Il chupacabra e la comunicazione efficace
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in questo momento nei paesi a reddito basso e medio-basso solo l’1%, 2% o 5% della popolazione è stata vaccinata, mentre tanti vaccini sono stati distribuiti nei paesi a reddito alto e medio-alto. In questa situazione di forte squilibrio nella distribuzione mondiale si presenta un paradosso: quello del rifiuto da parte di una minoranza di farsi vaccinare contro Covid-19. Parliamo cioè di persone che avrebbero la possibilità (che altri possono attualmente solo sognare) di farsi vaccinare, ma si rifiutano.
Per chi, come me, ha seguito per molti anni i movimenti contrari alle vaccinazioni, non è una sorpresa che ci siano persone che – anche davanti a un virus che si sta diffondendo come un fuoco nella steppa e che in un anno e otto mesi ha infettato in tutto il mondo almeno 222 milioni di persone e ne ha uccise più di 4,5 milioni – sono poco disposte a farsi vaccinare o addirittura graniticamente contrarie.
Questo atteggiamento, la fedeltà incondizionata a una posizione presa già a priori, ha sicuramente una componente psicologica, anche se chi rifiuta le vaccinazioni in toto fa di tutto per far credere che le proprie convinzioni siano basate su solide basi razionali. Di solito accettano esclusivamente le informazioni che confermano il proprio credo (perché di “credo” si tratta, non di conoscenza). Queste persone sono sinceramente convinte di aver ragione e purtroppo molte di loro sono finite in terapia intensiva o sono addirittura morte a causa delle complicanze dovute all’infezione da Sars-Cov-2.
Ridicolizzare o offendere chi è riluttante a farsi vaccinare contro Covid-19 non è a mio parere l’approccio migliore: c’è il rischio che si contribuisca involontariamente a peggiorare le cose, perché nessuno presta ascolto a chi lo considera poco intelligente.
Lo psicologo cognitivo Markus Knauff, intervistato per il podcast del NDR (una radio nazionale della Germania) “Synapsen”, trasmesso il 27 agosto 2021, ha spiegato che secondo le sue osservazioni, durante l’attuale pandemia è aumentata la ricettività alle fake news, soprattutto a causa dell’insicurezza. Il suo campo di ricerca si concentra da quindici anni su come le persone sviluppano le proprie opinioni e quali processi cognitivi sono necessari per farle cambiare idea.
Alla domanda se ha senso discutere con persone che credono alle teorie del complotto, risponde che anche se è vero che non è semplice cambiare le opinioni radicate, molti esperimenti degli ultimi anni hanno dimostrato che è possibile.
Un approccio importante è incoraggiare le persone a pensare in modo analitico. Anche secondo gli esperimenti fatti dal suo gruppo di ricerca, le persone non riescono a pensare bene quando riflettono su temi emozionali. Un clima neutrale dal punto di vista emotivo è il migliore supporto per il pensiero. Bisogna guidare le persone ad attenersi alle regole del pensiero logico e alle probabilità. Entrambi sono principi di base del pensiero ragionevole. Aggiunge poi che, così come nelle scuole viene insegnata la matematica il cui risultato può essere solo giusto o sbagliato, si dovrebbe insegnare ai giovani a gestire le probabilità. Questo li proteggerebbe tantissimo dal diventare vittime di fake news e teorie del complotto. Li aiuterebbe a gestire l’insicurezza che ci accompagna in un modo o nell’altro per tutta la vita.
A questo proposito mi torna in mente un interessante libro che ho letto due anni fa e che ho riletto in queste settimane: “Tracking the Chupacabra: The Vampire Beast in Fact, Fiction, and Folklore” (Sulle tracce del ChupaCabra: la bestia vampiro nella realtà, nella finzione e nel folklore) di Benjamin Radford.
Nelle conclusioni l’autore spiega:
“Perché, allora, scrivere questo libro? Perché spendere molto tempo, sforzi e denaro per confutare qualcosa che gli scettici non credevano esistesse e che i credenti ignoreranno? Ci sono due risposte. Il primo è che questo libro è stato scritto per le persone con menti aperte, non per quelle chiuse con certezza alle due estremità dello spettro. Ho fatto del mio meglio per ricercare, comprendere e spiegare l’intero fenomeno chupacabra usando la logica e l’analisi scientifica, e alla fine i lettori prenderanno una decisione.”
Mi ricordo che ho comprato il libro proprio perché in alcune delle recensioni e nei commenti veniva evidenziato questo approccio, che è la quintessenza del vero pensiero scientifico e della comunicazione scientifica.
È chiaro, come scrive anche Radford, che non ci si può illudere di raggiungere i veri “credenti”, i quali probabilmente eviteranno di leggere un libro che approfondisce con serietà la questione. E se lo dovessero leggere, interpreteranno le sue spiegazioni in un modo che permetta loro di continuare a credere all’esistenza del chupacabra, nome che tradotto dallo spagnolo significa “succhiatore di capre”. Questa creatura misteriosa, comparsa dal nulla durante la primavera del 1995 in Costarica, deve il proprio nome al fatto che è stata additata come responsabile dell’uccisione di molti capi di bestiame (capre, pecore, mucche) ma anche galline, gatti domestici ecc. di cui succhierebbe, così viene riportato dai contadini colpiti, tutto il sangue, alla maniera di un vampiro.
Anche la seguente frase rappresenta bene lo spirito del libro:
“Questa spiegazione del processo non è un’oziosa speculazione teorica da poltrona, né un debunking scettico e sprezzante.”
Qui si riferisce ai chiarimenti che l’autore ha chiesto a Mike Bodenchuk, direttore dei Texas Wildlife Services di San Antonio, riguardo ai ritrovamenti di animali di allevamento trovati uccisi e – secondo i contadini – vittime del chupacabra che si è nutrito del loro sangue.
Benjamin Radford, così come lo psicologo Markus Knauff, puntano su un dialogo aperto e amichevole ma rigoroso dal punto di vista scientifico, stimolano il pensiero analitico, aiutano le persone a imparare a pensare seguendo la logica e a prendere in considerazione anche la probabilità che le informazioni che si leggono o sentono siano vere.
Il secondo motivo per cui ho deciso di comprare questo libro è che è sempre interessante e istruttivo vedere come nascono le leggende urbane, quale tipo di terreno culturale le favorisce, come riescono a raggiungere la popolazione, e che cosa hanno in comune le persone che si lasciano convincere che siano la verità.
Parlerò più dettagliatamente di questi aspetti – prendendo come spunto il libro di Radford sul chupacabra – nel prossimo articolo.
Bibliografia
- “Kopierfehler im Kopf” Podcast del 27/8/21 – NDR
- “Tracking the ChupaCabra: The Vampire Beast in Fact, Fiction, and Folklore” Benjamin Radford, University of New Mexico Press; 2011
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