Il 3 dicembre è la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Una giornata indetta dalle Nazioni Unite nel 1992 per aumentare la consapevolezza verso la comprensione dei problemi a essa legati e l’impegno a garantire la dignità, i diritti e il benessere delle persone con disabilità.
Ricordiamo sempre che la disabilità non è una malattia e tanto meno un problema da scaricare sul singolo individuo o sui suoi familiari. La disabilità, infatti, fa parte della condizione umana e secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) quasi tutti noi vedremo temporaneamente o permanentemente compromesse le nostre funzionalità a un certo punto della vita. Oggi soffrono di una forma di disabilità oltre 1 miliardo di persone, circa il 15% della popolazione mondiale, e questo numero è in crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento della prevalenza di malattie non trasmissibili [1]. Le condizioni di disabilità diventano gravi soprattutto se il mondo circostante non tiene conto delle diversità e trasforma la differenza in fattore di esclusione. A creare le barriere sono soprattutto, purtroppo, i limiti della nostra organizzazione sociale ma ancor prima l’impreparazione culturale e l’incapacità di accettare e accogliere la diversità.
Malattia e disabilità sono mondi che si toccano, talvolta si sovrappongono, ma più spesso il secondo sostituisce il primo. Accade per le tante malattie per le quali non disponiamo di una cura. Sono mondi così vicini che è comprensibile come talvolta si cada nell’errore di utilizzare il termine sbagliato. “La disabilità è una parola più inclusiva” ha scritto Ben Mattlin sul quotidiano statunitense Washington Post. Affetto di atrofia spinale, nel suo articolo così prosegue: “Una disabilità può derivare da una malattia, da un infortunio, un incidente, una predisposizione genetica e molto altro. Ma se ‘la mia malattia’ si riferisce a una condizione specifica all’interno del mio corpo, ‘la mia disabilità’ mi collega a tante altre persone, con le quali condivido una causa comune”. La parola disabilità identifica il gruppo a cui appartengo e con cui condivido le caratteristiche, ha detto un attivista sui social. “La malattia ha causato la disabilità, ma non è più attiva nella mia vita. La disabilità lo è” [2].
Dottore, cosa si intende per disabilità?
Nel 2001 l’OMS ha pubblicato la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della disabilità e della salute (ICF), uno “strumento condiviso internazionalmente, da utilizzare per descrivere il funzionamento umano legato a condizioni di salute” [3]. Tramite questa classificazione la disabilità può essere definita come la condizione personale di chi, in seguito a una o più menomazioni, ha una ridotta capacità d’interazione con l’ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata la norma. La persona con disabilità è quindi meno autonoma nello svolgere le attività quotidiane e si trova spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale. Dunque, non si tratta di una malattia, ma del risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori legati all’ambiente in cui vive.
Ne consegue che il bisogno della persona con disabilità è soprattutto quello di trovare un contesto ambientale idoneo a “ridimensionare” la sua disabilità, perché è il contesto che può fare la differenza tra il sentirsi o non sentirsi disabile, tra il permettere o meno la sua partecipazione alle attività che desidererebbe svolgere. Insomma, è necessario un contesto ambientale accessibile.
Dottore, in che modo l’ambiente influisce sulla disabilità?
L’ambiente in cui vive una persona ha un enorme effetto sull’esperienza e sull’entità della disabilità [4]. Gli ambienti inaccessibili, infatti, creano barriere che spesso ostacolano la piena ed effettiva partecipazione alle attività sociali delle persone con disabilità. Pensiamo a come si sentirebbe esclusa durante un evento o un incontro pubblico una persona sorda che non sia supportata da un interprete della lingua dei segni, o alle difficoltà sofferte da una persona in sedia a rotelle nel provare a entrare in un edificio senza ascensore o a utilizzare un bagno non adeguato.
In quest’ottica l’ambiente può e deve essere cambiato per migliorare le condizioni di salute delle persone con disabilità. Questi cambiamenti possono essere determinati dalle leggi, dai cambiamenti politici, dagli sviluppi tecnologici che portano, ad esempio, a:
- La progettazione di spazi e trasporti accessibili a tutti;
- La progettazione di una segnaletica a beneficio di persone con disabilità sensoriale;
- La progettazione di servizi sanitari, riabilitativi, educativi e di supporto maggiormente accessibili;
- Maggiori opportunità di lavoro per le persone con disabilità.
Come sono tutelati i diritti delle persone con disabilità?
Un passo in avanti in questo senso è stato fatto nel 2006, con l’approvazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità [5]. Attraverso i suoi 50 articoli, la Convenzione indica la strada che gli Stati del mondo devono percorrere per garantire i diritti di uguaglianza e di inclusione sociale di tutti i cittadini con disabilità. La Convenzione afferma che le persone vanno messe nella condizione di vivere, scegliere, partecipare, rimuovendo gli ostacoli che impediscono loro di farlo e promuovendo soluzioni che ne consentano la partecipazione al pari degli altri cittadini.
Principi che sono affermati anche nella Costituzione Italiana. L’articolo 3, infatti, sancisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge […] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” [6].
Dottore, come ha impattato la pandemia di Covid-19 sulla vita delle persone con disabilità?
“Nel mezzo della pandemia, coloro che convivono con una disabilità o con una malattia cronica sono ora in doppio svantaggio. Le consegne a domicilio delle merci sono molto più difficili da organizzare, anche quando i negozi hanno in magazzino ciò di cui le persone hanno bisogno. E lasciare la casa per ogni visita a un medico per curare una condizione inizia a sembrare come giocare alla roulette russa”. Un articolo uscito nella sezione dedicata alla salute del popolare media CNN ha dato una panoramica preoccupante sull’aggravarsi della condizione delle tantissime persone con disabilità durante la pandemia. Dai problemi che toccano direttamente la salute al disagio sofferto dalle persone non udenti che non possono leggere il labiale dei propri interlocutori a causa delle mascherine [7].
Proprio su questa questione il 22 novembre è uscito sul Jama Network Open uno studio in cui si rileva che l’utilizzo delle mascherine trasparenti ha il potenziale di migliorare la comunicazione tra medico e paziente, soprattutto in caso di persone con deficit di udito [8].
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