Una formulazione spray nasale per il vaccino contro Covid-19 è al centro di studi condotti in diversi centri internazionali, ricerche riprese dai media di tutto il mondo. Diciamolo chiaramente: un vaccino spray nasale sarebbe davvero molto comodo. Anche se è dimostrato che i vaccini per Covid-19 sono già straordinariamente efficaci. Mai nella storia, a distanza di un tempo così breve dall’insorgenza di una nuova malattia, erano stati ottenuti risultati così eclatanti. Però, per migliorare ulteriormente l’efficacia dei vaccini, diversi centri di ricerca stanno esplorando nuove soluzioni per arrivare a vaccini che inducano un’immunità ancora più forte e duratura contro SARS-CoV-2. “Un approccio promettente potrebbe essere quello di passare da un’iniezione nel braccio a uno spruzzo nel naso” spiega con grande immediatezza Monique Brouillette sul National Geographic [1].
Diversi vaccini contro Covid-19 somministrati come spray nasali sono – a fine estate 2021 – in corso di valutazione in studi clinici di fase 1. Ricordiamo che la cosiddetta fase 1 serve a una prima valutazione della sicurezza e della tollerabilità di un prodotto farmaceutico o biotecnologico. Vaccini di questo tipo potrebbero offrire una protezione migliore anche perché, come commentano alcuni ricercatori in parole povere, la via di ingresso somiglia più da vicino a quella con cui il virus infetta naturalmente: attraverso le mucose del naso e le vie aeree superiori.
Per combattere il virus dovremmo imitarne il comportamento?
In un certo senso, potrebbe essere una buona idea. L’articolo del National Geographic che abbiamo citato – e che è stato tradotto anche dall’edizione italiana della rivista – riporta dichiarazioni di José Ordovas-Montañes, immunologo dell’Università di Harvard che studia i meccanismi dell’immunità a livello intestinale e dei tessuti della mucosa nasale, che sembrano essere molto confortanti: “Se vuoi generare una risposta immunitaria sostenibile e duratura, devi vaccinare localmente”. Mentre con l’iniezione sul braccio l’immunità viene indotta sollecitando diversi organi del corpo umano (in termini scientifici si direbbe “su scala sistemica”), uno spray nasale provocherebbe una risposta immunitaria direttamente nel tratto respiratorio superiore e potenzialmente nei polmoni, suscitando una risposta anticorpale locale e una risposta dei linfociti T.
“Il virus entra e atterra sulle superfici delle mucose”, ha detto al quotidiano inglese Guardian Florian Krammer della Icahn School of Medicine dell’ospedale Mount Sinai di New York City. “Se viene neutralizzato proprio lì, il gioco è finito” [2]. Game over, insomma: rendendo il virus incapace di replicarsi e penetrare più in profondità nei tessuti del corpo, gli si impedirebbe di causare non solo la malattia ma anche l’infezione, così che la persona non possa più trasmetterlo.
Di uguale parere anche Donna Farber, immunologa della Columbia University, e Paul McCray, della Iowa University, autore di uno studio su topi e furetti che ha dato risultati molto incoraggianti [3], che dovranno ovviamente essere confermati in studi condotti sull’uomo. Ricerche in corso – questa volta su primati non umani – anche in un’altra università statunitense, la Washington University con sede a St Louis, che hanno messo in evidenza una forte risposta immunitaria [4]. Considerate le premesse, uno studio è stato già avviato su 80 persone adulte tra i 18 e i 75 anni; possiamo consultare i dati dello studio nella banca dati Clinicaltrials.gov.
Gli studi utili per arrivare al vaccino spray sono tutti simili?
Non proprio. Uno studio dalle caratteristiche particolari è stato portato avanti in diverse università degli Stati Uniti e pubblicato prima in un archivio aperto e sotto forma di preprint, e poi su una rivista molto prestigiosa a fine luglio del 2021 [5]. Per la sua importanza, è stato ripreso da diversi media tra cui anche l’edizione italiana di Wired [6]: si basa sull’impiego di batteriofagi, o fagi, virus che infettano esclusivamente i batteri e che sfruttano questi microrganismi per replicarsi e diffondersi. Anche in questo studio è stata usata una formulazione spray.
“Gli autori hanno fatto in modo che i fagi presentassero sulla superficie un piccolo frammento di un elemento del virus, in particolare della proteina spike del SARS-CoV-2, che serve a indurre una reazione del sistema immunitario e a provocare la formazione di anticorpi specifici” [6]. Uno studio molto interessante, ma al quale accostarsi ancora con prudenza.
Dottore, perché questa cautela?
La prudenza è indispensabile perché si tratta, come spiegano gli autori, di uno studio del tipo “Proof-of-concept”. In italiano, questa espressione potremmo tradurla con “studio di fattibilità”: in altre parole, un gruppo di ricercatori di istituzioni diverse stanno lavorando insieme a nuove ipotesi potenzialmente utili per sviluppare vaccini ancora più innovativi di quelli di cui disponiamo. L’importante è che queste ricerche siano sostenute e finanziate, non solo per il loro potenziale impatto a livello clinico, ma anche per quello che potrebbero offrire in termini di accettabilità della vaccinazione.
Un vaccino spray nasale potrebbe essere accolto con più favore?
Probabilmente sì. Daniel Oran ed Eric Topol, medici e ricercatori molto stimati dello Scripps Institute in California, hanno pubblicato un articolo su Scientific American che ha suscitato molto interesse sottolineando le ragioni per intensificare la ricerca sui vaccini intranasali, sollecitando maggiori finanziamenti anche perché, hanno spiegato, potrebbe essere la soluzione per le persone che soffrono la “fobia dell’ago” [7]. “L’assenza di un ago”, spiegano gli autori, “potrebbe placare le preoccupazioni di coloro che ora sono titubanti sulla vaccinazione. Un vaccino intranasale può anche essere autosomministrato a casa, con istruzioni minime. E alcuni dei vaccini intranasali ora in fase di test non richiedono refrigerazione, il che li rende facili da trasportare e conservare, specialmente nei paesi con risorse limitate.”
E questo tipo di ricerca potrebbe tornare utile anche per raggiungere altri scopi.
Quali obiettivi ulteriori potrebbero essere ottenuti con questi studi?
Mentre proseguono gli studi clinici sull’uomo, la discussione prosegue con il contributo di punti di vista molto qualificati. Daniel Teres, medico e docente della Tufts University School of Medicine di Boston, e Martin A. Strosberg, professore emerito della Union College in Schenectady, New York, hanno sottolineato in un commento su MedPage che il lavoro di ricerca sui vaccini intranasali potrebbe aprire la strada a importanti novità terapeutiche: potrebbe essere realizzata una formulazione spray nasale anche dei nuovi anticorpi monoclonali, molto promettenti [8].
Allora, dottore: la soluzione può arrivare dal vaccino spray nasale?
Sì, diverse ricerche ben condotte sono in corso in molte nazioni. Ma ancora c’è un pezzo di strada da percorrere…
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