Barbie è il ritratto della salute?

25 Luglio 2023 di Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

La scena del piede che si sfila la scarpina sta diventando iconica: è quella di apertura del trailer del film Barbie – da poco nelle sale – in cui la protagonista si toglie le scarpe dal tacco altissimo restando sulla punta dei piedi perfettamente arcuati. Piedi da Barbie, per l’appunto. Questi quattro secondi di video hanno scatenato una “challenge” su TikTok nella quale si stanno misurando ragazze sconosciute e modelle molto famose.

Perché partire dai piedi di Barbie per parlare della cosiddetta “Sindrome di Barbie”? Perché nel film della regista Greta Gerwig la protagonista inizia a sospettare che qualcosa si sta incrinando nel fantastico mondo delle bambole quando si ritrova con i piedi piatti, perdendo una delle caratteristiche distintive: la forma dei piedi concepita dalla casa produttrice per permettere di far indossare facilmente ogni tipo di calzatura alla bambola.

Insomma, ammirare Barbie non ci può far ammalare ma può incantare una bambina o un bambino proponendo loro uno standard irrealistico di bellezza e di aspetto fisico. E questo può creare problemi di natura psicologica.

Dottore, l’ammirazione per un ideale di bellezza può causare problemi psicologici?

In alcuni casi sì, nel senso che alcune persone possono iniziare a credere di essere portatrici di difetti fisici o di imperfezioni più o meno gravi, ma che in realtà sono lievi o inesistenti. Questa convinzione può essere tale da convincersi di doversi controllare continuamente allo specchio o di truccarsi costantemente per mascherare difetti immaginari. Ugualmente, chi soffre di questi problemi può cercare incessantemente conferma del proprio aspetto. E, nel caso questi “segnali” persistessero o diventassero più presenti nella vita della persona, solo un intervento psicologico professionale potrebbe riuscire ad alleviarli o a permettere di superarli [1].

Si tratta di problemi che caratterizzano solo le donne, e di giovane età?

Barbie è un modello di bellezza sana?Se parliamo di quella che anche la letteratura scientifica definisce, come abbiamo detto, la Sindrome di Barbie, è evidente che si manifesta quasi esclusivamente nel sesso femminile. Altrimenti parleremmo di Sindrome di Ken.

In generale, il disturbo da dismorfismo corporeo di solito si manifesta nel corso dell’adolescenza [1] ma, per esempio, in letteratura sono stati presentati dei casi in donne giovani ma che avevano ampiamente superato l’adolescenza: per esempio quello di una donna di 37 anni che si sforzava di dare al proprio corpo l’aspetto di una bambola Barbie, da cui è stata affascinata fin dall’infanzia.

Non tollerava alcuna deviazione da questo ideale di bellezza, fin quando è stata ricoverata in un reparto ospedaliero di Psicosomatica con la diagnosi di disturbo alimentare [2]. Del resto, inseguire le forme ideali di Barbie non può che portare a problemi rilevanti di salute

Davvero cercare di somigliare a Barbie può dar problemi di salute?

È sufficiente tenere in mano una Barbie per capire come le dimensioni della bambola non possano corrispondere a quelle di donne del mondo reale. Le proporzioni di una Barbie alta circa 28 centimetri sono quelle di una ragazza adulta alta un metro e novanta con un girovita di circa 45 centimetri [3]. È probabile che, se Barbie fosse “vera”, non avrebbe abbastanza grasso corporeo per avere le mestruazioni. Per tornare a parlare dei piedi, il suo numero di scarpe sarebbe molto più piccolo della media. In generale sottovalutiamo l’impatto di personaggi iconici – come può esserlo appunto la bambola Barbie – sull’immaginario dei bambini e delle bambine.

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Dottore, la sua è una supposizione o esistono studi sull’argomento?

In realtà esistono studi che hanno esplorato questi temi. Uno studio pubblicato sulla rivista Developmental Psychology [4] ha provato addirittura a fare un confronto sperimentale: bambine di età compresa tra i 5 e gli 8 anni hanno giocato a lungo con le Barbie tradizionali, con una bambola chiamata Emma (taglia 16) o con giochi che non fossero bambole (questo rappresentava il cosiddetto “gruppo di controllo”).

I risultati hanno indicato che le bambine “esposte” alle Barbie alla fine avevano una minore autostima e una peggiore immagine corporea rispetto a quelle delle bambine con cui erano messe a confronto. Sono risultati preoccupanti perché una scarsa immagine corporea è legata a una serie di problemi importanti, come i disordini alimentari e il sovrappeso.

Gli stessi ricercatori che hanno condotto questo studio hanno però osservato che l’effetto negativo sull’immagine corporea svanisce nelle bambine più grandi: non solo Barbie è un modello solo o soprattutto per le bambine più piccole, ma nell’adolescenza diventa un oggetto verso il quale provare addirittura ostilità [5].

Da cosa può dipendere questa ostilità o indifferenza delle adolescenti nei confronti di Barbie?

È possibile che un’adolescente osservi la realtà in modo disincantato, con la consapevolezza che la bambola con cui ha passato così tante ore della sua infanzia è – com’è stato scritto – “biologicamente irreale” [5]. Va detto anche che più in generale “il mondo di Barbie” è poco convincente per un’adolescente: “La vita di plastica è fantastica”, cantavano gli Aqua in una vecchia canzone, ma una teenager difficilmente vede il mondo con occhi così “innamorati”. Di questo è consapevole anche l’azienda produttrice, che non a caso da diversi anni ha iniziato a produrre edizioni di Barbie un poco diverse da quella originale: più formose o meno alte. In altre parole, più umane.

Autore Rebecca De Fiore (Pensiero Scientifico Editore)

Rebecca De Fiore ha conseguito un master in Giornalismo presso la Scuola Holden di Torino. Dal 2017 lavora come Web Content Editor presso Il Pensiero Scientifico Editore/Think2it, dove collabora alla creazione di contenuti per riviste online e cartacee di informazione scientifica. Fa parte della redazione del progetto Forward sull’innovazione in sanità e collabora ad alcuni dei progetti istituzionali con il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio.
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