Fame, caldo, pannolino pieno, bisogno di coccole: le motivazioni che spingono il neonato al pianto sono tante. Interpretarle fa parte del mestiere del genitore. E non è affatto facile: l’ansia, la stanchezza, soprattutto per chi è alle prese con il primo figlio, non aiutano.
In occasione della Giornata Mondiale della Salute, dedicata quest’anno al benessere delle mamme e dei figli, approfondiamo uno dei ruoli fondamentali per i genitori: imparare a conoscere il linguaggio dei bimbi nei primi mesi di vita. Il pianto, infatti, è un mezzo di comunicazione cruciale, da affrontare senza allarmarsi ma apprezzandone i significati e rispondendo nel modo giusto.
Dottore, perché i neonati piangono spesso?
Il pianto del neonato può essere causato da moltissimi fattori, ed è facile comprenderne il motivo: fin dal momento della nascita, piangere rappresenta il loro principale mezzo di comunicazione. Vagiti e urla costituiscono un vero e proprio linguaggio, accompagnato da altri gesti che i neonati compiono in autonomia, come espressioni del viso, movimenti e posture del corpo. È importante sottolineare che tutti i neonati piangono e, nella maggior parte dei casi, questo comportamento è semplicemente un modo per esprimere un bisogno. Non è necessario pensare subito a dolore o malattie.
Uno dei bisogni più comuni è sicuramente la fame. Ogni neonato ha il proprio modo di manifestare la necessità di nutrirsi. Sia che venga allattato al seno o alimentato con latte artificiale, può capitare che il pianto avvisi i genitori anche al di fuori degli orari abituali. Secondo i neonatologi, oltre al pianto, la fame può essere segnalata da movimenti della testa (alla ricerca del seno o del biberon), dalla bocca spalancata, dalle labbra che simulano il gesto di succhiare o dalle mani portate alla bocca. Il bisogno di latte, tuttavia, non è l’unica ragione che spinge un neonato a farsi sentire [1,2].
Quali sono le altre cause del pianto?
Un altro motivo è il sonno. Addormentarsi non è sempre facile: anche i neonati possono sentirsi stanchi senza riuscire a prendere sonno. Una volta esclusa la fame come causa del pianto, ogni genitore potrà provare diversi modi per calmare il bambino: metterlo nella culla rimanendo accanto a lui, tenerlo in braccio, camminare insieme a lui oppure cantargli una ninna nanna o parlargli dolcemente. Le modalità sono molteplici e vanno sperimentate fino a trovare quella più efficace.
Un’altra causa comune del pianto è la necessità di cambiare il pannolino. Fortunatamente questo bisogno è facile da verificare: basta controllare se il pannolino è sporco! Dopo averlo cambiato e coccolato un po’, il neonato tende a calmarsi rapidamente.
Un’ulteriore causa di disagio che può provocare il pianto è legata alla temperatura. Spesso si tende a vestire troppo i neonati per paura che siano esposti al freddo o alle correnti d’aria; tuttavia questa pratica non sempre è corretta. Il corpo dei neonati contiene una buona quantità di grasso corporeo e non necessita di più strati rispetto agli adulti. Se si nota una variazione insolita della temperatura corporea, è consigliabile misurarla con un termometro e contattare il pediatra in caso di alterazioni [1,3].
Dottore, quando il neonato è malato potrebbe anche non piangere?
Di solito i malanni più lievi vengono comunicati chiaramente con il pianto e sta al genitore cercare di individuarne la causa, anche con l’aiuto del pediatra. Tra le malattie più frequenti nel primo semestre di vita ci sono il raffreddore, la febbre, le irritazioni cutanee, i disturbi intestinali [1].
Si riferisce alle coliche?
Piangere per le coliche, in effetti, accade spesso (a circa 2-3 neonati su 10), soprattutto dal tardo pomeriggio in poi. In alcuni casi possono essere facilmente riconosciute grazie all’emissione di gas intestinali (da cui deriva il termine “coliche gassose”). Quando questi sintomi non sono presenti, la crisi può comunque essere identificata: si tratta infatti di un pianto improvviso e continuo accompagnato da arrossamento del viso e irrigidimento del corpo, nel tentativo di liberarsi dai gas [4]. Di come affrontare le coliche abbiamo parlato nella scheda “Le coliche del bambino si ‘curano’ col fon?”.
Una situazione simile può essere invece causata dal reflusso gastro-esofageo o, come si usa dire con i neonati, con il rigurgito. Nei neonati, almeno fino ai 3 mesi, è normale che avvenga il rigurgito. Il latte, soprattutto se poppato rapidamente e in posizione distesa, risale dallo stomaco all’esofago. E talvolta può causare il vomito. Non occorre allarmarsi se il rigurgito non presenta un colore anomalo (verde o giallo) e se non impedisce la respirazione [2].
Dottore, il pianto può esprimere anche disagio emotivo?
Il disagio emotivo può manifestarsi quando i neonati si trovano in ambienti sovrastimolanti come locali rumorosi o affollati oppure con illuminazione troppo intensa. In queste situazioni potrebbe anche verificarsi un’accelerazione del battito cardiaco. La soluzione migliore consiste nello spostarsi in un ambiente tranquillo e poco illuminato per rassicurarlo. I neonati avvertono anche il nervosismo, l’agitazione di chi gli sta intorno. In particolare, reagiscono con il pianto alle emozioni negative dei genitori [1]. Si raccomanda attenzione, soprattutto quando la mamma soffre di maternity blues o di depressione post parto.
Dottore, può darmi altri suggerimenti per calmare il neonato?
Da sempre si discute su cosa sia meglio in questi casi: abbracciare e coccolare un neonato che piange tanto o lasciarlo “sfogare”, in assenza di sintomi pericolosi. Poiché, come abbiamo visto, piangere è il primario mezzo di comunicazione, è necessario creare un dialogo tra neonato e genitori, imparando a cercare le strategie migliori. In generale, è utile [5]:
- mantenere il contatto corpo a corpo;
- parlare con voce calma;
- creare un ambiente sereno, silenzioso o con i cosiddetti “rumori bianchi” (un phon, l’aspirapolvere o apposite playlist rilassanti);
- cullarlo, anche camminando, o trasportandolo nel passeggino o in auto;
- fare un bagnetto con acqua tiepida.
Argomenti correlati:
Puericultura