Mal di pancia, irregolarità intestinali, gonfiore possono capitare a tutti, soprattutto dopo qualche pasto sregolato. Se però questi disturbi si ripetono spesso o costringono a modificare la propria quotidianità, è il caso di chiedersi se non si tratti della sindrome dell’intestino (o del colon) irritabile.
È una condizione comune: colpisce il 10-20% della popolazione, in particolare le donne (il doppio rispetto agli uomini) e la fascia d’età tra i 20 e i 50 anni. La diagnosi non è immediata e la ricerca di uno o più rimedi per stare meglio può essere complessa, anche perché al momento non esiste una cura definitiva.
Che cos’è la sindrome dell’intestino irritabile?
È un insieme di sintomi, dunque una sindrome e non una malattia, che interessa l’apparato gastrointestinale. Questa sindrome è caratterizzata da disturbi ricorrenti, che possono diventare cronici e influenzano negativamente la qualità della vita. I sintomi più frequenti, che possono presentarsi anche in associazione, sono:
- mal di pancia, o crampi addominali, specialmente dopo i pasti;
- gonfiore addominale e presenza di aria;
- alterazioni della defecazione (diarrea o stitichezza).
Questi disturbi variano per durata e intensità, da pochi giorni a diversi mesi, e si acuiscono spesso dopo aver mangiato specifici alimenti o bevande, o in periodi di stress e ansia. Comprendere e monitorare i sintomi è essenziale per una diagnosi e un trattamento adeguato [1,2]. È difficile, però, avere una diagnosi, poiché non esistono analisi specifiche.
Dottore, quali sono le cause?
Le cause esatte non sono ancora note, ma è certo che non dipenda da lesioni organiche. Si ipotizza che l’alterazione intestinale possa derivare da una “comunicazione” errata tra organi gastrointestinali e cervello, che porta il cibo a transitare troppo velocemente o troppo lentamente. Altre possibili cause includono squilibri della flora batterica intestinale, ipersensibilità dei nervi e fattori ereditari [1,3].
Si conoscono invece i fattori scatenanti dei sintomi [1,4]:
- ciclo mestruale e disturbi dell’apparato riproduttivo femminile;
- alimentazione;
- infezioni gastrointestinali;
- stress e ansia.
È vero, allora, che dalla sindrome dell’intestino irritabile non si può guarire?
Sì, oggi non esiste una cura permanente per la sindrome. Abbiamo però a disposizione conoscenze e farmaci per controllare i sintomi e provare a evitare peggioramenti [1].
La strategia più efficace combina diverse azioni: dieta adeguata, attività fisica regolare, riduzione dello stress ed eventualmente terapie farmacologiche sotto la supervisione del proprio medico di medicina generale o del gastroenterologo [5].
Dottore, mi spiega qualcosa in più sulla dieta?
Il controllo dell’alimentazione è molto importante, dato che i sintomi si manifestano soprattutto dopo i pasti. In generale è raccomandato [1,2,5]:
- mangiare a orari regolari e senza fretta,
- non saltare i pasti,
- bere molta acqua,
- limitare le pietanze grasse e speziate, tè e caffè,
- evitare alcol e bevande gassate.
È inoltre importante adottare abitudini alimentari specifiche in base ai sintomi prevalenti. Per esempio, se si ha la diarrea è bene ridurre le fibre, mentre se si ha stitichezza al contrario si suggerisce di assumerne molte attraverso la frutta e la verdura. In entrambi i casi è necessario assumere molta acqua.
Quali sono, invece, i farmaci più efficaci?
Anche in questo caso si può provare a intervenire sui sintomi. Se prevale la stitichezza, ad esempio, possono essere utili farmaci lassativi per facilitare il transito della massa fecale nell’intestino e lenire il dolore. Quando prevale invece la diarrea o la necessità di liberarsi troppo spesso, occorre rallentare i movimenti intestinali [6,7].
In alcuni casi vengono prescritti antidepressivi che agiscono sulla serotonina, un neurotrasmettitore che, oltre a regolare l’umore, influisce sulla digestione e sui movimenti intestinali e può calmare le contrazioni dolorose. Secondo le linee guida dell’associazione gastroenterologica americana, però, terapie di questo tipo non presentano prove di alta qualità. Occorre inoltre considerare gli effetti collaterali a carico di altri organi [5,7].
Anche per quanto riguarda i probiotici – che ricordiamo essere integratori e non farmaci – le evidenze di efficacia sono deboli [8].
In tutti i casi, è sempre opportuno seguire le indicazioni e la supervisione di un medico, sia quello di medicina generale sia un gastroenterologo.
Argomenti correlati:
Disturbi gastrointestinaliMedicina