di Laura Martoni
Psicologa clinica e dell’età evolutiva
Fondazione Irene ETS
Ci sono alcuni falsi miti che ruotano intorno ai DSA, cioè i così definiti disturbi specifici dell’apprendimento.
La paura che nostro figlio con disturbo specifico dell’apprendimento possa “non farcela” a scuola rischia effettivamente di alimentare le difficoltà del ragazzo e di tutta la famiglia. Può innescarsi infatti il cosiddetto “effetto Pigmalione”, fenomeno che si manifesta in presenza di aspettative che, pur non trovando riscontro nella realtà, attivano esattamente le risposte pronosticate inizialmente.
L’effetto Pigmalione
L’effetto Pigmalione deriva dagli studi classici sulla profezia che si autoavvera, il cui assunto di base può essere così sintetizzato: se genitori o insegnanti o altre figure di riferimento crederanno che il bambino abbia delle difficoltà lo tratteranno, anche a livello inconscio, come un bambino che ha effettivamente delle difficoltà. Questo genererà conseguenze psicologiche sull’allievo, il quale interiorizzerà il giudizio e si comporterà, di fatto, come un bambino con difficoltà, andando a confermare l’iniziale pregiudizio.
È pertanto importante capire cosa sono i disturbi specifici dell’apprendimento per non rischiare, a fronte di una diagnosi, di alimentare paure e falsi miti che rischierebbero di generare esse stesse delle difficoltà nel bambino.
Cosa sono i DSA?
I disturbi specifici dell’apprendimento sono disturbi del neurosviluppo che si manifestano con l’inizio della scolarizzazione e riguardano la capacità di leggere, scrivere e compiere calcoli. Nello specifico, parliamo di dislessia (che riguarda le difficoltà di lettura), disgrafia e disortografia (che riguardano le difficoltà di scrittura) e discalculia (difficoltà di calcolo).
Questi disturbi sono specifici, cioè circoscritti ad una serie di automatismi che non si sviluppano in modo adeguato durante il percorso scolastico.
Non c’è un danno organico, ma una diversa modalità di funzionamento delle reti neuronali che non permettono la realizzazione della specifica abilità. Secondo le ricerche, nel cervello di persone con dislessia le reti neurali sarebbero disposte in modo atipico. Dalla risonanza magnetica è possibile osservare variazioni minime tra i solchi dell’emisfero sinistro e quelli dell’emisfero destro e ciò fa sì che le connessioni neuronali siano un po’ meno organizzate. Ad esempio, le connessioni tra l’area visiva delle parole e quella fonologica del suono possono essere più lente, motivo per il quale un bambino con dislessia avrà più difficoltà a imparare i nomi dei colori.
Dai DSA quindi non si “guarisce”, perché si riferiscono a caratteristiche del neurosviluppo e non a una patologia. Nella maggior parte dei casi, però, si possono ridurre con adeguati interventi educativi.
Dottore ci sono alcuni consigli pratici che posso seguire?
È possibile utilizzare alcuni semplici consigli per migliorare l’andamento scolastico e per evitare di sovraccaricare i ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento. Dal punto di vista psicologico, vedere nostro figlio in difficoltà ci pone sin da subito nella condizione di volerlo agevolare quanto possibile, con l’obiettivo di compensare le sue criticità. Questo non sempre è opportuno. Infatti, il bambino o ragazzo che riceve diagnosi di DSA si trova spesso a fare i conti con una sofferenza psicologica legata ai vissuti delle sue carenze che possono notevolmente impattare sull’autostima e sull’autoefficacia.
Le conseguenze, facilmente prevedibili, possono riguardare sentimenti di inferiorità, mancanza di autostima e, soprattutto, se costantemente agevolato dalle figure di riferimento, difficoltà nel problem solving – cioè la capacità di mettere in atto strategie per risolvere una situazione problematica.
È quindi molto importante dare la possibilità ai ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento di sperimentare l’insuccesso, ma anche e soprattutto la possibilità di riuscita autonoma. È importante non focalizzarsi sulla quantità di errori – che sono normali e molto spesso ineliminabili – ma porsi in uno spazio intermedio che faccia percepire al bambino la nostra vicinanza e, al contempo, gli lasci la possibilità di sperimentarsi.
Quando un bambino o ragazzo rimane disorientato di fronte alla presentazione di un compito, quasi “imbambolato”, è possibile che ci sia un sovraccarico della memoria di lavoro, cioè un sistema di immagazzinamento temporaneo che mantiene una quantità limitata di informazioni per un periodo limitato, per consentirne l’utilizzo nell’immediato. Se questa memoria di lavoro è sovraccaricata, il ragazzo può avere difficoltà a effettuare procedure in serie, a ricopiare e a fare esercizi che richiedono l’applicazione di regole. In questi casi è fondamentale trovare la giusta strategia di apprendimento.
Dottore, le mappe concettuali sono utili a un ragazzo con DSA?
Spesso abbiamo sentito parlare di mappe concettuali per aiutare lo studente con DSA nel percorso di apprendimento. Queste sono sicuramente tra gli strumenti più utili, ma è bene avere chiaro l’obiettivo e il momento in cui “costruirle”. Se lo scopo è quello di favorire l’elaborazione delle informazioni durante lo studio, allora la mappa sarà costruita proprio nel momento in cui il ragazzo si approccia a un testo. Se, invece, l’obiettivo è quello di rielaborare e tenere a mente i concetti, la mappa andrà costruita alla fine. Tutto dipende dalla specifica difficoltà riscontrata. Le mappe, così come gli altri strumenti compensativi (ad esempio la sintesi vocale) richiedono un training. È importante che lo studente si abitui gradualmente alla loro utilizzazione, fino a diventarne padrone. Per questo motivo, in un primo momento possiamo essere noi a strutturare le mappe e, in un secondo momento, possiamo sostenere il bambino o ragazzo nella loro creazione.
Un altro consiglio molto utile per gli studenti con DSA è sfruttare l’apprendimento multisensoriale. Durante la descrizione di un compito è possibile utilizzare simultaneamente il canale visivo, uditivo e tattile. Questo permette allo studente di rendere i concetti da apprendere molto meno astratti e più “applicabili”. Ad esempio, l’insegnante può mostrare all’alunno come collegare il suono al simbolo scritto, affinché egli possa apprendere le modalità motorie necessarie per rappresentare graficamente i simboli.
Dottore cosa posso richiedere alla scuola?
Un modo per migliorare la qualità del lavoro e consentire all’alunno di raggiungere gli obiettivi di apprendimento è il Piano didattico personalizzato (PDP). Il PDP è un documento che viene redatto ogni anno dalla scuola, e contiene tutte le informazioni utili per garantire un percorso scolastico adeguato. Questo documento viene elaborato nel momento in cui la scuola riceve la diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento.
La normativa evidenzia la necessità che la scuola promuova interventi educativi attraverso un progetto formativo personalizzato, come espresso dal Decreto Ministeriale n°5669 del 2011, che all’articolo 5 dichiara: “La scuola garantisce ed esplicita, nei confronti di alunni e studenti con DSA, interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato, con l’indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate”. Il PDP viene, quindi, redatto dal consiglio di classe, il quale si riunisce per discutere sugli interventi da realizzare per l’alunno con DSA, tenuto conto del parere della famiglia e dei professionisti esterni.
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