Qualche settimana fa il sindacato dei medici italiani, Anaao Assomed, ha diffuso un comunicato in cui denunciava la continua delegittimazione di medici e dirigenti sanitari da parte della stampa italiana, riferendosi in particolare al tema del burnout: una sindrome da stress cronico legata al lavoro che porta all’esaurimento fisico, emotivo e mentale. “Parlare di burnout è pericoloso perché significherebbe ammettere che metà dei medici non è in grado di curare”, ha dichiarato Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed. “Ma è più facile accusare i medici di opportunismo, far percepire alla popolazione che il problema dell’accesso alle cure non è il disinvestimento decennale in sanità, ma sono i medici stessi” [1].
In ambito medico il burnout è invece un problema reale e non trascurabile, come dimostrano i dati relativi alla sua diffusione e al suo impatto. Inoltre, è un problema che non riguarda solo il benessere fisico e psicologico dei curanti ma anche la salute di tutti noi. Oltre a essere sintomo di un generale malfunzionamento della Sanità, infatti, il burnout ha un impatto negativo sull’assistenza sanitaria. L’importante, però, come chiedeva anche Anaao Assomed, è parlarne nel modo corretto e possibilmente costruttivo.
Dottore, cosa si intende quando si parla di burnout dei medici?
Il concetto di burnout nell’assistenza sanitaria è emerso negli anni Settanta come modo per descrivere lo stress emotivo e psicologico sperimentato dal personale sanitario che lavorava nelle cliniche che assistevano pazienti particolarmente complessi [2]. Da allora, in ambito medico il termine è stato utilizzato per definire lo stress associato al lavoro in qualsiasi ambiente in cui viene svolta assistenza sanitaria, dagli ospedali alle comunità e ai contesti di salute globale.
Oggi il burnout è considerato un “fenomeno occupazionale” – così lo definisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che non lo considera una condizione medica [3] – caratterizzato dalla combinazione di tre elementi.
- il primo è l’esaurimento emotivo, con la persona che si sente svuotata di energie e frustrata, incapace di affrontare le richieste lavorative;
- il secondo è la depersonalizzazione: chi soffre di burnout sviluppa un atteggiamento cinico e distaccato verso il lavoro, i colleghi e i pazienti, con perdita di empatia e difficoltà nelle relazioni;
- il terzo e ultimo fattore è una ridotta realizzazione personale, con il medico o l’operatore sanitario che percepisce una diminuzione delle proprie capacità e un senso di fallimento e insoddisfazione professionale [4,5].
Si tratta di una condizione che impatta notevolmente sulla vita di chi ne soffre. Queste tre dimensioni possono infatti manifestarsi con sintomi di natura fisica (stanchezza cronica, disturbi del sonno, mal di testa, problemi gastrointestinali, indebolimento del sistema immunitario), emotiva (tristezza, ansia, irritabilità, senso di colpa, difficoltà di concentrazione, perdita di motivazione) e comportamentale (isolamento sociale, cambiamenti nelle abitudini alimentari, aumento dell’uso di alcol o droghe, performance ridotta sul lavoro) [4].
Quanti sono i medici che soffrono di burnout?
Non è semplice stabilire il numero di medici che vive questa condizione [6]. Un sondaggio condotto nel 2023 dalla Federazione dei Medici Internisti Ospedalieri (Fadoi) su oltre duemila operatori sanitari italiani ha rivelato che quasi la metà di essi si trovava in uno stato di burnout, con una percentuale ancora maggiore tra i medici. Nello specifico, si descriveva come affetto da questo tipo di esaurimento il 52% dei medici e il 45% degli infermieri, con un’incidenza doppia tra le donne in entrambi i casi [7].
Leggermente più confortanti sono i dati emersi dal sondaggio condotto dall’Istituto Piepoli per conto della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri nel 2022, secondo cui ne soffre quasi un medico di continuità assistenziale su quattro, un medico di famiglia su dieci, il 4% dei medici ospedalieri e il 3% degli odontoiatri [8].
Entrambi i sondaggi hanno confermato che la situazione potrebbe essersi aggravata nel corso della pandemia di Covid-19, durante la quale i medici e gli operatori sanitari si sono trovati spesso a lavorare in condizioni di enorme stress. In un’indagine condotta durante l’emergenza pandemica su 7.500 medici operativi negli Stati Uniti e in Brasile, Francia, Messico, Portogallo e Spagna, ad esempio, il 60% circa dei partecipanti aveva dichiarato un aumento dei sintomi associati al burnout [9].
Dottore, quali sono le cause del burnout?
Le cause del burnout sono diverse e spesso intrecciate tra loro. Tra i fattori che possono condurre a questa condizione rientrano un carico di lavoro eccessivo, caratterizzato da richieste troppo elevate, scadenze stringenti e mancanza di risorse adeguate. Un altro elemento rilevante è la mancanza di controllo sul proprio lavoro, che può generare la sensazione di non poter influenzare le proprie attività o decisioni. Anche un ambiente lavorativo negativo, contraddistinto da un clima competitivo, conflittuale o poco supportivo, può favorire l’insorgere del burnout. Inoltre, aspettative irrealistiche sul lavoro, sia personali che altrui, con obiettivi troppo ambiziosi, possono contribuire all’insorgere di questa problematica. Un’ulteriore causa è la mancanza di equilibrio tra vita privata e lavoro, che rende difficile conciliare le due sfere. Infine, un conflitto tra i propri valori personali e quelli dell’azienda o istituzione per cui si lavora può generare un forte stress e contribuire al burnout.
Guardando le cause ci si rende quindi conto che questa condizione è legata, almeno in parte, a un problema più ampio che interessa il Servizio Sanitario Nazionale nel suo insieme. Come mostrano i dati del terzo Rapporto sulla Salute e il Sistema sanitario Eurispes-Enpam, dal 2008 è in corso nel nostro Paese una progressiva riduzione della disponibilità di personale medico e infermieristico stabile [10]. Questo ha portato a un aumento dell’età media dei dipendenti, a un ricorso crescente al precariato e a un peggioramento delle condizioni di lavoro. Il Rapporto FNOMCeO-Censis del 2024, ad esempio, ha rilevato che il numero di contratti a tempo determinato è aumentato notevolmente negli ultimi anni [11]. Le retribuzioni inferiori alla media OCSE e la burocrazia completano poi il quadro, spingendo molti professionisti a lasciare il proprio lavoro o a cercarne un altro all’estero o nel privato [12].
Dottore, quali possono essere le conseguenze di questo problema?
Il burnout nei medici è associato a un deterioramento della loro salute e del loro benessere [13]. Questo include, ad esempio, un aumento del rischio di depressione e delle probabilità di abusare o diventare dipendenti dall’alcol. Ma questa condizione è anche associata a un aumento del rischio di incidenti automobilistici e, come sottolineato dalla Fadoi, da un rischio più elevato di infarto e aborto [7].
Purtroppo, tuttavia, gli effetti del burnout non riguardano solo il benessere fisico e mentale dei medici. Uno studio condotto su oltre 6.500 medici statunitensi, ad esempio, ha rilevato una correlazione significativa tra il benessere del medico e gli errori medici [14]. In particolare, i medici che hanno riferito di soffrire di burnout, affaticamento o che avevano pensato di togliersi la vita avevano commesso più errori medici gravi nei tre mesi precedenti. Nello specifico, i medici con burnout avevano oltre il doppio delle probabilità di segnalare errori rispetto a quelli senza burnout.