13 Marzo 2020 di Ulrike Schmidleithner

Dobbiamo temere la paura?

Da più di due anni avevo intenzione di scrivere un articolo sulla paura e l’idea mi è venuta mentre stavo camminando verso il supermercato. Ero immersa nei pensieri, stavo riflettendo su come avrei potuto smontare in modo comprensibile e interessante uno dei tanti miti che circolano sulle vaccinazioni. Avevo lo sguardo abbassato e stavo più attenta a dove mettevo i piedi che a quello che mi circondava.

All’improvviso ho visto con la coda dell’occhio, proprio davanti a me sul marciapiede, un oggetto scuro e minaccioso. Avendo fatto quella strada dozzine di volte sapevo istintivamente che quella cosa lì non ci doveva essere. Ho sentito un tuffo al cuore, l’adrenalina faceva il suo dovere. Il tutto è durato solo un attimo perché alzando di scatto lo sguardo ho visto cos’era e mi sono ovviamente tranquillizzata subito. Si trattava di un cavalluccio di peluche, dell’altezza di un pony, che qualcuno aveva abbandonato lì, appoggiato sulla recinzione del parco cittadino. Ho anche fatto una foto:

Lo spavento, che è durato pochissimo, ha preceduto la mia valutazione del rischio reale. Le reazioni istintive sono un regalo della natura che mi avrebbe aiutato, in caso di un vero pericolo, a salvarmi.

La parte razionale ha dato subito segnale di cessato allarme e il cuore è tornato a battere a un ritmo normale. Nella fantascienza o in un film dell’orrore non sarebbe finita così, ma il cavalluccio avrebbe cominciato a muoversi, e con occhi diabolici e artigli appuntiti al posto degli zoccoli mi avrebbe forse inseguito e aggredito.

Ma siamo nella vita reale e quindi era solo un mucchio di paglia rivestito di pelliccia sintetica.

In queste ultime settimane ci stiamo confrontando invece con una minaccia autentica: la diffusione, apparentemente inarrestabile, del nuovo coronavirus a cui è stato dato il nome SARS-CoV-2, che causa la malattia respiratoria COVID-19.

Chi reagisce a questa minaccia come se fosse il cavalluccio giocattolo dismesso, pensando che si tratti di allarmismo ingiustificato, ha il vantaggio di sentirsi rilassato e di non essere vittima della paura. Probabilmente sarà sollevato di non essere “caduto nella trappola” di chi mette sull’avviso dal pericolo. Questo tipo di reazione si può per esempio osservare, ormai da tanti anni, nelle persone che hanno un atteggiamento critico verso le vaccinazioni. Non credono nel rischio che le malattie prevenibili con le vaccinazioni comportano. Si rilassano e purtroppo sottovalutano il rischio.

Ma si è davvero una “vittima” quando si teme un rischio reale? È vero proprio il contrario: la paura è un salvavita, se non necessariamente della nostra sicuramente di quella del nostro prossimo, indipendentemente dalla sua nazionalità. La paura giustificata da una reale minaccia non dovrebbe essere vista come un nemico o un segno di uno stato di salute preoccupante. Dovrebbe invece essere vista come un prezioso aiuto, perché ci può spingere ad agire e a mettere in atto un comportamento utile per salvarci dal pericolo. Naturalmente la paura da sola non basta, e rischia anche di essere una cattiva consigliera se non viene abbinata al raziocinio, alla scrupolosa analisi scientifica di tutti i dati disponibili – che per fortuna, per quanto riguarda il SARS-CoV-2 e la COVID-19 aumentano di giorno in giorno a un ritmo impressionante. Per questo è estremamente importante affidarsi alle autorità e seguire scrupolosamente le loro raccomandazioni. Più persone collaborano e più efficaci diventano le misure adottate.

Penso che quello che stiamo vivendo da qualche settimana possa aiutarci a comprendere meglio il clima che c’è stato circa sessanta anni fa, quando le crescenti epidemie di polio toglievano il sonno a tanti genitori.

Riporto il seguente passaggio della seduta della Camera in data 24 ottobre 1958 (lo avevo già citato in un altro articolo che ho scritto qualche tempo fa per La rubrica della mamma, e che ora mi sembra più attuale che mai):

“La Camera, facendosi interprete dell’angoscia suscitata nell’opinione pubblica italiana dalla diffusione della poliomielite, che ha tragiche conseguenze in molte province italiane e che ha rivelato ancora una volta il grave stato di inadeguatezza dell’attuale organizzazione sanitaria in Italia; tenuto conto che le recenti dichiarazioni del ministro della sanità alla Camera e al Senato riconfermano lo sviluppo continuamente crescente del terribile male nel nostro Paese, mentre la scienza medica mette oggi a disposizione dell’umanità i mezzi per limitarlo fortemente, come dimostrano le statistiche di tutti i Paesi che nel corso degli ultimi tre anni hanno organizzato la vaccinazione antipolio della popolazione, almeno di quella infantile (…)”

Anche a suo tempo si sapeva e si spiegava alla popolazione che la maggioranza degli infettati o non aveva alcun sintomo o soltanto una leggera sindrome respiratoria simile all’influenza. Solo una piccola frazione degli infettati (circa 1 su 200) sviluppava una paralisi e una piccola frazione di questi aveva bisogno del polmone di acciaio perché il virus aveva paralizzato i nervi responsabili della respirazione.

A suo tempo per diversi anni i genitori e anche i nonni hanno vissuto con questa paura fino a quando finalmente la scienza non sviluppò un vaccino efficace. Ma non bastava, questo vaccino doveva anche essere prodotto a livello industriale per permettere a tutti di essere protetti. Tutto questo non sarebbe stato possibile se nessuno avesse avuto paura della polio e se avesse preso come metro quelli che sviluppavano solo un leggero raffreddore.

Milioni di anni fa, chi non conosceva la paura non ha trasmesso i proprio geni alle future generazioni perché è diventato il pranzo di qualche animale predatore. Chi invece conosceva la paura era prudente e se notava dei movimenti sospetti scappava o alzava un’arma per difendersi.

Io credo perciò che nell’attuale situazione sia profondamente sbagliato dire alle persone: “Non abbiate paura, è solo come un’influenza”. Si dovrebbero invece aiutare le persone a vedere la paura, quando è giustificata, come un alleato, uno strumento che bisogna imparare a gestire con saggezza e intelligenza, senza permetterle di sentirci paralizzati e impotenti.

Autore Ulrike Schmidleithner

Una mamma che segue dall’inizio del 2002 con grande passione la questione vaccini. In tutti questi anni ha approfondito ogni aspetto di questo tema. Conosce praticamente tutti gli argomenti usati dalle persone contrarie alle vaccinazioni. Ha controllato accuratamente ciascuno di questi assunti e ha scritto moltissimi articoli sul suo blog Vaccinar...SI’! e sulla pagina Facebook omonima, per spiegare in modo pacato e comprensibile anche a chi non ha studiato medicina come stanno realmente le cose secondo il parere della comunità scientifica. Ha sempre fatto controllare i suoi articoli da uno o più esperti per assicurare la correttezza scientifica, che è indispensabile per un tema così importante. Sul nostro sito cura “La rubrica della mamma” in cui si rivolge ai genitori stando al loro fianco.
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