I vaccini per Covid-19 stanno arrivando?

2 Dicembre 2020 di Luca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

A oggi (1 dicembre 2020) non sono ancora disponibili vaccini per Covid-19 ma molti studi sono in corso, alcuni in fase avanzata. Per il vaccino sviluppato dalla società Moderna è stata depositata negli Stati Uniti la domanda per la “autorizzazione d’emergenza” [1]. Come spiega l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), “Se un vaccino si è dimostrato sicuro ed efficace, deve essere approvato dalle autorità regolatorie nazionali, deve essere prodotto secondo standard rigorosi e distribuito. L’OMS sta lavorando con diversi partner in tutto il mondo per aiutare a coordinare le fasi chiave di questo processo. Una volta che un vaccino sicuro ed efficace sarà disponibile, l’OMS lavorerà per facilitare un accesso equo per i miliardi di persone che ne avranno bisogno” [2].

In Italia, l’autorità regolatoria preposta alla valutazione dei vaccini e alla loro approvazione è l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che contribuisce al tavolo di discussione della European Medicines Agency (EMA). Anche per questo, AIFA ha naturalmente fatto propria e ha rilanciato sul proprio sito una nota dell’agenzia regolatoria europea dei medicinali che ribadisce l’importanza di una valutazione accurata e scrupolosa del rapporto tra benefici e rischi dei vaccini: “i benefici e i rischi dei vaccini per Covid-19 devono essere adeguatamente valutati sulla base di informazioni dettagliate su produzione, dati non clinici e sperimentazioni cliniche ben designate. Data la natura globale della pandemia e la necessità di garantire che gli sviluppatori di vaccini generino prove solide che soddisfino i requisiti regolatori a livello globale, l’EMA e le agenzie regolatorie internazionali (ICMRA) hanno concordato i principi chiave per il disegno degli studi per Covid-19. Sono state adottate procedure che consentono la revisione ciclica dei dati sulla qualità come pure dei dati non clinici e clinici presentati alle autorità regolatorie dell’UE. L’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) nell’UE può essere concessa ove sia dimostrato che i benefici del vaccino superano i rischi noti o potenziali” [3].

Il quotidiano statunitense New York Times mantiene aggiornato un servizio che permette di tracciare lo stato di avanzamento dei vaccini per Covid-19 attualmente studiati [4]. A oggi sono 66, di cui 6 approvati ma solo per un uso limitato o precoce e 13 in corso di studio nella cosiddetta fase 3 durante la quale il vaccino è già somministrato a migliaia di volontari, in modo controllato (prevedendo dunque un gruppo di confronto al quale è somministrata una sostanza inerte o placebo) e randomizzato (quindi assegnando il vaccino in modo casuale alle persone “arruolate” nell’uno o nell’altro gruppo).

Tra i vaccini per Covid-19 ne esiste uno sviluppato dalla università di Oxford, in Inghilterra, giusto?

Sì, si tratta di un vaccino frutto della ricerca congiunta dell’università di Oxford e della casa farmaceutica AstraZeneca. Il vaccino è in corso di valutazione in diversi paesi del mondo, dal Regno Unito al Brasile, Sud Africa e Stati Uniti. “I risultati provvisori di fase III, basati su 131 casi – spiega un articolo della rivista BMJ (British Medical Journal: la rivista ufficiale dell’associazione che raccoglie i medici britannici) [5] sono stati resi disponibili tramite un comunicato stampa (il 23 novembre) e suggeriscono che il vaccino potrebbe essere efficace fino al 90% quando viene somministrata mezza dose, seguita da una dose completa un mese dopo. Quando due dosi complete vengono somministrate a un mese di distanza, tuttavia, l’efficacia scende al 62%”. Com’è possibile che una dose ridotta possa proteggere di più? È una domanda che si pongono in molti ma le dinamiche delle risposte immunitarie non seguono logiche lineari, per così dire. La cosa più strana, però, è che la scoperta della diversa risposta è frutto di quello che il New York Times ha definito “un errore fortunato” [6].

Il governo del Regno Unito ha già stipulato con AstraZeneca un accordo per 100 milioni di dosi di vaccino, che potrebbero essere utilizzate per vaccinare 66 milioni di persone (sono infatti necessarie due dosi a distanza di giorni). Va ricordato che l’università di Oxford ha chiarito il desiderio che il vaccino che hanno contribuito a sviluppare sia accessibile in tutto il mondo e non solo nei paesi ad alto reddito. “Pertanto – spiega il BMJ – la produzione su larga scala è stata avviata in oltre dieci nazioni e ci si aspetta che il vaccino sia disponibile a un prezzo basso, circa 3 euro e 50 per dose [7].

La distribuzione in situazioni disagiate è resa meno complessa dal fatto che il vaccino può essere conservato a temperatura di frigorifero (2-8 ° C)” [5]. L’attenzione per la distribuzione anche in contesti poveri rientra nello sforzo congiunto di oltre 150 paesi che hanno aderito al progetto Covax, di cui l’OMS è tra i promotori, e che ha come obiettivo quello di proteggere i sistemi sanitari più vulnerabili cercando di contribuire – se non a ridurre le disuguaglianze – a non inasprirle. L’obiettivo è di distribuire entro la fine del 2021 almeno 2 miliardi di dosi di vaccino a nazioni a basso reddito [8].

A che punto è, invece, il vaccino Pfizer?

Sviluppato da Pfizer e BioNTech è il primo vaccino presentato alla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per l’autorizzazione all’uso di emergenza [9]. Come leggiamo sul comunicato stampa di Pfizer, la richiesta è stata presentata il 20 novembre, dopo la conclusione di uno studio di fase 3. I risultati, per ora rilasciati soltanto dal comunicato stampa, sono riferiti a 170 casi confermati di covid-19 e sembrano dimostrare che l’efficacia del vaccino era del 95% a distanza di 28 giorni dopo la somministrazione della prima dose. Nove su 10 casi gravi di covid-19 registrati nello studio si sono verificati tra i partecipanti inclusi nel gruppo al quale è stato somministrato un placebo.

L’azienda farmaceutica statunitense ha affermato che il vaccino potrebbe essere disponibile per le popolazioni ad alto rischio negli Stati Uniti entro la fine di dicembre 2020. Il vaccino, però, non sarà distribuito solo negli Stati Uniti: il governo del Regno Unito ha concordato un acquisto di 40 milioni di dosi (sufficienti per 20 milioni di persone) e prevede di ricevere 10 milioni di dosi già entro la fine del 2020. Nel frattempo, l’Unione Europea si è assicurata un accordo per 200 milioni di dosi, con 100 milioni di dosi extra opzionali. A livello globale, sono previste 50 milioni di dosi nel 2020 e fino a 1,3 miliardi di dosi entro la fine del 2021. Secondo il BMJ, “si stima che il vaccino costi circa 15 sterline per dose, un costo molto più alto del vaccino Oxford-AstraZeneca. Sono state sollevate preoccupazioni anche sulla logistica, poiché il vaccino deve essere conservato a -70° C” [5].

Ci sono altri vaccini per Covid-19, però, in dirittura di arrivo?

Come abbiamo detto, ce ne sono diversi, tra i quali quello sviluppato dalla società biotech statunitense Moderna in collaborazione con il National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti, che ha già depositato (il 30 novembre) domanda per approvazione di emergenza. I risultati provvisori dello studio di fase 3 dimostrano un’efficacia del 94,5% [10]. L’analisi era basata su 95 casi di Covid-19 casi, di cui 90 (11 gravi) sono stati osservati nel gruppo placebo e cinque sono stati segnalati nel gruppo che aveva invece ricevuto il vaccino. Lo studio ha arruolato più di 30.000 partecipanti statunitensi, di cui 7000 di età superiore a 65 anni e 5000 di età inferiore a 65 anni con malattie croniche ad alto rischio. Dei 95 casi di partecipanti contagiati, 15 erano adulti di età superiore ai 65 anni. Moderna intende presentare presto i dati provvisori di sicurezza ed efficacia alla FDA per l’autorizzazione all’uso di emergenza, dopo un’analisi finale di 151 casi e un follow-up mediano di oltre due mesi. Come riporta il BMJ [5], gli Stati Uniti hanno concordato un acquisto di 100 milioni di dosi, mentre il governo britannico si è assicurato cinque milioni di dosi. Il vaccino di Moderna può essere conservato in un frigorifero domestico per 30 giorni, a temperatura ambiente per un massimo di 12 ore e a una temperatura di meno 20° C per un massimo di sei mesi. Tuttavia, rispetto ai vaccini per Covid-19 sviluppati da Oxford-AstraZeneca e Pfizer, il candidato di Moderna è molto più costoso: circa 27,50 euro per dose.

Quante dosi di vaccino ha acquistato la Repubblica Italiana?

L’Italia ha acquistato oltre 40 milioni di dosi del vaccino sviluppato da Oxford University e AstraZeneca, oltre 26 milioni di quello prodotto da Pfizer e 10 milioni di dosi di quello Moderna. Solo per restare ai vaccini di cui abbiamo prima parlato. Tra i vaccini in arrivo, arriveranno in Italia 53 milioni di dosi del vaccino Johnson & Johnson, 40 di quello Sanofi e 30 di quello sviluppato da CureVac.

Un vaccino viene dichiarato “efficace” quando protegge la persona che lo riceve dalla malattia?

Non esattamente, ma procediamo per gradi. L’obiettivo principale di un vaccino dovrebbe essere quello di impedire alle persone di contrarre la malattia, ammalarsi gravemente e morire. A questo riguardo, un sito molto popolare negli Stati Uniti ha ripreso una dichiarazione di Peter Hotez, un docente di particolare esperienza della National School of Tropical Medicine del Baylor College of Medicine di Houston: “Idealmente, si vuole che un vaccino antivirale faccia due cose: in primo luogo, ridurre la probabilità di ammalarsi gravemente e andare in ospedale e, seconda cosa, prevenire l’infezione e quindi interrompere la trasmissione della malattia “.

Gli studi di fase 3 attualmente in corso non sono stati disegnati per dimostrare che i vaccini valutati siano efficaci per prevenire esplicitamente gli esiti gravi della covid-19, come ricoveri ospedalieri, ricovero in terapia intensiva o decesso. Inoltre, “l’efficacia” del vaccino non coinciderà con la sua capacità di interrompere la trasmissione della malattia [12].

Dottore, perché non si disegnano studi che possano verificare se il vaccino protegge dalla Covid-19 nella sua forma più grave?

Ogni studio clinico, in particolare la fase 3, è sempre un atto di equilibrio tra esigenze diverse. Desiderando avere una risposta su un esito – come il ricovero in terapia intensiva – che si verifica con una frequenza di un decimo o un quinto della frequenza dell’esito primario – come un’alterazione febbrile o la tosse – sarebbe necessario uno studio 5 o 10 volte più ampio o 5 o 10 volte più lungo (di maggiore durata) per raccogliere quegli eventi. Condizioni improponibili in un momento come questo, in cui è necessario sapere rapidamente se un vaccino funziona.

stanno arrivano vaccini per Covid-19

Autore Luca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Luca De Fiore è stato presidente della Associazione Alessandro Liberati – Network italiano Cochrane, rete internazionale di ricercatori che lavora alla produzione di revisioni sistematiche e di sintesi della letteratura scientifica, utili per prendere decisioni cliniche e di politica sanitaria (www.associali.it). È direttore del Pensiero Scientifico Editore. Dirige la rivista mensile Recenti progressi in medicina, indicizzata su Medline, Scopus, Embase, e svolge attività di revisore per il BMJ sui temi di suo maggiore interesse: conflitti di interesse, frode e cattiva condotta nel campo della comunicazione scientifica. Non ha incarichi di consulenza né di collaborazione – né retribuita né a titolo volontario – con industrie farmaceutiche o alimentari, di dispositivi medici, produttrici di vaccini, compagnie assicurative o istituti bancari.
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