La risposta a questa domanda è sì. I genitori trasmettono ai propri figli non solo materiale genetico, ma anche i comportamenti legati allo stile di vita, come dipendenza da fumo e da alcol, cattiva alimentazione, sedentarietà.
Esiste una scienza che si chiama epigenetica, che spiega come i fattori ambientali abbiano una profonda influenza sul comportamento dei geni. In sostanza un bambino nato in una famiglia che conduce una vita poco sana rischia di condurla a sua volta. Ma possono esserci differenze anche a seconda di dove nasce, dell’età in cui i comportamenti vengono visti e percepiti, di quale sia il genitore che li compie: si tende spesso, infatti, a identificarsi con il genitore dello stesso sesso.
Dottore, esistono ricerche su questo?
Negli anni sono stati condotti diversi studi sull’argomento. I risultati sono simili: i figli di fumatori hanno più probabilità di iniziare a fumare. Lo ha confermato anche una campagna lanciata recentemente dal governo britannico, che ha l’obiettivo di incentivare tutti i genitori a smettere di fumare [1]. “Ci sono tanti buoni motivi per smettere di fumare per sé stessi, ma ci auguriamo che questa nuova campagna – evidenziando il legame intergenerazionale tra il fumo e i genitori che influenzano i propri figli – sia un motivo in più per abbandonare le sigarette”, ha dichiarato la ministra della salute Maggie Throup.
La ricerca del governo inglese ha mostrato che gli adolescenti i cui genitori o tutori fumavano hanno una probabilità quattro volte maggiore di iniziare a fumare a loro volta. Inoltre hanno più del doppio delle probabilità di provare le sigarette (26% contro 11%) e quattro volte più probabilità di diventare un fumatore regolare (4,9% contro 1,2%).
“Anche se non esponiamo direttamente i bambini al fumo passivo, o crediamo di tenerglielo nascosto non fumando davanti a loro, i bambini possono percepirlo senza che tu ne sia consapevole”, spiega Bettina Hohnen, medico. “I bambini emulano i comportamenti dei loro genitori, quindi è importante comportarsi come si vuole si comportino i figli. Le azioni contano più delle parole, quindi se non fumi ridurrai significativamente le possibilità che inizino a fumare in futuro”.
Dottore, vale anche per l’alcol?
Come abbiamo visto in apertura della scheda, i comportamenti che vengono emulati riguardano lo stile di vita. Dunque, anche l’abitudine a consumare alcolici. Se i genitori sono consumatori abituali di birra, vino e superalcolici, i figli hanno più probabilità di entrare a contatto con l’alcol a partire dall’età infantile e, con il passare degli anni, sono più esposti a bere alcolici.
Lo ha confermato anche una recente revisione sistematica – che ha incluso 29 pubblicazioni riguardanti 16.500 bambini e oltre 15mila adulti – secondo cui i figli di genitori più avvezzi al consumo di bevande alcoliche hanno maggiori probabilità di assumerle a loro volta. Anche un atteggiamento più permissivo da parte dei genitori è risultato correlato all’attitudine a consumare alcolici da parte dei giovani [2].
Dunque, meglio evitare di portare in tavola abitualmente bevande alcoliche. Anche perché già a due anni i bambini sono in grado di riconoscerle e dai quattro anni iniziano a capire che sono una prerogativa degli adulti. “Se si diffonde l’abitudine ad avvicinare gradatamente i più piccoli al consumo di alcolici, in loro può maturare l’idea che i loro genitori siano più indulgenti”, spiega Stephen Sutton, docente di psicologia del comportamento all’Università di Cambridge [3].
Può sembrare solo un goccio di spumante a Capodanno, ma una volta divenuti adolescenti i ragazzi possono risultare più propensi a mettere a repentaglio la loro salute.
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