“Morire di crepacuore” è un’espressione utilizzata nel linguaggio comune per indicare la morte di una persona in seguito a un’emozione forte, come quella vissuta durante un trauma o un lutto. Ma non si tratta solo di un modo di dire.
Quella che chiamiamo “morte per o di crepacuore” è una condizione medica conosciuta come sindrome di Tako Tsubo, sindrome del cuore spezzato o cardiomiopatia da stress. I sintomi sono simili a quelli che si verificano durante un infarto ma gli eventi scatenanti e le cause alla base di questa sindrome evidenziano una forte componente psicologica.
Dottore, può dirmi di più?
La cardiomiopatia di Tako Tsubo è una malattia che colpisce il muscolo cardiaco ed è caratterizzata da un malfunzionamento del ventricolo sinistro del cuore, che smette temporaneamente di pompare sangue al resto del corpo. Fu identificata per la prima volta in Giappone all’inizio degli anni Novanta e da allora è stata diagnosticata in pazienti di tutto il mondo, tanto che oggi rappresenta fino al 5% delle diagnosi inizialmente riconducibili a sindrome coronarica acuta, quella che siamo abituati a chiamare come infarto o colpo al cuore [1,2].
Cosa intende dire, Dottore?
La sindrome di Tako Tsubo si manifesta principalmente con dolore al petto e fiato corto, gli stessi sintomi che si osservano quando è in corso un infarto. Per questo, in presenza di qualsiasi dolore al torace persistente o che persiste più di 15 minuti, ma anche se il battito cardiaco accelera o diventa irregolare e insorgono difficoltà nella respirazione dopo uno stress intenso, è necessario contattare immediatamente il pronto soccorso [2].
Anche se alla fine la diagnosi confermerà una cardiomiopatia da stress, nel momento in cui i sintomi si presentano non possiamo escludere un infarto del miocardio, una patologia che, al contrario della sindrome di Tako Tsubo, può mettere in pericolo la sopravvivenza se non si interviene tempestivamente [3].
Come distinguere un infarto del miocardio dalla sindrome di Tako Tsubo?
L’infarto del miocardio in genere è determinato dall’ostruzione di un’arteria coronaria, un vaso che irrora il cuore, dovuta alla presenza di un coagulo o di un trombo. Per escludere un infarto del miocardio in un paziente che riferisce dolore al petto e respiro corto è necessario eseguire un’angiografia coronarica.
Si tratta di un esame clinico durante il quale viene iniettato un mezzo di contrasto, cioè una sostanza che, opacizzando i vasi sanguigni alla radiografia, permette di escludere o confermare il sospetto di un’eventuale ostruzione. Una volta stabilito che la persona non ha avuto o non ha in corso un infarto, il medico valuterà la storia medica e personale del paziente e potrà ritenere utile svolgere ulteriori esami prima di capire se si trova davanti a una sindrome di Tako Tsubo [3].
In particolare, l’ecocardiogramma aiuta a verificare se la forma del cuore sia rimasta normale o se abbia invece assunto una forma che ricorda quella di una trappola (tsubo) per polpi (tako) giapponese, da cui la malattia prende il nome.
Perché è utile conoscere la storia medica del paziente?
Da studi pubblicati in letteratura scientifica è emerso che lo stato di salute mentale di una persona influenza la probabilità che questa manifesti la sindrome di Tako Tsubo.
Gruppi di ricerca diversi hanno dimostrato che i pazienti con una storia medica di disturbi neurologici e quelli con un disturbo psichiatrico passato o presente hanno infatti un rischio maggiore di sviluppare questa malattia in seguito a un evento stressante [2,4,5,6].
Per questo è fondamentale che il medico, durante l’anamnesi, rivolga al paziente domande che riguardano anche il vissuto emozionale, per capire se abbia attraversato di recente un disagio emotivo particolarmente forte, come la perdita di una persona cara.
Dottore, la sindrome di Tako Tsubo si può sviluppare anche dopo un evento positivo?
Anche se succede raramente, è possibile che a scatenare la sindrome di Tako Tsubo sia uno stress positivo (davvero esiste lo stress positivo? Sì, noi ne abbiamo parlato nella scheda “Lo stress può essere anche positivo?”).
Come ha concluso uno studio svizzero, dei 485 casi analizzati dai ricercatori dell’ospedale universitario di Zurigo che si erano verificati in seguito a un forte disagio emotivo, 20 erano stati innescati da un evento considerato positivo, come la nascita di un figlio, un matrimonio e la vincita di una grossa somma di denaro.
Anche un evento fisico stressante può scatenare la sindrome di Tako Tsubo?
Sì. Le cause effettive di questa malattia non sono ancora del tutto chiare, ma si ritiene che all’origine del danno al muscolo cardiaco vi sia la scarica di ormoni dello stress rilasciati dalla componente simpatica del sistema nervoso autonomo, che si può attivare anche in risposta a un fattore di stress fisico, come un attacco d’asma, una frattura o un intervento chirurgico importante [3,7,9].
Si può morire?
La prognosi di questa malattia è solitamente positiva, con un tasso di guarigione che interessa un’alta percentuale dei casi [9]. Infatti, anche se non esiste una terapia specifica, la sindrome di Tako Tsubo si può curare.
Una volta che la diagnosi è stata confermata, possono essere prescritti farmaci che hanno l’obiettivo di ridurre il lavoro del cuore e prevenire la comparsa di recidive. In generale, dopo circa un mese la maggior parte dei pazienti torna a condurre una vita normale. In alcuni casi potrebbe essere necessario sottoporsi a un ecocardiogramma di controllo ogni 4-6 mesi, per verificare che il cuore non abbia riportato conseguenze [2]. Ma in ogni caso sarà il medico a indicare la strada migliore da seguire per il singolo paziente.
Dottore, si può prevenire?
Proprio perché alla sindrome è associata una forte predisposizione psicologica, riconoscere e gestire l’ansia può essere utile in termini di prevenzione [2]. Per arrivare a esercitare un maggiore controllo delle proprie reazioni durante situazioni di stress fisico ed emotivo intenso è possibile imparare tecniche di rilassamento, come la respirazione profonda, organizzare la giornata in modo da ricavare momenti di relax anche nei periodi più impegnativi, frequentare amici e familiari e seguire uno stile di vita sano.
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