Una ricerca condotta presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Pittsburgh, negli Stati Uniti, ha messo a punto un nuovo esame che potrebbe identificare precocemente la presenza di una delle alterazioni microscopiche della malattia di Alzheimer: gli ammassi (o grovigli) neurofibrillari. Il test sviluppato a Pittsburgh è in grado di individuare le fasi iniziali di accumulo della proteina tau prima che le tradizionali tecniche di diagnostica per immagini cerebrale possano rilevare tali cambiamenti.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine. [1] L’importanza di questo studio è confermata dall’essere il frutto di una collaborazione che ha coinvolto ricercatori delle università di Göteborg, di Warwick, McGill, San Diego e dello University College di Londra.
Perché è importante la diagnosi precoce dell’Alzheimer?
Scoprire gli ammassi neurofibrillari prima che si osservi un evidente declino cognitivo nel paziente può permettere al medico di individuare le persone che potrebbero ancora trarre beneficio dai trattamenti per la malattia di Alzheimer che sono in corso di sperimentazione e di valutazione da parte delle istituzioni che regolano l’approvazione e la registrazione dei nuovi medicinali. [2]
“La diagnosi precoce è fondamentale per il successo delle terapie per il morbo di Alzheimer – ha spiegato Thomas Karikari, tra gli autori dell’articolo e docente di Psichiatria a Pittsburgh – poiché gli studi disponibili in letteratura dimostrano che i pazienti con pochi o con nessun groviglio di proteina tau insolubile hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dai nuovi trattamenti rispetto a quelli con un grado significativo di depositi di proteina tau nel cervello”. [3]
E, intervenendo in una discussione sul social media X (Twitter), ha confermato ai colleghi di essere “fiducioso che questi risultati consentiranno una diagnosi precoce e affidabile della patologia da aggregati di proteina tau prima che si formino i grovigli maturi.”
Che differenza c’è tra diagnosi precoce e diagnosi predittiva?
Diagnosi precoce (o pre-clinica): si riferisce all’identificazione di una malattia quando è presente ma prima che compaiano i sintomi. In altre parole, la malattia è in una fase iniziale e spesso più facile da trattare. Si utilizzano test di screening (come mammografie, colonscopie, esami del sangue) in persone che non hanno sintomi, ma che potrebbero essere a rischio di sviluppare una certa malattia.
Diagnosi predittiva: cerca di stimare il rischio che una persona ha di sviluppare una certa malattia in futuro. Non si concentra sulla presenza attuale della malattia ma sulla probabilità che si manifesti in seguito in base alla presenza di fattori di rischio biologici e ambientali. Si possono utilizzare test genetici per identificare persone con una predisposizione ereditaria a certe malattie oppure si possono valutare altri indicatori di rischio.
Come si è svolto lo studio?
La ricerca ha coinvolto 902 partecipanti. I ricercatori hanno rilevato che i livelli accumulo della proteina tau erano più elevati nelle persone con sintomi riconducibili alla demenza di Alzheimer e che presentavano un lieve deterioramento cognitivo. Diversamente, i livelli non erano più elevati nelle persone che comunque presentavano problemi di memoria o di natura cognitiva ma causati da altre condizioni.
L’esame potrà essere eseguito facilmente?
L’esame rende necessario il ricorso a metodologie di analisi complesse, attualmente disponibili solo in laboratori specializzati. Per questa ragione, non possiamo attenderci sia presto disponibile. Inoltre, serviranno ulteriori studi di convalida e lo sviluppo di un procedimento di analisi meno complesso e più economico. [4]
Comunque, l’importanza dello studio pubblicato su Nature Medicine sembra risiedere soprattutto nelle prospettive che potrebbe aprire a una nuova fase della ricerca per trovare una cura per la malattia di Alzheimer.
Quali sono queste nuove prospettive di cura?
Lo studio dei meccanismi che determinano la patologia di Alzheimer è fondamentale per lo sviluppo di farmaci efficaci. In altre parole, è essenziale scoprire i bersagli dei medicinali potenzialmente utili per trattare precocemente la malattia, quindi in una fase iniziale.
Lo stesso Thomas Karikari ha spiegato in un’intervista che “’la proteina beta-amiloide [che si accumula nel cervello delle persone che soffrono di Alzheimer, NdR] può essere paragonata a un accendino e la proteina tau a un fiammifero. Una grande percentuale di persone che hanno depositi di beta-amiloide nel cervello non svilupperà mai demenza. Ma una volta che i grovigli di proteina tau si accendono [e vengono visualizzati] in una scansione cerebrale, potrebbe essere troppo tardi per spegnere l’incendio e, di conseguenza, la salute cognitiva del paziente può deteriorarsi rapidamente”.[5]
Rilevare la proteina tau prima che possa accumularsi potrebbe aiutare a identificare le persone inclini a sviluppare un declino cognitivo associato all’Alzheimer e che potrebbero trarre beneficio dal trattamento. In attesa che la comunità scientifica metta a punto farmaci che garantiscano sia efficacia, sia sicurezza.
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