La rapida diffusione della variante Omicron solleva interrogativi che riguardano sia la sua pericolosità, sia la capacità di diagnosticare l’infezione con i test attualmente disponibili, come ad esempio i tamponi rapidi. Per ora, disponiamo di studi di piccole dimensioni e, pertanto, è necessario attendere i risultati di nuove ricerche.
Dottore, può dirmi qualcosa in più della variante Omicron?
Era il 26 novembre 2021 quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità designava la variante classificata con la sigla B.1.1.529 come Variant of Concern (Voc), con il nome di Omicron [1]. A distanza di poche settimane, chiedere informazioni a Google vuol dire ricevere già decine di migliaia di risultati allarmanti o tranquillizzanti: comunque contraddittori. Come spiega la pagina dedicata a Omicron sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, “la variante è stata isolata per la prima volta in campioni raccolti l’11 novembre in Botswana e il 14 novembre in Sud Africa, e al 22 dicembre era stata isolata in 110 Paesi. La decisione di dichiararla una VOC è dovuta alla presenza nella variante di diverse mutazioni che potrebbero avere un impatto sul comportamento del virus, anche in termini di gravità della malattia o della capacità di diffusione” [2].
Cosa sappiamo dell’affidabilità diagnostica dei tamponi rapidi, nella variante Omicron?
La rapidità con cui ricercatori di molti Paesi del mondo stanno lavorando per comprendere meglio le caratteristiche di questa variante di SARS-CoV-2 favorisce la condivisione veloce di studi su archivi liberamente accessibili, aperti ad una sorta di revisione critica successiva alla pubblicazione. È il caso di uno studio pubblicato prima di essere sottoposto a revisione tra pari (quindi in forma di preprint) che ha confrontato le prestazioni di sette test antigenici rapidi su virus in coltura [3]. I dati hanno concluso che i test potrebbero essere intrinsecamente meno sensibili a Omicron. I risultati sono stati recepiti dall’agenzia che regola l’approvazione di farmaci e dispositivi negli Stati Uniti – la Food and Drug Administration (FDA) – che ha comunicato che “dati preliminari suggeriscono che i test antigenici rilevano la variante Omicron ma potrebbero avere una sensibilità ridotta” [4].
Dai risultati di uno studio condotto su una coorte di sole 30 persone sembra che due test antigenici rapidi tra i più utilizzati non garantiscano una risposta tempestiva nella rilevazione dei casi di Omicron: continuavano a risultare negative alcune persone contagiate, con l’infezione correttamente diagnosticata da test molecolari più accurati ma più lenti [5]. In altre parole, ci vogliono tre giorni in media perché una persona positiva al test molecolare risulti esserlo anche al tampone antigenico [6].
Una ricerca su 731 persone svolta a San Francisco, negli Stati Uniti, le ha sottoposte a test antigenico rapido e contestualmente a test molecolare RT-PCR: il kit diagnostico antigenico utilizzato ha dimostrato di avere una sensibilità tale da consentire di identificare circa il 65 per cento dei “positivi” ma la quasi totalità delle persone infette con alta carica virale [7]. “Sembra che la performance dei test non sia molto differente con Omicron” ha dichiarato al New York Times il ricercatore Joseph DeRisi dell’università di California [8].
Dalla California all’Australia, per andare a vedere infine uno studio condotto in laboratorio: sono state messi a confronto dieci kit diagnostici tra quelli in commercio, valutandone la capacità di diagnosticare l’infezione in campioni di virus Delta e Omicron a diverse diluizioni. In questo caso, il risultato è una buona notizia, in quanto non sono state osservate differenze significative [9].
Ma, allora, ci possiamo fidare o no di un test antigenico rapido?
Questa è una tipica domanda alla quale è difficilissimo dare una risposta senza paura di sbagliare. “Per ora, non è chiaro se i test antigenici rapidi siano davvero meno efficaci nel rilevare i casi di Omicron o cosa potrebbe causare una tale differenza”, hanno spiegato i ricercatori che hanno parlato con The Scientist [4]. È probabile che eventuali differenze siano minime e non rappresentino un motivo di preoccupazione per la salute pubblica a condizione che le persone continuino a utilizzare i dispositivi in modo ragionevole. In pratica, bisogna usarli sapendo che non sono perfetti, come qualsiasi test diagnostico, ha detto Al Edwards, microbiologo dell’università di Reading: “Se sono leggermente meno perfetti o più perfetti, non è un grosso problema” [4].
Quali sono le principali domande ancora in cerca di risposta?
Una riguarda la sede dove effettuare il prelievo: alcuni dati – in realtà poco più che aneddotici, quindi da prendere con cautela – sembrano suggerire che nella saliva la carica virale ha un picco due giorni prima che nelle narici [6].
Dati che sembrano andare d’accordo con i risultati di uno studio condotto in Sudafrica su 382 persone con sintomatologia in fase acuta ma non ricoverate in ospedale. Ricordiamo che il Sudafrica potrebbe essere tra le prime nazioni a essersi confrontate con la nuova variante [10].
Lo studio conclude che “i risultati suggeriscono che il modello di diffusione virale durante il corso dell’infezione è alterato per Omicron con una maggiore diffusione virale nella saliva rispetto ai campioni nasali, con conseguente miglioramento delle prestazioni diagnostiche dei tamponi salivari” [10].
Dottore, ma alla fine qual è il messaggio?
Mettiamola così: se risulti positivo a un test rapido, quasi sicuramente hai Covid-19. Se risulti negativo, in alcuni casi, potresti comunque risultare positivo a un test molecolare, che è molto più sensibile perché verifica le prove genetiche, per così dire, della presenza del virus. I test rapidi potrebbero non rilevare casi positivi nelle persone che sono state vaccinate o che si sono recentemente riprese dopo aver contratto Covid-19, poiché potrebbero avere una carica virale più bassa [11].
Va bene, quindi, utilizzare anche i tamponi rapidi fai-da-te soprattutto in momenti in cui la disponibilità di test è limitata, ma ricordando che non sono infallibili. Un risultato di negatività a questi test non può essere una scusa per abbandonare, specie se si è a contatto con persone fragili, le note attenzioni e contromisure in termini di prevenzione: indossare la mascherina, mantenere il distanziamento, lavare spesso le mani.
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