17 Dicembre 2021 di Ulrike Schmidleithner

Un gioco da ragazzi

Tra i ricordi più belli ci sono senz’altro i giochi che hanno accompagnato la nostra infanzia. Io che mi trovo rannicchiata in cucina, insieme all’amato orsacchiotto senza nome, in una tenda costruita da alcune sedie e una coperta stesa sopra. E in quell’occasione gli do finalmente un nome, ed è quello di un bambino vicino di casa a cui sono affezionata. Io che salgo faticosamente la scaletta del letto a castello con in mano un ranocchietto di stoffa, fatto a mano da una mia zia, e che mi sembra tanto pesante per il riso con cui è stato imbottito. Io che nell’ampio giardino dei miei nonni lavo con dedizione stracci di tessuto in acqua saponata per appenderli poi ad asciugare al sole. Io che gioco nel letto a castello con mia sorella a un teatro in cui i personaggi sono le nostre dita. Più cerco di ricordare e più mi vengono in mente dei piccoli momenti, ed è una sensazione confortevole.

Il gioco libero dei bambini non sembra avere alcun ruolo importante tra le vicende del nostro mondo, non è paragonabile nemmeno lontanamente alle decisioni prese in Parlamento, alle scoperte degli scienziati, alla costruzione di un grattacielo o al lavoro di un fornaio che prepara il pane per la giornata. Ma in realtà sappiamo che per lo sviluppo di un bambino è fondamentale.

L’American Academic of Pediatrics scrive:

“Il gioco è così importante per lo sviluppo ottimale del bambino che è stato riconosciuto dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani come un diritto di ogni bambino.” (…) “Il gioco consente ai bambini di usare la loro creatività mentre sviluppano la loro immaginazione, destrezza e forza fisica, cognitiva ed emotiva. Il gioco è importante per un sano sviluppo del cervello. È attraverso il gioco che i bambini in tenera età si impegnano e interagiscono con il mondo che li circonda. Il gioco consente ai bambini di creare ed esplorare un mondo che possono padroneggiare, vincere le loro paure mentre praticano ruoli da adulti, a volte insieme ad altri bambini o adulti che si prendono cura di loro. Mentre padroneggiano il loro mondo, il gioco aiuta i bambini a sviluppare nuove competenze che portano a fiducia e la resilienza di cui avranno bisogno per affrontare le sfide future.”[1]

Alla nascita tutti noi siamo come un foglio di carta bianca su cui poi viene scritta la nostra storia personale, nessuna uguale a quella di un altro. Nessuno da un bambino pretende che sappia già tutto, che si metta seduto dritto e scriva di getto un libro di testo universitario. Molta acqua deve passare sotto i ponti prima che impari anche solo a scrivere e a risolvere i compiti di matematica.

Il cervello ha bisogno di tanti stimoli per poter sviluppare il massimo del suo potenziale. Imparare, soprattutto giocando, prepara il bambino a comprendere e affrontare il mondo. Può simulare situazioni che sarebbero molto pericolose se le mettesse in pratica nella realtà.

Non solo la mente di un neonato è simile a un foglio bianco, ma anche il suo sistema immunitario ha bisogno di allenarsi e conoscere il mondo che lo circonda. Ma come a un bambino non si mette in mano un coltello affilato, non si dovrebbe chiedere al sistema immunitario di affrontare agenti infettivi patogeni in grado di causare gravi malattie, o addirittura la morte, senza essere prima stato preparato.

Nel passato non c’erano molti mezzi per evitare le infezioni: la storia insegna che per secoli questo ha provocato un’altissima mortalità infantile, e purtroppo ancora oggi ci sono molti Paesi in cui continua a succedere.

Alla fine del diciottesimo secolo l’umanità ha potuto finalmente tirare un sospiro di sollievo, almeno per quanto riguarda una delle tante malattie infettive con cui doveva convivere, la più temibile in quel periodo: il vaiolo. Da quel momento anche il sistema immunitario ha avuto l’occasione di imparare “giocando” prima di affrontare il virus selvaggio. In un certo senso la vaccinazione è per le nostre difese come “un gioco da ragazzi”. Gli permette di reagire e sviluppare l’immunità e non è più necessario imparare con le maniere forti, con il rischio di soccombere.

Dopo questo primo successo della vaccinazione, grazie alla quale siamo stati capaci di sconfiggere il vaiolo, alcune menti brillanti sono riuscite via via a inventare altri ingegnosi sistemi per far imparare il sistema immunitario “giocando”, e sviluppare così le competenze per affrontare le sfide future.

I bambini piccoli sanno per istinto che il gioco è di vitale importanza. Un buon genitore li sostiene in questo, offrendo loro la possibilità di giocare liberamente, e proteggendoli da situazioni rischiose. Dovremmo dare anche al nostro sistema immunitario l’opportunità di imparare a riconoscere il nemico se dovesse incontrarlo.

Nel primo anno della pandemia non avevamo la possibilità di proteggerci da Covid-19 con il vaccino, per fortuna però c’erano varie misure che, usate insieme, potevano dare un importante contributo a evitare il contagio. Ma non potevamo sviluppare l’immunità senza esporci al rischio della malattia. Per quanto riguarda il virus SARS-CoV-2 eravamo nella stessa situazione in cui era l’umanità fino all’inizio del diciottesimo secolo nei confronti del virus del vaiolo. Per nostra fortuna nel secondo anno, a queste misure – che continuano ad avere grande importanza – si è aggiunta la possibilità di offrire al nostro sistema immunitario l’occasione di allenarsi con un nemico-giocattolo, riducendo così il rischio al minimo.

Eppure ci sono persone che preferiscono affrontare il SARS-CoV-2 senza alcuna preparazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: tanta sofferenza e tanti lutti prevenibili. Chi sarebbe così irresponsabile da dare in mano a un bambino un coltello molto tagliente, pretendendo che si tagli da solo una fetta di pane? Di solito si aspetta che arrivi il momento in cui ha l’abilità per poterlo fare. Per il bambino il gioco ha un ruolo fondamentale in questo processo di apprendimento. Per il sistema immunitario vale lo stesso. È di vitale importanza dargli la chance di allenarsi con la vaccinazione prima di affrontare il vero nemico. Nessuno può sapere quando sarà esposto al contagio e come il proprio organismo reagirà, perciò non ha alcun senso rimandare la vaccinazione o addirittura rifiutarla.

Bibliografia

Autore Ulrike Schmidleithner

Una mamma che segue dall’inizio del 2002 con grande passione la questione vaccini. In tutti questi anni ha approfondito ogni aspetto di questo tema. Conosce praticamente tutti gli argomenti usati dalle persone contrarie alle vaccinazioni. Ha controllato accuratamente ciascuno di questi assunti e ha scritto moltissimi articoli sul suo blog Vaccinar...SI’! e sulla pagina Facebook omonima, per spiegare in modo pacato e comprensibile anche a chi non ha studiato medicina come stanno realmente le cose secondo il parere della comunità scientifica. Ha sempre fatto controllare i suoi articoli da uno o più esperti per assicurare la correttezza scientifica, che è indispensabile per un tema così importante. Sul nostro sito cura “La rubrica della mamma” in cui si rivolge ai genitori stando al loro fianco.
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