Dopo un infarto, i betabloccanti sono pericolosi per le donne?

26 Settembre 2025 di Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

I beta-bloccanti sono farmaci molto utilizzati dopo un infarto: rallentano il battito cardiaco, abbassano la pressione e riducono il rischio di aritmie. Da più di trent’anni ormai sono considerati essenziali per la protezione del cuore. Tuttavia, l’arrivo di nuove cure disponibili e alcuni studi recenti stanno mettendo in discussione la loro utilità in tutti i casi.

Emerge, in particolare, un dubbio: per le donne, assumere beta-bloccanti dopo un infarto può essere addirittura pericoloso?

Dottore, cosa dicono le ultime evidenze sulle donne che prendono beta-bloccanti dopo un infarto?

Lo studio REBOOT, i cui risultati sono stati presentati di recente, ha coinvolto oltre 8.500 persone che avevano avuto un infarto ma il cui cuore aveva conservato una buona capacità di pompare sangue (in termini tecnici: con una frazione di eiezione del ventricolo sinistro superiore al 40%). Lo studio ha confrontato chi prendeva beta-bloccanti con chi non li assumeva.

In generale, non è emerso un beneficio associato al trattamento. Ma nelle donne, in particolare, si è osservato un dato sorprendente: quelle che prendevano beta-bloccanti avevano un rischio più alto di morte, nuovo infarto o ricovero per scompenso cardiaco rispetto a quelle che non li assumevano. Il rischio era più evidente nelle donne con funzione cardiaca ben conservata e in trattamento con dosi elevate di beta-bloccanti [1, 2].

Questo vuol dire che i beta-bloccanti sono dannosi per tutte le donne?

No. I risultati dello studio non significano che i beta-bloccanti siano sempre pericolosi per le donne. In molti casi restano importanti, soprattutto quando il cuore è danneggiato, c’è scompenso cardiaco o la funzione cardiaca è ridotta. I rischi emersi dallo studio riguardano in particolare le donne con una buona capacità residua del cuore e che assumevano dosi elevate del farmaco. In questi casi, potrebbe esserci un bilancio sfavorevole tra benefici e rischi [1].

È importante però notare che altri studi recenti, come BETAMI e DANBLOCK (condotti separatamente in Norvegia e Danimarca e poi uniti in un singolo studio), hanno evidenziato risultati differenti: in questo caso i beta-bloccanti hanno portato dei benefici anche nei pazienti con funzione cardiaca conservata, comprese le donne [3].

Dottore, quali sono i possibili motivi di questo rischio maggiore nelle donne?

Le donne hanno spesso una risposta diversa ai farmaci rispetto agli uomini. Hanno in media più spesso altre malattie (come ipertensione o diabete), ricevono meno spesso trattamenti completi dopo l’infarto e hanno un cuore che può reagire in modo diverso ai farmaci. Tutti questi fattori possono influenzare l’effetto dei beta-bloccanti.

Inoltre, nelle analisi dello studio REBOOT, il rischio più alto nelle donne è stato osservato soprattutto con dosi elevate, suggerendo che la sensibilità al farmaco potrebbe essere maggiore [1]. La differenza nei risultati rispetto ad altri studi potrebbe anche dipendere da differenze nella popolazione osservata o nel modo in cui sono stati condotti gli studi.

Dottore, che cosa deve fare allora una donna che ha avuto un infarto?

Prima di tutto, non interrompere mai la terapia senza parlarne con il medico. Ogni caso va valutato singolarmente. Se la funzione del cuore è buona, il medico potrebbe considerare se è necessario continuare i beta-bloccanti a lungo termine o se è possibile ridurre la dose.

In ogni caso, è importante monitorare gli eventuali effetti collaterali (come affaticamento, pressione bassa, battito troppo lento) e seguire tutte le altre terapie raccomandate: antitrombotici, statine, controllo della pressione, stile di vita sano. Il cardiologo saprà consigliare la cura migliore per ogni paziente, considerando anche le differenze di genere.

Autore Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

Fabio Ambrosino ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Dal 2016 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per siti di informazione e newsletter in ambito cardiologico. È particolarmente interessato allo studio delle opportunità e delle sfide legate all’utilizzo dei social media in medicina.
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