Possiamo smettere di usare la mascherina?

18 Maggio 2022 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Possiamo smettere di usare la mascherinaA una domanda del genere, c’è una risposta dettata dalle disposizioni del Ministero della Salute che raccomanda l’uso della mascherina in tutti i luoghi chiusi – pubblici o aperti al pubblico – per esempio negozi, bar, ristoranti e centri commerciali. Dal primo maggio è invece obbligatorio solo l’uso del modello FFP2 sui mezzi di trasporto pubblici a lunga percorrenza. Quindi sugli aerei (almeno fino al 15 giugno), navi, traghetti, pullman, autobus a noleggio, mezzi di trasporto pubblico locale o regionale e scuolabus per studenti di scuola primaria, secondaria di primo grado e di secondo grado. Ancora, è obbligatorio indossare la FFP2 per assistere a qualsiasi evento artistico o sportivo che si svolga in un luogo chiuso. Poi, però, c’è una risposta un poco più approfondita che non può non considerare l’attuale diffusione del virus.

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Come si sta diffondendo attualmente il virus?

Alla prima settimana di maggio 2022, il Ministero della Salute osserva una diminuzione dell’incidenza con una trasmissibilità del virus appena al di sotto della soglia epidemica [1]. Dati che contribuiscono alla riduzione del tasso di occupazione dei posti letto per Covid-19 sia in area medica sia in terapia intensiva. Nel complesso, si tratta di buone notizie, quasi certamente dovute alla alta copertura vaccinale in tutte le fasce di età – compresa quella tra i 5 e i 12 anni – e al mantenimento di una buona risposta immunitaria grazie alla dose di richiamo. Però, lo stesso Ministero della Salute raccomanda di non abbassare la guardia e di continuare a proteggersi, a essere prudenti nel frequentare luoghi affollati, a lavarsi le mani in modo accurato.

Ma la curva dei contagi non continuerà a ridursi visto che ormai siamo nella bella stagione?

Com’è stato detto molte volte, è probabile che trascorrendo più tempo all’aria aperta le occasioni di contagio si riducano. Ma – come dicevamo in apertura – talvolta le risposte più sintetiche rischiano di nascondere parte della realtà. Notizie non proprio rassicuranti arrivano dal Sudafrica, una nazione in cui già si erano manifestate prima che da noi delle varianti del virus: si sta osservando un forte aumento dei casi dovuti a due nuove sottovarianti di Omicron, denominate BA.4 e BA.5, che la Rete di sorveglianza genomica del Sudafrica ha individuato per la prima volta a gennaio [2]. Nelle ultime settimane – spiega un articolo molto documentato uscito sulla rivista Science – il numero di casi in Sudafrica è passato da circa 1.000 al giorno il 17 aprile a quasi 10.000 il 7 maggio. Una terza sottovariante, chiamata BA.2.12.1, si sta diffondendo negli Stati Uniti, provocando aumenti lungo la costa orientale [2].

Queste evidenze hanno suscitato molta preoccupazione. Il famoso medico e ricercatore statunitense Eric Topol ha commentato con molta amarezza una situazione che non lascia tranquilli: “Il virus ha un vantaggio di due anni e mezzo e si evolve più rapidamente che mai. Siamo abbastanza sciocchi da non raddoppiare gli sforzi per sviluppare vaccini attivi contro tutti i coronavirus, vaccini a somministrazione nasale, farmaci sempre più efficaci e nuove tecnologie” [3].

Chi ha ricevuto due dosi di vaccino e il richiamo è protetto dalle nuove varianti?

Le sottovarianti emergenti in queste settimane pare possano eludere l’immunità dei pazienti che già hanno sofferto la malattia, rendendo possibile una nuova infezione. Questo è dovuto alla presenza di mutazioni che alterano degli elementi fondamentali del virus, elementi che rappresentano un bersaglio chiave per gli anticorpi protettivi dalla malattia.

Però, “non c’è motivo di spaventarsi”, ha dichiarato a Science John Moore, immunologo della Weill Cornell Medicine. I nuovi ceppi sono “una seccatura in più”, dice, ma “non ci sono indicazioni che siano più pericolosi o più patogeni”. Parole tranquillizzanti, dunque. Nella maggior parte dei casi, sembra che la vaccinazione o l’aver già avuto Covid-19 forniscano protezione da una forma grave di malattia [2].

Quindi servirebbe un nuovo vaccino attivo sulle nuove varianti?

Possiamo smettere di usare la mascherinaProbabilmente sì, considerato che in molti ritengono che la variante Omicron dovrebbe essere chiamata Sars-CoV-3, un virus quasi completamente differente dai precedenti. “La rapida evoluzione di Omicron rende difficile per i responsabili dei vaccini e delle politiche decidere se passare a una nuova serie di vaccini o mantenere le formulazioni attuali, che si basano sul virus emerso a Wuhan, in Cina, più di due anni fa. Moderna ha testato due versioni del suo vaccino a base di mRNA, contenenti il ceppo ancestrale e la variante Beta – che si è diffusa per un certo periodo in Sudafrica nel 2021, ma ora è scomparsa – o la variante Omicron BA.1. L’azienda non ha ancora fornito dati sull’efficacia della protezione contro le nuove sottovarianti” [2].

Pfizer ha testato l’efficacia di un richiamo e di un vaccino basato sul BA.1. I risultati sono attesi per la fine di giugno e l’agenzia regolatoria statunitense (la Food and Drug Administration) ha messo in calendario una riunione per il 28 giugno per analizzare i dati disponibili e formulare raccomandazioni sui vaccini per l’autunno [2].

Dottore, ma se la situazione è questa perché smettere di usare la mascherina?

Probabilmente, la decisione di alleggerire le misure di prevenzione del contagio è stata dovuta a un insieme di fattori sanitari, economici, sociali e politici. Del resto, è una scelta che ha accomunato molti Paesi del mondo [4]. Per certi aspetti, dopo due anni di intensa attività politico-sanitaria, sembra che l’intenzione sia stata quella di passare da una strategia “di popolazione” a una basata sulla responsabilità individuale.

“Questo cambiamento, però, non è stato approvato da tutti: sembra ci sia stato detto di vivere come se Covid-19 non esistesse più”, ha commentato su The Conversation Jason Hannan, che insegna Comunicazione all’Università di Winnipeg, beninteso riferendosi alla specifica situazione degli Stati Uniti [5]. “Eliminando le protezioni di base che ci hanno permesso di sopravvivere alla pandemia negli ultimi due anni, la politica sanitaria è stata effettivamente riscritta alla luce dei desideri, delle richieste e delle illusioni di chi è no-mask, dei no-vax e dei negazionisti della Covid-19” [5].

Dottore, se il virus diventasse endemico i problemi sarebbero risolti, no?

Possiamo smettere di usare la mascherinaConviene chiarire il significato della parola “endemico”. Un’infezione endemica è un’infezione in cui i tassi complessivi non aumentano, né diminuiscono sostanzialmente. Più precisamente, significa che la proporzione di persone che possono ammalarsi bilancia il cosiddetto numero di riproduzione di base del virus, quello che abbiamo imparato a conoscere come “enne con zero”. Questo fa sì che il numero dei casi di una malattia nella popolazione sia pressoché costante. I comuni raffreddori sono endemici. Così come in molti Paesi la malaria e la poliomielite. E non sono buone notizie. “In altre parole, una malattia può essere endemica e allo stesso tempo diffusa e mortale. La malaria ha ucciso più di 600.000 persone nel 2020. Nello stesso anno, dieci milioni di persone si sono ammalate di tubercolosi e 1,5 milioni sono morte. Endemico non significa certo che l’evoluzione abbia in qualche modo domato un agente patogeno in modo che la vita torni semplicemente alla ‘normalità’” [6].

È proprio Aris Katzourakis, autore dell’articolo prima citato e ricercatore dell’Università di Oxford, a offrirci indicazioni di comportamento: dovremmo mettere da parte un ottimismo irragionevole, considerare che la circolazione del virus può costantemente generare nuove varianti, investire nello sviluppo di nuovi farmaci antivirali e vaccini ma soprattutto prevenire il contagio con un prudente distanziamento, con la ventilazione e anche indossando in modo corretto mascherine efficienti. In definitiva, “l’uso diffuso della mascherina dovrebbe rimanere parte dell’armamentario che può aiutare a proteggere la salute, riducendo il peso sociale ed economico di Covid-19, soprattutto se emergessero nuove varianti che comportano un rischio di malattia più elevato e mettono a dura prova i servizi sanitari” [7].

Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
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