Di recente la stampa ha reso noti i dati epidemiologici della tubercolosi, ipotizzando un allarme epidemia. Ma davvero questa malattia potrebbe tornare a diffondersi in modo preoccupante? Chiariamo subito che l’incidenza dei casi di tubercolosi in Italia non è stata azzerata, ma è molto bassa. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, riferiti al 2021, nel nostro Paese si sono registrati 2.480 casi. Si tratta di un valore che si mantiene quasi costante da almeno vent’anni e non deve preoccupare [1].
Certamente grave è invece la situazione globale: la tubercolosi colpisce ogni anno dieci milioni di persone e quasi un milione e mezzo degli ammalati muoiono. E per le persone affette da HIV è la prima causa di decesso [2]. Con questa scheda cerchiamo di capire i fattori di rischio e le modalità da mettere in campo per prevenire il diffondersi dell’infezione.
Dottore, quindi non è il caso di parlare di epidemia di tubercolosi?
In riferimento all’Italia, e anche all’Europa, non è corretto utilizzare il termine epidemia. Esistono, però, come abbiamo detto, molte zone nel mondo nelle quali la tubercolosi è la principale causa di morte per singolo agente infettivo. Ciò vuol dire che, anche in assenza di altre patologie o condizioni di fragilità, chi contrae questa malattia rischia seriamente la vita. Il pericolo è alto soprattutto tra le popolazioni che vivono in Paesi a basso e medio reddito, in condizioni di malnutrizione e di scarsa assistenza sanitaria [2].
Se la tubercolosi è così contagiosa perché non si dovrebbe diffondere ovunque?
Intanto occorre sapere che la tubercolosi (o TBC) è causata da un agente infettivo, il batterio Mycobacterium tuberculosis, noto anche come bacillo di Koch, dal nome del medico che per primo lo individuò nel 1882.
L’infezione, che interessa principalmente l’apparato respiratorio, si diffonde attraverso l’aria, quindi il contagio può avvenire tossendo, parlando, attraverso starnuti o anche soltanto respirando nella stessa area [3]. Si ipotizza che circa un quarto della popolazione mondiale sia venuta in contatto con il batterio responsabile della TBC. Solo una minoranza di questi (tra il 5 e il 10 per cento), però, svilupperà la malattia. Si tratta di persone con il sistema immunitario compromesso (a causa dell’HIV, per esempio) o soggetti malnutriti. Il rischio aumenta anche per i diabetici e per i fumatori.
È importante sapere che coloro che sono infetti, ma non malati, non possono trasmettere la TBC. Come abbiamo accennato, la circolazione del batterio della tubercolosi in Europa è molto limitata e i malati sono davvero pochi, quindi il contagio difficilmente assumerà le caratteristiche di una epidemia [4].
Dottore, è possibile capire se siamo venuti a contatto con il batterio della TBC?
Le condizioni correlate alla tubercolosi sono due:
- la forma inattiva, o latente, che riguarda i soggetti che non hanno sviluppato la malattia
- la forma attiva, cioè la malattia sintomatica [5].
Da poco tempo si sa che l’infezione può avere ulteriori manifestazioni, cioè può comprendere uno spettro più ampio di condizioni a seconda dello stato di salute del soggetto [6]. In generale, però, sintomi della malattia attiva non sono così differenti da altre patologie respiratorie gravi. Quando sono colpiti i polmoni, infatti, si verificano tosse con catarro (talvolta con tracce di sangue) e difficoltà a respirare. Esiste poi la tubercolosi extrapolmonare, più rara, che è caratterizzata da linfonodi ingrossati, dolore addominale, mal di testa e convulsioni.
La diagnosi non è semplice. Si procede con radiografia del torace, esami microbiologici del sangue e del muco (per cercare il batterio) e, nei casi più ostici, si ricorre a ecografie, TAC o risonanze magnetiche. Un apposito esame, inoltre, verifica la presenza del batterio con la tubercolina, una sostanza che ne provoca la reazione.
Una volta accertata la tubercolosi, un trattamento di lunga durata con gli antibiotici specifici sarà risolutivo per la guarigione. Se è stata diagnosticata la TBC inattiva, per esempio in soggetti che hanno vissuto nei Paesi a rischio, sono disponibili trattamenti che evitano lo sviluppo della malattia [1,7].
Possiamo vaccinarci contro la tubercolosi?
Esiste un vaccino, detto BCG (bacillo di Calmette-Guérin), efficace nella prevenzione delle forme gravi. È somministrato solo nei Paesi con un’elevata incidenza di TBC ai neonati o ai bambini piccoli. In Italia il vaccino è indicato solo per alcune categorie a rischio, come i sanitari che operano in reparti pericolosi [3]. A livello globale, è in discussione la proposta di effettuare screening universali per individuare precocemente l’infezione ed evitare, appunto, la minaccia di una epidemia [6].
Argomenti correlati:
Disturbi respiratoriMalattie infettiveMedicina