La tiroide è una ghiandola a forma di farfalla che si trova alla base del collo, nella parte anteriore, tra la trachea e l’esofago. Produce due ormoni, la triiodotironina (T3) e la tiroxina (T4), che controllano molte funzioni dell’organismo: il metabolismo di grassi, carboidrati e proteine, la frequenza del cuore e dei movimenti respiratori, il funzionamento dell’apparato gastrointestinale e l’assimilazione degli alimenti, la produzione dei globuli rossi. Controllano anche la regolarità del ciclo ovulatorio e la fertilità femminile: sono coinvolti nel processo di maturazione degli ovociti e nella preparazione dell’utero ad accogliere l’ovocita fecondato all’inizio della gravidanza [1].
L’ipotiroidismo o “tiroide pigra”, cioè una produzione insufficiente degli ormoni T3 e T4, altera il funzionamento di tutti questi apparati. In particolare, provoca irregolarità del ciclo mestruale e riduce la probabilità di concepire e dare inizio a una gravidanza.
Rimediare è semplice: è sufficiente assumere quotidianamente levotiroxina, il sostituto sintetico dell’ormone T4, per compensare la carenza di quello naturale. Spetta allo specialista endocrinologo diagnosticare l’ipotiroidismo, prescrivere il trattamento e indicare il dosaggio corretto della levotiroxina, che deve essere aggiornato periodicamente in base ai risultati di specifici esami del sangue.
Dottore, che cosa si intende con “tiroide pigra” e come si diagnostica il problema?
La causa più frequente di ipotiroidismo è una malattia autoimmune, la tiroidite di Hashimoto. È un difetto del sistema immunitario che produce anticorpi diretti contro la tiroide: l’organismo per errore attacca sé stesso. A lungo andare questi anticorpi compromettono il funzionamento della ghiandola e la produzione di ormoni tiroidei. È una malattia molto diffusa, più frequente nella popolazione femminile che tra gli uomini. Si stima che ne soffra il 10% delle donne in età fertile.
Tante ne sono affette in forma asintomatica, senza saperlo: sono portatrici degli anticorpi anomali, ma la loro tiroide funziona ancora abbastanza bene e la produzione di ormoni è regolare o solo lievemente carente. Col tempo di solito la situazione evolve, la produzione di ormoni cala e si manifestano i sintomi caratteristici dell’ipotiroidismo: stanchezza cronica, sensibilità accentuata al freddo, difficoltà di concentrazione, vuoti di memoria, secchezza della pelle e fragilità dei capelli.
Chi accusa questi sintomi dovrebbe parlarne con il medico di famiglia e programmare una visita da uno specialista endocrinologo, che prescriverà gli esami necessari per diagnosticare la tiroidite di Hashimoto: la ricerca degli anticorpi anomali, il dosaggio nel sangue degli ormoni T3 e T4 e dell’ormone tireostimolante (TSH), la cui concentrazione ha un andamento inverso rispetto a quella di T3 e T4, cioè aumenta quanto più il livello degli ormoni tiroidei è carente.
Studi recenti hanno evidenziato che anche un deficit lieve degli ormoni tiroidei può ostacolare i tentativi di concepimento, quindi anche la tiroidite asintomatica può ridurre la fertilità femminile. Per questa ragione, quando una coppia pianifica una gravidanza e ha difficoltà a portare a termine il progetto, tra gli esami prescritti all’aspirante mamma ci sono anche quelli per valutare la funzionalità della tiroide, indipendentemente dal fatto che manifesti sintomi sospetti o meno.
Che cosa succede in gravidanza in caso di ipotiroidismo non trattato?
Oltre al rischio di infertilità, pianificare una gravidanza in una condizione di carenza di ormoni tiroidei comporta altri problemi. Se il concepimento va a buon fine e la futura mamma è ipotiroidea ma non sa di esserlo, quindi non assume levotiroxina per compensare il difetto, aumenta la probabilità che vada incontro ad alcune complicazioni ostetriche: interruzione spontanea della gravidanza, parto pretermine e basso peso alla nascita [2]. Inoltre, nel primo trimestre di attesa gli ormoni tiroidei materni sono indispensabili al nascituro per un corretto sviluppo del suo apparato scheletrico e del suo sistema nervoso centrale, fintanto che la sua stessa tiroide non entra in funzione e li produce in autonomia. Una condizione di ipotiroidismo materno non trattata può interferire con l’accrescimento fisico e con lo sviluppo intellettivo del piccolo.
La comunità medica è concorde sul fatto che un marcato ipotiroidismo debba essere trattato in gravidanza per prevenire questi danni, mentre non è ancora chiara l’entità del rischio se ipotiroidismo è lieve e asintomatico. Per precauzione, la American Thyroid Association raccomanda di sottoporsi a esami di controllo della funzionalità della tiroide a tutte le donne che pianificano o non escludono una gravidanza e hanno sintomi sospetti di ipotiroidismo, oppure non accusano sintomi ma hanno precedenti di patologie della tiroide tra parenti di primo grado, sono affette da diabete di tipo 1 o da un’altra patologia autoimmune, hanno 30 anni o più [3]. In base al risultato degli esami, spetta poi all’endocrinologo e al ginecologo decidere se intraprendere una terapia. La levotiroxina è innocua per il feto.
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