I limiti dello scetticismo
Già in varie occasioni ho usato qualche passaggio di libri gialli, di serie poliziesche o di fantascienza come spunto di riflessione. Immagino che gli autori di queste opere letterarie o televisive considerino i tanti difetti degli esseri umani una fonte inesauribile da sfruttare per tessere trame complesse che attirano l’interesse dei lettori o degli spettatori.
Nella puntata “Mr. Monk e gli UFO” della serie “Detective Monk”, il colpevole usa “il popolo di internet” per cercare di raggiungere l’obiettivo di un omicidio. Con il “popolo di internet” si intende quella parte di utenti che “crede a qualunque cosa”. Con un UFO telecomandato (che viene avvistato per primo proprio dal signor Monk) il criminale riesce ad attirare in poche ore gruppi di persone che credono ai dischi volanti, e si mettono quindi alla ricerca delle sue tracce nel deserto confinante alla cittadina in cui i fatti si svolgono. Non sanno che in realtà sono stati ingaggiati a loro insaputa per cercare un cadavere trascinato via dai coyote.
Quando uno dei personaggi cerca di convincere il signor Monk che gli alieni sono arrivati, lui risponde: “Oppure…”
“Oppure cosa?” si intromette un altro tizio.
“Oppure tutto! Qualsiasi altra spiegazione!”
A pensarci bene, il “popolo di internet” dell’episodio di Monk è alla ricerca di prove: queste persone sondano il terreno con strani aggeggi, probabilmente costruiti da loro stesse, ovviamente senza alcuna prova di efficacia, visto che per ovvi motivi non è possibile testarli su autentici velivoli di alieni. Ma per loro non è un problema: sanno già a priori che cosa intendono trovare, e una prova diventa tale grazie a un’interpretazione che non ha necessariamente bisogno di essere confermata dalla realtà.
Il finto scetticismo è guidato da un pregiudizio, e tutto l’episodio “Il signor Monk e gli UFO” è una simpatica caricatura di questo difetto umano.
A un certo punto a qualcuno viene il sospetto che il signor Monk, che per loro è “il contatto alfa” perché ha avvistato l’UFO per primo, sia in realtà lui stesso uno dell’equipaggio dell’astronave. Allora che fanno? Chiedono al signor Monk stesso di fornire le prove di non essere un alieno, scoprendo l’ombelico. Questo è un esempio esilarante dei limiti dello scetticismo. Certo, dovremmo sempre chiedere le prove, a maggior ragione quando qualcuno fa un’affermazione irragionevole. Ma dire “Non sono un alieno bensì un essere umano” non richiede davvero delle prove, perché c’è una probabilità del 100% che sia la verità.
Quando si lancia alle persone l’invito a chiedere le prove, bisognerebbe anche sottolineare che prima di tutto ci deve essere un valido motivo per essere scettici. Dubitare che una persona che abbiamo davanti non sia un essere umano ma un alieno non è di certo un valido motivo. Questo esempio è fin troppo lampante, e proprio per questo utile, per comprendere il concetto dei “limiti dello scetticismo”. Mi sono capitati esempi molto meno evidenti e non sempre è facile riconoscere quando si ha di fronte un invito a chiedere le prove in modo inappropriato.
Nella parte finale dell’episodio viene svelata, in modo da non lasciare più dubbi, la vera natura di questo pseudo-scetticismo: naturalmente il signor Monk scopre come si sono svolti i fatti e svela il piano furbesco dell’assassino. Si rivolge al “popolo di internet” radunato nella piazza davanti all’albergo in cui alloggia, spiega che non c’è stata nessuna astronave e racconta in che modo queste persone sono state ingannate e sfruttate da un uomo che voleva solo che venisse trovato il corpo di sua sorella, per poter incassare l’eredità.
Ci si aspetterebbe che questi rappresentanti di un certo tipo di “popolo di internet” siano contenti che tutto si spieghi con un succulento complotto, visto che di solito sono proprio i complotti la base su cui si costruisce ogni pseudoscienza. Non dimentichiamo che queste persone apparentemente scettiche per tutto l’episodio hanno continuato a cercare e chiedere prove su prove: tracce nel deserto, un ombelico mancante ecc. E ora finalmente le prove vengono mostrate. Macché! Un complotto in cui finiscono a fare la figura dei creduloni non fa per loro. Non è né accettabile né dignitoso.
Da veri pseudo-scettici rifiutano quindi in toto le spiegazioni reali e ribadiscono di avere ragione: c’è stata un’astronave e questa sacrosanta verità viene ora insabbiata dal signor Monk e compagnia. Ma loro non la bevono, non credono a una sola parola! “Ci state manipolando!” accusano.
Alla fine il signor Monk si rende conto che un vero pseudo-scettico non si lascia convincere dai fatti, nemmeno quando questi mettono a nudo un autentico complotto. Vedendoli così confusi e insoddisfatti ha compassione di loro, e per accontentarli “svela” di non essere umano: ammette di aver viaggiato con un velivolo da guerra intergalattico di classe 4 e di essere stato mandato per preparare il terreno. Finalmente gli “scettici” approvano e sono felicissimi di sentire come la verità sia stata svelata. “Lo sapevamo!” “Ora hai detto la verità!”
Spesso con un esempio caricaturale si riesce a far comprendere meglio un concetto complesso, e la “confessione” finale del signor Monk rende evidente la fortissima radice che certe convinzioni errate possono avere. Nessuna prova può intaccarle, vengono rifiutate se non confermano il proprio credo. Al contrario ogni affermazione, anche la più assurda, viene accettata se conferma la propria convinzione. E in questo caso le prove non servono nemmeno.
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