Chi sviluppa diabete gestazionale in gravidanza avrà il diabete anche dopo il parto?

14 Novembre 2025 di Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

Durante la gravidanza può comparire una forma di alterazione del metabolismo del glucosio nota come diabete gestazionale. Si tratta di una condizione che interessa il 7-8% delle donne in dolce attesa e che, nella maggior parte dei casi, scompare dopo la nascita del bambino [1]. Tuttavia, non è un evento da sottovalutare: può infatti rappresentare un campanello d’allarme per la salute futura.

In occasione della Giornata mondiale del diabete del 14 novembre, vale la pena parlarne e sensibilizzare sull’argomento le donne in gravidanza. Le evidenze scientifiche mostrano, infatti, che chi ha avuto il diabete gestazionale ha un rischio più elevato di sviluppare il diabete di tipo 2 negli anni successivi [2, 3]. Questo rischio non è una certezza, ma è bene conoscere i segnali da tenere sotto controllo.

Dottore, se ho avuto diabete gestazionale, significa che avrò sicuramente il diabete anche dopo il parto?

No, non significa necessariamente che si svilupperà il diabete dopo la gravidanza. Molte donne che hanno avuto diabete gestazionale vedono tornare i valori della glicemia nella norma dopo il parto [2, 4].

Tuttavia, la presenza di questa condizione durante la gestazione indica che l’organismo ha affrontato un importante stress metabolico. In altri termini, è come se il corpo avesse mostrato una maggiore difficoltà nel gestire lo zucchero nel sangue, e questo può riemergere negli anni successivi.

Quanto è alto il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 dopo una gravidanza con diabete gestazionale?

Il rischio è significativamente più alto rispetto a chi non ha avuto il diabete gestazionale, ma varia da persona a persona. Le stime più recenti indicano che fino al 30-50% delle donne che hanno avuto il diabete gestazionale può sviluppare il diabete di tipo 2 nel corso della vita [5, 6]. Alcuni studi riportano percentuali più basse, come il 7% entro cinque anni dal parto e il 21% entro dieci anni [7].

Come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, il rischio aumenta se [6]:

  • la gestante è obesa (indice di massa corporea superiore a 30);
  • in una precedente gravidanza il neonato pesava 4,5 kg o più alla nascita;
  • in una precedente gravidanza la gestante aveva già sofferto di diabete gestazionale;
  • sono presenti familiari con diabete;
  • si appartiene alle etnie sud asiatiche, cinesi, afro-caraibiche o mediorientali.

Cosa posso fare dopo il parto per ridurre il rischio?

Se si è sofferto di diabete gestazionale, dopo il parto è importante controllare i livelli di zucchero nel sangue, anche se ci si sente bene [6]. Di solito, i medici raccomandano di eseguire un test da carico orale di glucosio tra le sei e le tredici settimane dopo il parto per accertarsi che la glicemia sia tornata normale [3, 6]. Se tutto è regolare, è comunque consigliabile ripetere i controlli periodicamente, ad esempio ogni anno, oppure più spesso se si hanno altri fattori di rischio [6].

Inoltre, è fondamentale mantenere uno stile di vita sano: un’alimentazione equilibrate (qui la nostra scheda su alimentazione e diabete), l’attività fisica regolare e il mantenimento di un peso corporeo adeguato sono strumenti efficaci per proteggersi dal rischio di sviluppare il diabete [1, 4, 6]. Anche l’allattamento al seno può avere un effetto protettivo [4].

Se si affronta una nuova gravidanza, è importante informare il proprio medico del precedente diabete gestazionale: il rischio che si ripresenti aumenta infatti a ogni gravidanza [8].

Dottore, quindi avere avuto diabete gestazionale vuol dire che la mia salute è compromessa?

No, ma è un segnale da non ignorare. Avere avuto il diabete gestazionale non vuol dire che si sia malati o che si svilupperà sicuramente il diabete. Vuol dire però che l’organismo ha già mostrato una certa fragilità nella gestione del glucosio. Per questo motivo, la gravidanza rappresenta un’occasione per imparare a conoscere il proprio corpo e prevenire possibili problemi futuri.

Intervenire in modo tempestivo, con l’aiuto del medico e attraverso scelte quotidiane, può fare la differenza. Non bisogna aspettare che compaiano sintomi per agire: il diabete di tipo 2 può svilupparsi lentamente e senza segni evidenti. Un monitoraggio regolare, una dieta sana e il movimento sono i migliori alleati della salute.

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Autore Fabio Ambrosino (Pensiero Scientifico Editore)

Fabio Ambrosino ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Dal 2016 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per siti di informazione e newsletter in ambito cardiologico. È particolarmente interessato allo studio delle opportunità e delle sfide legate all’utilizzo dei social media in medicina.
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