La risposta a questa domanda è che dipende dal suo problema specifico. Esistono, infatti, diverse cardiopatie, più o meno gravi. Alcune comportano rischi troppo elevati in caso di gravidanza, altre sono compatibili con l’attesa di un bimbo, se la futura mamma è ben seguita e curata.
Dottore, la situazione è sempre stata questa?
Un tempo le persone affette da gravi difetti cardiaci congeniti raramente raggiungevano l’età adulta, e alle donne che ci riuscivano era preclusa la maternità. Oggi, grazie ai progressi della medicina, sono sempre più numerose le bambine nate con un problema di questo tipo che sopravvivono, crescono e possono aspirare a diventare madri. Ci sono poi i disturbi cardiovascolari acquisiti, associati a diabete, obesità, ipertensione. Anche questi sono diventati più frequenti a causa dell’innalzamento dell’età media delle donne in attesa. Oggi dall’1 al 4% delle gravidanze è complicato da una patologia cardiaca [1].
Tuttora, però, alcune cardiopatie sono considerate incompatibili con la gravidanza perché comportano rischi eccessivi per la vita della donna. Tra queste, l’insufficienza cardiaca avanzata, l’ipertensione polmonare e gravi disfunzioni delle valvole del cuore [2].
Una donna a cui è stata diagnosticato un disturbo cardiaco, e che desidera un figlio, deve parlarne con uno specialista di cardiologia ostetrica prima di cercare il concepimento e sottoporsi agli esami del caso per valutare il suo livello di rischio individuale. Solo in questo modo può decidere consapevolmente se mettere in atto il suo progetto.
Nella maggior parte dei casi, se il rischio non è troppo elevato, la gravidanza è possibile, a patto di programmare una serie di controlli nell’arco dei nove mesi [3] per cogliere tempestivamente eventuali segnali di peggioramento. Se necessario, lo specialista prescrive un trattamento farmacologico tenendo conto del rapporto tra rischi e benefici per la salute della futura mamma e del nascituro. Sospendere l’assunzione di questi farmaci contro il parere del medico, nel timore che siano nocivi per il piccolo, sarebbe una pessima idea: un peggioramento delle condizioni di salute della donna comporterebbe inevitabilmente conseguenze negative anche per il nascituro. Preservare la salute della mamma, invece, serve a proteggere anche la sua.
La gravidanza comporta sempre rischi maggiori in presenza di una cardiopatia?
In gravidanza il corpo della donna va incontro a profondi cambiamenti per adattarsi allo sviluppo del nascituro e l’apparato cardiovascolare è tra quelli più coinvolti nella trasformazione [4]. Fin dai primi mesi dell’attesa il lavoro del cuore si fa più impegnativo perché aumenta la cosiddetta gittata cardiaca, cioè il volume del sangue espulso da ogni ventricolo in un minuto.
L’ormone progesterone rilassa la muscolatura liscia dei vasi sanguigni, provocando un abbassamento della pressione, che tende però a risalire nel terzo trimestre, per alzarsi ancora di più durante il travaglio e il parto, insieme alla frequenza cardiaca.
La pressione dell’utero sulla vena cava ostacola il ritorno venoso al cuore e può provocare gonfiore alle estremità. Il volume complessivo del sangue aumenta, ma quello dei corpuscoli aumenta meno della parte liquida. I globuli rossi risultano quindi più diluiti, il che provoca una forma parafisiologica di anemia. Inoltre, il sangue tende a coagulare più facilmente e aumenta il rischio di formazione di trombi.
Tutti questi cambiamenti sono una fonte di stress per l’apparato cardiovascolare, ben tollerato se l’organismo è sano, ma potenzialmente pericoloso in presenza di patologie. Dopo il parto, i diversi organi e sistemi tornano alle condizioni precedenti la gravidanza in un arco di tempo che va da poche settimane a un anno e, di nuovo, il cambiamento è stressante per l’apparato cardiovascolare. È importante, quindi, che anche la neomamma con fattori di rischio specifici venga tenuta sotto controllo medico per cogliere tempestivamente eventuali problemi.
Dottore, una donna sana può sviluppare una cardiopatia a causa della gravidanza?
È più probabile che un disturbo cardiaco lieve, già presente ma non diagnosticato, si aggravi durante l’attesa. Esiste una patologia grave, la cardiomiopatia peripartum, che può insorgere vicino al termine della gravidanza o nei mesi successivi al parto in donne precedentemente sane [5]. È un’evenienza rara, che si manifesta una volta su 1.000-4.000 gravidanze.
La causa non è del tutto chiara. Si ipotizza che sia legata ai cambiamenti ormonali della gravidanza e del periodo immediatamente successivo al parto. Fattori che ne aumentano il rischio sono l’età materna avanzata, il tabagismo, l’ipertensione e l’obesità. Se trattata tempestivamente può risolversi del tutto senza sequele per la salute della donna. Successive gravidanze sono però controindicate.
Un problema della cardiomiopatia peripartum e di altre patologie cardiache che possono manifestarsi per la prima volta o aggravarsi durante la gravidanza è la difficoltà di distinguere i loro sintomi da comuni disturbi dell’attesa. Affaticamento, palpitazioni, affanno, vertigini, gonfiore alle estremità e dolore al petto, provocato dalla risalita di materiale acido dallo stomaco durante la digestione, sono fastidi parafisiologici che tante future mamme sperimentano in gravidanza.
È necessario informare il medico e fare accertamenti se questi disturbi sono particolarmente intensi, tanto da interferire con le normali attività quotidiane, per esempio se l’affanno si manifesta anche in condizioni di movimento moderato o di riposo.
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