Posso mangiare la neve?

10 Gennaio 2025 di Maria Frega (Pensiero Scientifico Editore)

Assaggiare la neve appena caduta sulle piste da sci o utilizzare quella sul davanzale di casa per preparare una granita: sono idee che stanno circolando sui social network in queste settimane. E stanno diventando un trend perché sono già molti gli utenti che replicano i video girati dagli influencer in settimana bianca o in vacanza nei Paesi nordici. Ma mangiare la neve, anche in modica quantità, è salutare? Purtroppo no.

Se l’inquinamento e la sporcizia in città sono evidenti, anche nelle regioni montane una manciata di neve può essere pericolosa per la salute. Oltre a contaminazioni di batteri e inquinanti, dissetarsi con la neve può causare disidratazione e ipotermia.

Dottore, perché è pericoloso per la salute mangiare la neve?

Mangiare anche piccole quantità di neve non vuol dire ingerire solo acqua gelata. Come prima cosa, è importante valutare dove si raccoglie la neve che si ha intenzione di utilizzare per un assaggio o per bevande e sorbetti. La prima regola è, dunque, osservare. Se la neve non è candida e fresca, cioè appena posata al suolo, è meglio evitare. Non si deve raccogliere la neve che si sospetta sia stata calpestata o spalata, e nemmeno quella che è diventata gialla perché potrebbe contenere urina di animali, guano, o residui degli scarichi di automobili. Insomma, evitiamo di utilizzare la neve di città per preparazioni alimentari [1].

Durante una nevicata, i fiocchi si comportano da rastrello o spazzola: raccolgono e portano a terra frammenti di polveri e altre sostanze chimiche contenute nell’aria. La prova è che, dopo un abbondante nevicata, l’aria sembra – ed effettivamente è – più pura e pulita. Tra le sostanze trasportate dai fiocchi, però, ci sono inquinanti, soprattutto nelle aree urbane.

E non solo: su strade e marciapiedi di città è possibile che siano presente il sale grosso e altre sostanze sparse per impedire la formazione di ghiaccio. Si tratta di materiali non commestibili e potenzialmente tossici [2,3].

I batteri, però, non dovrebbero sopravvivere al freddo…

La maggior parte degli agenti patogeni (batteri e virus) non sopravvive alle basse temperature, ma ce ne sono alcuni che si ambientano e resistono anche due mesi nel ghiaccio. Tra questi, l’Escherichia coli. Questo batterio, responsabile di infezioni come la gastroenterite, è stato rilevato anche nei nevai in alta montagna. La causa della sua presenza sono le feci degli animali, ma anche le acque reflue (cioè gli scarichi domestici).

Così come non berremmo acqua in aree dove l’igiene è trascurata, dovremmo evitare di mangiare la neve. Le conseguenze possono comprendere sintomi lievi e passeggeri, come un mal di pancia, oppure più seri come febbre, vomito e infezioni debilitanti [4].

In montagna la neve è più pulita?

In teoria, sì. Se raccogliamo parte dello strato superiore di un cumulo di recente formazione, quella neve è innocua, soprattutto se è immacolata e non presenta orme lasciate da animali. Anche in questo caso, però, non bisogna esagerare.

Oltre al pericolo di ingerire inquinanti e sporcizia, mangiare o bere alimenti arricchiti di neve comporta altri rischi per la salute. Uno di questi è la disidratazione. Sembra paradossale, ma ingerire qualcosa di molto freddo costringe l’organismo a consumare molta energia nel tentativo di mantenere la giusta temperatura: ciò può causare la perdita di liquidi (sudore). Mangiare neve, quindi, non si deve sostituire alla quantità di acqua di cui il corpo ha bisogno. Un altro rischio è l’ipotermia, perché ingerire ghiaccio o neve potrebbe innescare uno stress termico che altera la temperatura interna del corpo [1].

Allora in alta montagna c’è meno inquinamento?

Non proprio. Anche sulle Alpi, in Siberia e nelle regioni artiche sono stati rinvenuti frammenti minuscoli (misurano meno di cinque millimetri) di plastica derivati dal lavaggio dei capi sintetici, da prodotti detergenti rilasciati negli scarichi domestici, dall’abrasione di pneumatici e dalla degradazione di imballaggi. In alcuni Paesi europei si è rilevato come, durante le precipitazioni, sia di pioggia sia di neve, le concentrazioni di microplastiche siano cinque volte maggiori. Le conseguenze sulla salute, a lungo termine, possono essere negative per l’apparto respiratorio: la presenza di fibre di plastica nell’organismo causa, infatti, tosse, infiammazioni, allergie e aumenta il rischio di tumori [5].

Le microplastiche

Tutte le plastiche – da quelle derivate dai prodotti di scarto, in aumento negli ultimi anni, fino a quelle impiegate come imballaggi per alcuni alimenti – con il tempo si degradano. Si formano, quindi, particelle microscopiche che, nel caso le loro dimensioni siano inferiori ai 5 mm, vengono chiamate microplastiche. Sono state trovate negli oceani, nell’atmosfera, nel suolo dei Paesi europei e, come abbiamo visto in questa scheda, nella neve. Tutti gli animali marini e terrestri, uomo compreso, sono quindi destinati a consumare inevitabilmente e inconsapevolmente le microplastiche.

Sappiamo che l’esposizione alle microplastiche può avere effetti negativi sulla salute dell’uomo, ma si sta continuando a studiare l’argomento. In ogni caso, per tutelare la nostra salute e quella del pianeta, dovremmo cercare sempre di più di ridurre la produzione dei prodotti di plastica per prevenire il rilascio di nuove microplastiche nell’ambiente.

Fonti:

Insomma, dottore, niente sorbetto con la neve?

Riassumendo, possiamo concludere che un piccolo e non ripetuto assaggio di una manciata di neve in montagna non è nocivo. Evitiamo però di raccoglierla per preparare bevande o per riempire la borraccia al posto dell’acqua.

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Autore Maria Frega (Pensiero Scientifico Editore)

Maria Frega è sociologa, specializzata in comunicazione, e scrittrice. Si occupa di scienza, innovazione e sostenibilità per un'agenzia di stampa e altri media. Sugli stessi temi cura contenuti per testi scolastici e organizza eventi di divulgazione con associazioni ed enti pubblici. È inoltre editor di saggistica e tiene corsi di scrittura anche nelle scuole e in carcere. I suoi ultimi libri sono Prossimi umani e Filosofia per i prossimi umani, con Francesco De Filippo per Giunti Editore.
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