Sentirsi soli è un’esperienza comune e, in molti casi, non rappresenta un problema. Diventa però un fattore di rischio per la salute quando la solitudine non è cercata, se si prolunga nel tempo e impedisce interazioni e relazioni sociali. Negli ultimi anni, con l’aumento delle attività digitali e social, e soprattutto dopo le limitazioni vissute durante la pandemia di Covid-19, si ricorre talvolta all’espressione “epidemia di solitudine”: ma è davvero così? Siamo più soli, dunque più fragili?
Occorre intanto fare attenzione all’isolamento sociale, una condizione pericolosa, diversa dalla naturale esigenza di un tempo solo per sé, e che può esporci a patologie croniche e minacciare la salute mentale.
Dottore, è vero che stiamo vivendo una “epidemia di solitudine”?
Può capitare di leggere definizioni come questa analizzando la società attuale, soprattutto nei Paesi industrializzati. Tra i fattori citati ci sono le misure introdotte durante la pandemia di Covid-19, come la didattica a distanza e lo smart working, e la crescente popolarità delle relazioni e dei passatempi via social. Sebbene sia complesso valutare la diffusione della solitudine, non si registrano effettive differenze nel corso degli anni [1].
Gli esperti distinguono, però, la solitudine, intesa come sensazione soggettiva, dall’isolamento sociale, cioè l’assenza effettiva di relazioni. La solitudine è uno stato emotivo comune, spesso temporaneo, non necessariamente dannoso. Rappresenta un problema quando è vissuta come inevitabile, senza uscita, ed è accompagnata da malesseri fisici o emotivi. Diventa così una condizione di fragilità [2, 3, 4].
Come si diagnostica l’isolamento sociale?
Come abbiamo visto, non è semplice quantificare il grado di solitudine. Ci sono però alcuni segnali e condizioni che si verificano maggiormente nelle persone prive di supporto sociale: pochi contatti familiari, mancanza di relazioni affidabili, difficoltà a chiedere aiuto. Alcune situazioni rendono più vulnerabili queste categorie [2]:
- genitori single;
- caregiver, cioè coloro che assistono familiari malati o anziani;
- persone con disabilità o malattie croniche;
- pensionati;
- individui con problemi economici;
- soggetti esposti a discriminazioni (per provenienza geografica, orientamento sessuale).
Esiste inoltre un disturbo d’ansia specifico, noto come ansia (o fobia) sociale: chi ne soffre tende a evitare le interazioni con gli altri perché, oltre a provare paura, avverte sintomi fisici (battito cardiaco accelerato, sudorazione, mal di stomaco). Chi ne soffre aumenta il proprio isolamento per timore di stare male [5].
Quali sono gli effetti sulla salute dell’isolamento sociale?
La solitudine cronica è associata a un aumento del rischio di mortalità precoce. Un ampio studio statunitense su oltre 580mila adulti ha rilevato che l’isolamento sociale incrementa il rischio di morte, soprattutto per cause cardiovascolari. Le persone considerate isolate erano soprattutto single, con pochi parenti e amici e con una scarsa o inesistente vita associativa [6].
Uno dei meccanismi più studiati, all’origine dei disturbi causati dalla solitudine eccessiva, è l’infiammazione sistemica, favorita anche da livelli elevati di cortisolo, l’“ormone dello stress”. Questo stato può aumentare il rischio di diabete di tipo 2, ipertensione e malattie autoimmuni. Chi è isolato tende inoltre a condurre uno stile di vita poco salutare: sedentarietà, dieta meno equilibrata, maggiore consumo di tabacco e alcol [4, 7]. Stile di vita poco salutare che sappiamo avere un effetto negativo sulla salute.
La solitudine prolungata impedisce al soggetto isolato di ricevere influenze positive dalla rete sociale. Questo fenomeno colpisce soprattutto le persone anziane e coloro che già soffrono di depressione. L’isolamento sociale aggrava l’ansia e i disturbi del sonno, abbatte l’autostima, e potrebbe diventare un ostacolo all’accesso alle cure [8]. Diversi studi stanno inoltre indagando l’associazione tra isolamento sociale e rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer [3, 4].
Gli impatti sulla salute, dunque, sembrano essere tanti. Ma sono necessari altri studi per arrivare a conclusioni definitive.
Dottore, cosa si può fare per superare la solitudine?
La risposta sembra scontata: occorre chiedere sostegno o aiuto. Sebbene esistano strategie efficaci per superare in autonomia uno stato di solitudine, quando percepiamo sintomi fisici o mentali importanti, quando avvertiamo che la salute può esserne compromessa, è raccomandato parlarne con il proprio medico di medicina generale. Si potrà così comprendere anche lo stato di salute e, se è necessario, rivolgersi a uno psicoterapeuta. Sono diversi i percorsi di psicoterapia disponibili, spesso basati su gruppi di mutuo aiuto [4].
E da soli, cosa possiamo fare?
È possibile prevenire stati di solitudine rischiosi cercando occasioni per creare legami reali: attività sportive, hobby in compagnia, volontariato, occasioni che facilitano l’incontro inoltre con persone con le stesse difficoltà.
Piccoli gesti quotidiani, come ricontattare un amico, anche con una telefonata o una mail aiutano a mantenere una rete di supporto.
Per ridurre i fattori di rischio, è bene seguire uno stile di vita attivo e un’alimentazione equilibrata, curare la qualità del sonno, non trascurare eventuali sintomi [4].
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