperti sono stati giudicati come correlati alla vaccinazioni. 12 su più di 100 milioni di dosi. Le vaccinazioni hanno evitato infinitamente più casi di morte di quelli che hanno causato.
Consiglio vivamente di leggere gli approfondimenti riguardo agli eventi avversi gravi nel rapporto dell’AIFA per rendersi conto che vaccinare è sicuramente la decisione migliore e che, anche se nessuna vaccinazione può offrire la completa eliminazione del rischio, contribuisce comunque a ridurre al minimo la probabilità di finire in terapia intensiva o addirittura di morire a causa del Covid-19.
Bibliografia
- AIFA. “Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID-19, 27/12/2020 – 26/12/2021”.
- Agenzia Italiana del Farmaco, Istituto Superiore di Sanità, Ministero della Salute. “Informazioni su Vaccino MORUPAR. 16/3/2006”
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