La miopia infantile è in aumento?

26 Febbraio 2024 di Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)

La miopia è il difetto della vista più comune e, secondo alcune stime, nel 2050 potrebbe interessare fino a metà della popolazione mondiale [1]. L’incremento riguarda tutti i gruppi di età, ma poiché la miopia tende a stabilizzarsi verso i 20-25 anni e miopie alte possono compromettere seriamente la vista, il dato che preoccupa di più è quello relativo ai giovanissimi. Anche se all’inizio la miopia è lieve e bastano un paio di occhiali a correggerla, tende a peggiorare con la crescita.

Se i bambini con miopie basse sono sempre più piccoli e più numerosi, il rischio è che un numero sempre maggiore di adulti riporterà gravi danni alla vista. Infatti, a ogni diottria in più, o se vogliamo a ogni grado in meno, è associato un aumento del rischio di malattie della retina, che possono portare a gravi disabilità visive e, in alcuni casi, alla perdita completa della vista [2].

Perché sempre più bambini sono miopi?

La miopia ha una forte componente genetica: la probabilità che un bambino o un adolescente debba indossare gli occhiali per vedere bene da lontano aumenta se uno o entrambi i genitori sono miopi. Ma gli esperti ritengono che l’aumento esponenziale dei casi di miopia infantile sia il risultato dell’abitudine, accentuatasi negli ultimi anni, a trascorrere troppo tempo su tablet e smartphone e sempre meno tempo all’aperto [3].

Dottore, si riferisce al boom di miopia da lockdown?

All’inizio della pandemia di Covid-19 diversi ricercatori in tutto il mondo hanno espresso le proprie preoccupazioni in merito alle conseguenze che il lockdown avrebbe avuto sull’aumento dei casi di miopia nella popolazione infantile [4,5,6]. Preoccupazioni più che legittime. Il confinamento forzato avrebbe costretto la maggior parte di bambini e ragazzi a trascorrere buona parte della giornata davanti a computer, tablet e smartphone, a scapito delle ore prima trascorse all’aperto. E l’occhio, che si comporta come un muscolo, in questo modo si allena sempre di più nella vista da vicino, e sempre meno nella vista da lontano.

Tuttavia, già prima della pandemia, alcuni studi avevano messo in relazione le abitudini di bambini e ragazzi al rischio di miopia, scoprendo che gli adulti che da bambini trascorrevano più tempo all’aperto erano quelli con meno probabilità di diventare miopi, e viceversa [7,8,9]. Queste scoperte sono state confermate anche da alcune revisioni della letteratura scientifica al riguardo, permettendo così di ottenere conclusioni più solide dal punto di vista statistico [10,11].

Non possiamo sapere con certezza se sempre più bambini oggi diventano miopi perché, rispetto ad alcuni decenni fa, il mondo è cambiato e oggi si gioca meno all’aperto, oppure se i bambini preferiscono rimanere a casa perché vedono peggio da lontano. Tuttavia, è piuttosto plausibile ritenere che la quantità di tempo trascorso fuori dalle mura di casa da piccoli sia un fattore protettivo contro il rischio di miopia.

Dottore, quindi giocare all’aperto rallenta la miopia?

È molto difficile stabilire se ci sia un nesso causa-effetto fra il tempo trascorso all’aperto e il progressivo peggioramento della miopia nei bambini. Tuttavia, sembra che esista una relazione significativa fra la quantità di tempo trascorso all’aperto durante l’infanzia e una miopia grave in età adulta. Come ha dimostrato uno studio clinico randomizzato, i bambini che a dieci anni trascorrono più tempo a casa hanno un rischio più alto di sviluppare da adulti una miopia grave (superiore a cinque diottrie) rispetto ai coetanei che escono più spesso [12].

Perché stare all’aperto protegge dal rischio di miopia?

I bambini che hanno meno occasioni di giocare all’aperto sono anche quelli che trascorrono più tempo al chiuso, magari dedicandosi ad attività, come leggere e guardare lo smartphone, che mettono sotto sforzo la vista da vicino ma non permettono di allenare la vista da lontano. Abbiamo già parlato dei danni alla vista che può causare l’abitudine a trascorrere troppo tempo davanti al computer e abbiamo sottolineato come, fra le possibili cause dell’aumento dei casi di miopia nell’infanzia, non sia da escludere uno stile di vita che comporta numerose ore davanti a uno schermo.

Tuttavia, sembra che siano alcune peculiarità degli ambienti all’aperto a proteggere bambini e ragazzi dal rischio di miopia. In particolare, intensità e composizione dello spettro solare sarebbero gli elementi in grado di influire maggiormente sulla crescita e sullo sviluppo dell’occhio [13].

Dottore, può dirmi di più?

Studi realizzati sugli animali dimostrano che l’esposizione a fonti di luce ad alta intensità (più di diecimila lux) ritarda lo sviluppo della miopia [14,15]. L’illuminazione negli ambienti al chiuso generalmente non supera i mille lux, mentre all’aperto può variare da un minimo di diecimila lux nelle giornate nuvolose a un massimo di centomila lux in quelle soleggiate.

Oltre all’intensità luminosa, anche la composizione spettrale della sorgente di luce pare influenzare lo sviluppo della miopia. Rispetto alle sorgenti di luce usate al chiuso, lo spettro della luce solare risulta più dinamico, sia perché si modifica nell’arco della giornata sia perché composto da lunghezze d’onda diverse. Non sappiamo ancora quali effetti questo comporterebbe, ma alcuni studi suggeriscono che le lunghezze d’onda corrispondenti all’ultravioletto, assenti nell’illuminazione artificiale interna, potrebbero esercitare un effetto protettivo sul rischio di miopia [16,17].

Sono necessari ulteriori studi per confermare con certezza che giocare all’aperto riduca il rischio di miopia nei bambini. Comunque, come abbiamo spiegato nella scheda “Se fa freddo è meglio tenere in casa i bambini?”, non ci sono dubbi che far giocare i propri figli all’aperto faccia bene, a prescindere dalla miopia. Così come non dovremmo farli stare troppo tempo davanti allo schermo di tablet, smartphone o computer.

Autore Sara Mohammad (Pensiero Scientifico Editore)

Sara Mohammad ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Si occupa principalmente di ricerca, neuroscienze e salute mentale. Scrive su MIND, LeScienze, Rivista Micron, Il Tascabile, e collabora con Mondadori Education e Il Pensiero Scientifico Editore. Oltre a lavorare nell'ambito della comunicazione scientifica, insegna scienze alle scuole superiori.
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Bibliografia