I vaccini contengono cellule fetali umane?

18 Dicembre 2017 di Roberta Villa

Da dove nasce questa idea?

Ci sono diversi tipi di vaccini. Tutti servono a mimare l’effetto naturale di un’infezione, stimolando il sistema immunitario a farsi trovare pronto se mai verrà a incontrare il microrganismo responsabile di una malattia, cioè a produrre anticorpi protettivi. I modi per ottenere questo risultato sono però diversi.

A volte non serve nemmeno proteggersi dal germe, ma solo dalla tossina responsabile delle conseguenze più gravi di una malattia. I vaccini contro difterite e tetano, per esempio, sono costituiti da una sostanza che assomiglia alla tossina senza averne gli effetti deleteri (tossoide). In altri casi si usano solo alcune componenti del virus, sintetizzate grazie a tecniche di bioingegneria in laboratorio, senza nemmeno usare il microrganismo, come per l’epatite B.

In altri occorre usare il virus intero, ma ucciso, come per il vaccino antipoliomielite attualmente in uso in Italia, oppure vivo ma “attenuato”, cioè reso meno aggressivo.  In questi casi il microrganismo deve essere coltivato su cellule, perché, diversamente dai batteri che si possono far crescere in una piastra in laboratorio, un virus non è in grado di sopravvivere senza il supporto di una cellula. I virus da cui si producono i vaccini antinfluenzali, per esempio, vengono coltivati nelle comuni uova di gallina, perché questi virus infettano naturalmente anche alcuni uccelli, oltre a maiali e altre specie, tra cui quella umana.

Ci sono però virus, come quello della rosolia, che colpiscono esclusivamente esseri umani e per cui ogni tentativo di farli crescere su altre cellule è fallito. Si ricorre in questo caso a linee cellulari umane usate comunemente nei laboratori, che per riprodursi praticamente all’infinito devono essere di origine embrionale, e quindi programmate per replicarsi fino a produrre tutti i tessuti dell’organismo.

I virus che servono per produrre alcuni vaccini sono quindi coltivati su cellule che derivano, attraverso innumerevoli generazioni, dai tessuti donati alla ricerca da due persone che negli anni Sessanta si erano sottoposte per diverse ragioni a un’interruzione volontaria della gravidanza.

Cosa significa?

Anche i vaccini prodotti in questo modo comunque non contengono né queste cellule né loro residui, che provocherebbero reazioni di rigetto da parte dell’organismo. I prodotti in commercio sono estremamente purificati e non contengono nulla che non sia utile per migliorarne sicurezza ed efficacia. Ogni partita di vaccini è sottoposta a centinaia di controlli lungo tutta la filiera produttiva, per cui non è plausibile che impurità di questo tipo rimangano nel prodotto immesso in commercio, né, che si sappia, questo si è mai verificato.

Per la produzione dei vaccini attualmente in commercio si utilizzano inoltre solo cellule provenienti dalle due vecchie linee cellulari citate sopra. La legge attuale non consentirebbe in Italia oggi di crearne di nuove, né questo si fa altrove a questo scopo, dal momento che quelle disponibili, replicandosi continuamente, sono più che sufficienti e adatte all’uso.

Qualche anno fa la questione era stata sollevata solo da un punto di vista etico, non di sicurezza dei vaccini. Qualcuno aveva infatti chiesto se per un cattolico osservante fosse lecito usufruire dei benefici di un atto considerato all’origine illecito, come l’aborto. La Pontificia Accademia della Vita esaminò a fondo la questione, concludendo che questa modalità di produzione dei vaccini, pur basata su due eventi secondo la Chiesa non giustificabili, non doveva portare a sconsigliare la vaccinazione, grazie alla quale è possibile salvare vite, evitare aborti spontanei dovuti alla rosolia congenita e prevenire gravi disabilità.

Perché se ne parla?

I vaccini in discussione sono stati somministrati per decenni a centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Non c’è nessuna particolare ragione di attualità per sollevare in questo momento dubbi sulla modalità con cui sono prodotti: non ci sono nuovi vaccini prodotti a partire da queste cellule, non sono stati evidenziati sospetti per la loro sicurezza né sono state avanzate interpretazioni diverse da parte del Magistero della Chiesa. L’accusa che contengano “cellule provenienti da feti abortiti” è soltanto uno slogan usato nelle campagne antivax che si sono esacerbate negli ultimi mesi, allo scopo di creare un istintivo raccapriccio nei confronti di questi farmaci.

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Autore Roberta Villa

Giornalista pubblicista laureata in medicina, Roberta Villa ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. Negli ultimi anni ha approfondito il tema delle vaccinazioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo della comunicazione, anche in risposta a bufale e fake news. Sul tema della comunicazione della scienza è attualmente impegnata nel progetto europeo QUEST come research fellow dell’Università di Ca’Foscari a Venezia. Insieme ad Antonino Michienzi è autrice dell’e-book “Acqua sporca” (2014), un’inchiesta sul caso Stamina disponibile gratuitamente online. Ha scritto “Vaccini. Il diritto di non avere paura” (2017), distribuito in una prima edizione con il Corriere della Sera e in una seconda (2019) per il Pensiero scientifico editore. È molto attiva sui social network (Youtube, Instagram, Facebook) su cui sta sperimentando un approccio semplice e confidenziale alla divulgazione.
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