Con l’avanzare dell’età le ossa vanno incontro a un progressivo indebolimento e diventano più fragili. Questa fragilità solo in parte è dovuta alla perdita di minerali. Si tratta di un fenomeno comune che si verifica in tutte le persone. Solo quando questo naturale processo fisiologico avviene in modo consistente e la riduzione dell’osso predispone la persona a un aumentato rischio di frattura si parla di osteoporosi.
Quindi l’osteoporosi è sì una patologia dell’osso, ma lo scopo primario di prevenirla, diagnosticarla e trattarla sta nel prevenire delle fratture che sono più frequenti quando l’osso è più fragile e che possono verificarsi anche dopo traumi modesti. Etichettare l’osteoporosi come una malattia rischia di spostare l’attenzione da quello che è il problema principale negli anziani, cioè il rischio di frattura [1].
Perché l’indebolimento dell’osso avviene con l’invecchiamento?
A mano a mano che si invecchia si tende a perdere quel giusto equilibrio dei processi che creano o distruggono il tessuto osseo che è essenziale per mantenere l’integrità e la forza dell’osso. Quando questo equilibrio viene meno si determina l’osteoporosi.
Ciò può dipendere da:
- il cambiamento dell’equilibrio ormonale;
- una quantità insufficiente di calcio nella dieta;
- il ridotto assorbimento del minerale attraverso l’intestino;
- la riduzione di vitamina D per il minor tempo passato all’aria aperta al sole;
- uno stile di vita meno attivo.
Esistono poi altri fattori che contribuiscono: la predisposizione genetica, l’abuso di alcol, il consumo di elevate quantità di caffeina (caffè, tè, coca-cola) e il fumo di sigaretta [2]. Quest’ultimo ha un ruolo negativo sulla massa ossea sia in modo diretto sia indiretto: per esempio interferisce con l’osteogenesi e l’angiogenesi dell’osso, riduce l’assorbimento intestinale di calcio, modifica il metabolismo degli ormoni sessuali e aumenta lo stress ossidativo del tessuto osseo [3].
Anche l’inattività fisica pregressa ha un suo peso. “Una vita attiva ritarda e diminuisce la perdita di massa ossea; un numero sempre maggiore di persone, però, non pratica attività fisica”, scrive Felice Strollo, direttore dell’Unità di Endocrinologia e Malattie metaboliche dell’Istituto Nazionale di Ricovero e Cura per anziani di Roma.
“È stato calcolato che quanto più dense sono le ossa nel momento massimo della crescita (intorno ai 25 anni), tanto più sono forti anche in età anziana: conviene, quindi, praticare sport fin da giovani e continuare quando si cresce. Sarà anche importante spingere figli e nipoti a fare attività fisica per fortificare le ossa in tempo utile: questo è il migliore investimento per un futuro sano” [3].
Anche una semplice camminata all’aria aperta è utile e serve anche per garantire la produzione di vitamina D, particolarmente importante in persone che per il resto della giornata vivono in ambienti chiusi. Bastano semplici e varie attività quotidiane: un’ora nell’orto o in giardino, mezz’ora di passeggiata o di bicicletta, magari anche ballare [1].
Ci sono dei sintomi da tenere in considerazione come segnale di allarme per l’osteoporosi?
Nei primi stadi l’osteoporosi è asintomatica e non provoca dolore di per sé; spesso la persona lamenta dolori come lombalgia/lombosciatalgia che però sono dovuti a fenomeni degenerativi osteo-artrosici [4,5]. Negli stadi più avanzati dell’osteoporosi ci potrebbero essere dei segnali di fragilità ossea: mal di schiena, causato da una vertebra fratturata o collassata, perdita di altezza nel tempo, una postura curva, un osso che si rompe molto più facilmente del previsto.
La presenza di dolore dipende proprio dalla presenza di fratture: è sempre presente nelle fratture di femore o di polso, non sempre nel caso di fratture vertebrali (possono anche non provocare sintomi). La Mayo Clinic consiglia di confrontarsi con il proprio medico quando si entra in menopausa o si prendono corticosteroidi per diversi mesi, oppure se uno dei propri genitori ha avuto una frattura all’anca che potrebbe essere spia di una predisposizione al rischio di frattura nel paziente con osteoporosi [6].
Mia madre è anziana e ha l’osteoporosi. Cosa devo fare?
Sulla rivista Informazioni sui farmaci [1] Emilio Maestri, medico del Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna, sottolinea che “ogni intervento nel paziente con osteoporosi ha come obiettivo concreto la prevenzione delle fratture. (…) La prevenzione primaria, se inizia precocemente e continua per tutta la vita, è l’arma più potente ed efficace a nostra disposizione; si incentra su abitudini di vita corrette, specialmente su una alimentazione ricca e varia e su una attività fisica anche modesta ma regolare, meglio se praticata all’aria aperta. Nella popolazione anziana è di fondamentale importanza evitare le cadute che sono la principale causa delle fratture di femore in questa fascia di età. Per le persone ad alto rischio, o per coloro che hanno già sofferto di una frattura osteoporotica, sono disponibili farmaci efficaci e tutte le strategie per trattare i singoli fattori di rischio modificabili o iatrogeni (profilassi secondaria)”.
Cosa fare per prevenire le fratture?
Per fratturarsi è quasi sempre necessario cadere! Qualche semplice precauzione può aiutare a limitare il rischio di cadute. Secondo i risultati dello studio Argento, gli anziani cadono il 48% delle volte fuori casa; dentro casa, gli ambienti a maggior rischio sono la cucina (25%); la camera da letto (22%); le scale interne ed esterne (20%); il bagno (13%) [7].
Per esempio, negli ambienti domestici le linee guida [8] consigliano:
- mettere maniglie e corrimani dove necessario, per avere dei punti di appoggio
- eliminare i tappeti, in cui si può inciampare
- evitare la cera sui pavimenti
- attenzione a scale e pavimenti sconnessi
- illuminare bene gli ambienti domestici
- usare tappetini anti-scivolo nella doccia e nella vasca da bagno.
Un altro suggerimento è quello di fare regolarmente attività fisica moderata o lieve, che migliora tono muscolare ed equilibrio, e di fare controlli periodici alla vista soprattutto se si sospettano cataratte. Se si ha paura di cadere perché si ha la sensazione che manchi l’equilibrio potrebbe essere utile usare un bastone, un buon alleato per prevenire le cadute in casa e fuori casa. Andrebbe inoltre valutato se i problemi di equilibrio sono associabili ad alcuni farmaci che il paziente assume (gli ipnotici per dormire, i tranquillanti, gli antidepressivi, gli antipertensivi). Occorre parlarne con il proprio medico per valutare insieme a lui cosa è opportuno fare: che tipo di attività fisica, se serve un controllo della vista e se è davvero indispensabile utilizzare farmaci che riducono l’equilibrio e a quali dosi.
Quindi anzitutto… non cadere!
Eh sì… Ci preoccupiamo molto dell’osteoporosi e pensiamo ai farmaci, ma ci preoccupiamo poco di prevenire le cadute che portano alle fratture. Come si legge nel rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa un terzo delle persone over 65 cade ogni anno e la frequenza delle cadute aumenta con l’aumentare dell’età e della fragilità. Le principali cause di ricovero per tutti i casi collegati alle cadute sono la rottura del femore, il trauma cranico e i danni agli arti superiori [7].
Si stima che, ogni 1.000 anziani che cadono, circa 100 si fratturino il femore e fino a 7 muoiano per le conseguenze di queste fratture. Ma le fratture non riguardano solo le persone con osteoporosi. Infatti è stato stimato che in donne con più di 65 anni, ogni 100 fratture solo 15 sono dovute a osteoporosi. Nell’anziano cambiamenti fisiologici associati all’età come il rallentamento dei riflessi protettivi rendono particolarmente pericolose anche cadute lievi [8]. Allora, ancora prima di pensare ai farmaci, appare di gran lunga più importante pensare alla prevenzione delle cadute per prevenire le fratture.
“La disponibilità di nuovi dati sulle cure già in uso nella profilassi e nella terapia dell’osteoporosi, e l’introduzione sul mercato italiano di nuovi farmaci, hanno fornito l’occasione per fare il punto sull’importante tema dell’osteoporosi e, soprattutto, sulle strategie finalizzate alla prevenzione della principale complicanza rappresentata delle fratture”, conclude Maestri con i colleghi su Informazione sui Farmaci.
“È importante ricordare che, nella pratica quotidiana, spesso ‘pazienti’ asintomatici si sottopongono a un esame densitometrico per screening oppure per sintomi che non sono dovuti alla demineralizzazione ossea come le artralgie. Appare quindi corretto attribuire al riscontro di un valore densitometrico patologico il carattere di fattore di rischio, più che di patologia vera e propria, con tutti i risvolti che ne conseguono sulle scelte da operare sul piano profilattico e/o terapeutico” [1].