A molti di voi sarà capitato di vedere sui social media i selfie degli operatori sanitari durante la somministrazione del vaccino per Covid-19. Nonostante una parte dell’opinione pubblica abbia elogiato la scelta di scattarsi un selfie come messaggio di speranza e di sicurezza, non sono mancate le critiche. E molti, ironicamente, hanno chiesto: il vaccino per Covid-19 è più efficace se ci si fa un selfie? Ma andiamo, come sempre, per ordine.
In Italia la campagna di vaccinazione contro Covid-19 sta proseguendo e a oggi, 11 febbraio 2021, le dosi somministrate sono 2.770.302, per un totale di più di un milione di persone vaccinate (a cui sono state somministrate la prima e la seconda dose di vaccino) [1]. Oltre ai vaccini messi a punto da Pfizer-BioNtech e da Moderna, recentemente sono arrivate le prime dosi del vaccino AstraZeneca che verranno somministrate agli insegnanti e alle forze dell’ordine (Qui vi spieghiamo le differenze tra i vaccini). Fino ad oggi le persone vaccinate sono soprattutto operatori sanitari e socio-sanitari, categorie particolarmente a rischio di contrarre l’infezione.
Dottore, scattarsi un selfie durante la vaccinazione è una buona idea?
Come esseri umani, siamo programmati per rispondere alle immagini visive, che catturano la nostra attenzione e restano nella nostra memoria in modo molto più vivido del solo testo. Le migliaia di fotografie degli operatori sanitari che sorridono alla fotocamera dopo aver fatto il vaccino per Covid-19 offrono una controparte emotiva alle statistiche e ai numeri preoccupanti della pandemia. Viste nel loro insieme queste immagini potrebbero colpire il pubblico incentivando l’adesione alla vaccinazione, in un modo che le discussioni basate sui dati di efficacia e sui tassi di infezione non possono garantire. “Il selfie del vaccino può sembrare un impegno relativamente modesto nello sforzo di salute pubblica contro Covid-19, ma tutte insieme le persone che pubblicano queste prime immagini condividono un messaggio formidabile: crediamo fortemente a quello che stiamo facendo, non ci stiamo solo offrendo volontari per andare per primi, ma siamo entusiasti di avere questa possibilità”, scrive Brit Trogen, pediatra al Bellevue Hospital di New York [2].
Non a caso la fotografia delle vaccinazioni ha una lunga storia negli sforzi di promozione della salute pubblica. Nel 1953 Jonas Salk, medico britannico che inventò il primo vaccino contro la poliomielite, venne fotografato mentre somministrava la dose ancora sperimentale alla sua famiglia. Qualche anno dopo, nel 1967, venne fotografata durante l’inoculazione la figlia di Maurice Hilleman, scienziato che sviluppò il primo vaccino contro la parotite. Le fotografie, infatti, possono essere strumenti persuasivi per superare lo scetticismo nei confronti dei vaccini. Famosa è un’immagine del 1901 che raffigura due ragazzi di 13 anni, uno vaccinato e uno no, poco dopo essere stati accidentalmente esposti al virus del vaiolo. Nella fotografia un bambino è sano, mentre l’altro ha il viso segnato dal vaiolo. “L’immagine mostra le conseguenze dell’essere vaccinati contro il non essere vaccinati”, afferma Kathleen Bachynski, professore di sanità pubblica al Muhlenberg College in Pennsylvania. “Il vaiolo esiste ora solo nelle fotografie: è l’unica malattia a essere stata completamente debellata dai vaccini. Questo trionfo per la salute pubblica evidenzia anche la sfida di trasmettere con delle fotografie i meriti dell’immunizzazione” [2].
Dottore, intende dire che le parole non sono importanti?
Al contrario: anche le parole che accompagnano le immagini sono molto importanti e questo vale ancora di più quando si pubblica una fotografia su un tema controverso come quello delle vaccinazioni. Innanzitutto, per un operatore sanitario è fondamentale entrare in contatto con tutti i cittadini, compresi quelli molto scettici nei confronti di un vaccino. Affinché una campagna di vaccinazione sia efficace, infatti, è necessario essere aperti ad avere conversazioni con persone che non sono d’accordo con la nostra prospettiva.
“Mentre condividiamo le nostre immagini e le nostre esperienze sui vaccini, proviamo ad ammettere ciò che sappiamo e, cosa più importante, ciò che non sappiamo”, afferma Alicia Billington, chirurgo alla East Tennessee State University [3]. “Il mio post l’ho iniziato scrivendo che ero nervosa e spaventata perché effettivamente lo ero. Ma ho proseguito dicendo che ero molto, molto informata. Poi ho spiegato quale ragionamento mi ha suggerito di fare il vaccino, l’analisi del rapporto rischio-beneficio, che mi ha portato a concludere che vaccinarmi era la soluzione migliore. E ho concluso invitando coloro che avevano domande a contattarmi per condividere le informazioni e aiutarli a prendere la loro decisione”.
Dottore, se a scattarsi selfie sono personaggi pubblici è ancora più efficace?
Certo, anche personaggi pubblici affidabili potrebbero contribuire a promuovere la fiducia nel vaccino condividendo i propri selfie. Il neopresidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ricevuto le sue due dosi in diretta televisiva e diverse celebrità – come Ian McKellen, il Gandalf del Signore degli anelli – hanno iniziato a postare le loro foto.
Qui, se siete curiosi, potete trovare alcune delle “star” vaccinate.
Allora perché ci sono state diverse polemiche?
Secondo molte persone farsi un selfie potrebbe essere un’arma a doppio taglio perché dipingerebbe gli operatori sanitari come una casta privilegiata. “Coloro che non hanno accesso al vaccino possono sentirsi esclusi, timorosi e colpevoli per non avere lo stesso privilegio. Ciò aumenta l’ansia di continuare a lavorare, proteggere le loro famiglie e la loro comunità in generale. […] Le nostre immagini private svolgono un ruolo nel sostenere l’adozione del vaccino, ma se consideriamo i problemi attuali non dovrebbero essere utilizzate adesso” [4].
Dello stesso avviso è anche Wendy Sue Swanson, pediatra, che su Twitter ha affermato che “I tweet e le immagini (dei vaccini) possono creare una separazione tra il pubblico e gli operatori sanitari. Forse anche aumentare la sfiducia. In molti selfie di questi giorni non vedo l’uguaglianza” [5].
Ciò che molti contestano, insomma, è che i selfie scattati durante la vaccinazione contribuiranno a mostrare la comunità sanitaria come se fosse contrapposta agli altri cittadini. Anche il governo greco ha affermato che gli alti funzionari statali non avranno più la priorità per la vaccinazione contro Covid-19, dopo che i post sui social media dei ministri del governo che hanno ricevuto il vaccino hanno innescato una reazione da parte dei sindacati e dei partiti di opposizione [5].
Commenta Vinay Prasad, oncologo, che “pubblicare un selfie durante la vaccinazione è passato dall’essere un modo semplice per persuadere gli esitanti a una discussione a tutto campo su chi ha accesso per primo… Scommetto che vedremo meno selfie in futuro” [7].
Quindi, selfie sì o selfie no?
Da quando è iniziata la corsa per sviluppare un vaccino contro Covid-19 agli annunci ottimistici sono seguiti sondaggi preoccupanti: molte persone hanno affermato che si sarebbero rifiutate di ricevere l’iniezione. Ma nelle ultime settimane nuovi sondaggi statunitensi mostrano che gli atteggiamenti stanno cambiando. La quota di persone che dice si sottoporrà al vaccino è passata da circa il 50% a oltre il 60% (in un sondaggio è arrivata addirittura al 73%) [8].
“I sondaggi mostrano che lo scetticismo pervasivo si sta sciogliendo”, si legge sul New York Times. “Questo è dovuto in parte agli alti tassi di efficacia delle prove ma anche dalle fotografie di persone comuni mentre ottengono la vaccinazione. […] Una buona copertura mediatica, inclusa la grande attenzione riservata alle immagini di importanti scienziati e politici quando vengono vaccinati e ai gruppi di persone soddisfatte che circondano gli operatori sanitari, i primi a essere vaccinati, ha amplificato l’entusiasmo” [8].
Anche per questo alcuni enti governativi, come l’Health Department US, hanno indicato una lista di hashtag con cui condividere gli scatti. Per promuovere l’importanza della vaccinazione contro Covid-19 nella comunità i Centers for Disease Control and Prevention – il più importante organismo di promozione della salute e controllo sulla sanità pubblica statunitense – danno sul loro sito alcuni suggerimenti. Tra questi, quello di condividere le immagini sui social media, magari scrivendo “Mi sono vaccinato per fare la mia parte nel fermare #COVID19. Scopri come e dove vaccinarti anche tu” (“I got the shot to do my part in stopping #COVID19. Learn how and where you can get your COVID-19 vaccine, too”) [9].
Dottore, i nuovi strumenti digitali possono essere utili nella promozione della salute?
Certo. Lo dimostra anche il fatto che tra le proposte del Ministero della Salute sull’investimento dei soldi del Recovery Fund in sanità c’è anche “la prevenzione e promozione della salute con strumenti digital”. La proposta del Ministero della Salute intende adeguare e rafforzare il sistema di prevenzione e sanità pubblica, migliorando la dotazione tecnologica per condividere i dati a diversi livelli, avere a disposizione un sistema informatizzato di gestione integrato che si interfacci con altri sistemi informativi per mettere in rete dati di sorveglianza, di laboratorio e clinici e per attivare una rapida comunicazione tra contesti diversi e figure professionali diverse [10].
“Da anni si studiano e testano utilizzi dei nuovi media per la promozione della salute, educazione sessuale, corretti stili di vita, vaccini e molto altro. Tutto si presta a essere raccontato in maniera nuova e accattivante per far presa, in particolar modo sulle nuove generazione, spesso con risultati entusiasmanti! La selfiedemia è solo l’ultimo e più globale esempio di queste esperienze e personalmente, alla luce anche di alcuni dati, direi che l’esperimento è riuscito”, conclude Alessandro Conte, medico e coordinatore di Dottore ma è vero che.
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